I figli possono scegliere con quale genitore stare dopo la separazione o il divorzio? Ecco quali diritti hanno i minori a riguardo.
Durante la causa di separazione vengono discussi anche l’affidamento e il collocamento dei figli. Di norma il primo è di tipo condiviso, con cui entrambi i genitori hanno il diritto (e il dovere) di far parte stabilmente nella vita dei figli minori. Al contrario, il collocamento è spesso prevalente presso uno dei genitori, al fine di garantire ai minori una certa stabilità nella vita quotidiana.
Difficilmente, infatti, è possibile collocare i figli in modo distribuito tra i due genitori, soprattutto per ragioni pratiche e organizzative dovute agli impegni quotidiani e ai luoghi di interesse. Con la formula della collocazione prevalente, l’altro genitore ha la garanzia di poter esercitare il diritto di visita e comunque tenere i figli nei periodi concordati con il coniuge o stabiliti dal tribunale, ma al di fuori di questi momenti i figli risiedono stabilmente con l’altro genitore.
In merito è possibile applicare l’accordo comune dei genitori oppure la decisione del giudice, fondata esclusivamente sull’interesse dei minori. È perciò ovvio chiedersi che ruolo possano avere i diretti interessati e quindi se i figli possono scegliere con quale genitore stare. Non sempre, perché non in tutti i casi è riconosciuta loro la capacità di distinguere e difendere al meglio i propri interessi.
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Quando i figli possono scegliere con quale genitore stare
Come anticipato, la decisione sul collocamento dei figli è rimessa al giudice, che la effettua sulla base degli interessi e delle esigenze di vita (scolastiche, sociali, affettive e così via). È anche vero che i figli stessi possono partecipare a questa scelta, in modo più o meno rilevante a seconda dell’età.
Bisogna infatti individuare diverse soglie di maturità. I figli maggiorenni sono gli unici che possano effettivamente scegliere il genitore con cui stare, purché capaci di intendere e di volere, anche contrariamente al parere dei genitori o dello stesso giudice.
Lo stesso non può accadere quando i figli sono minorenni e non sono ancora del tutto responsabili e capaci dal punto di vista giuridico. Ciò però non vuol dire che non abbiano voce in capitolo. La legge, infatti, prevede l’obbligo di audizione del minore sopra i 12 anni e del minore di età inferiore che mostri capacità di discernimento, pena la nullità del provvedimento.
Questo significa che se i figli hanno più di 12 anni o dimostrano particolare maturità e capacità di comprensione il giudice è tenuto ad ascoltare le loro preferenze e le loro opinioni. Ovviamente la scelta dei figli non può che avere un grande peso sulla scelta del collocamento, ma non ha carattere obbligatorio.
Spetta comunque al giudice valutare quanto sentito dal figlio minorenne e ponderare gli interessi in gioco, anche affidandosi all’aiuto di un perito o di un esperto quando necessario. Il tribunale, peraltro, ha la facoltà di ritenere l’ascolto del minore nullo o superfluo ma anche contrario al suo interesse. Affinché si possa ovviare all’audizione, tuttavia, il giudice è tenuto a motivare precisamente la sua decisione enunciando i motivi che ostano all’ascolto.
Questo accade principalmente in caso di separazioni piuttosto conflittuali e presenza di disagi nei figli, i quali potrebbero per esempio essere indotti a scegliere un genitore piuttosto che l’altro senza riferimento ai propri reali bisogni. Oltretutto, il collocamento è sempre prevalente presso il genitore con l’affidamento esclusivo, emanato solo in casi gravi e meritevoli di tutela.
I figli hanno la facoltà di essere ascoltati anche in merito all’affidamento, ma la scelta di un regime esclusivo si basa soprattutto su elementi non opinabili come potenziali pericoli per il minore (fosse anche l’incuria e il disinteresse dell’altro genitore o la sua poca disponibilità di tempo).
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