Finanziamenti all’editoria: il Movimento 5 Stelle ora abolirà i contributi ai giornali?

Alessandro Cipolla

17 Dicembre 2018 - 15:09

L’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria è da sempre uno dei punti chiave dei 5 Stelle: nella legge di Bilancio ci sarà un emendamento ad hoc.

Finanziamenti all’editoria: il Movimento 5 Stelle ora abolirà i contributi ai giornali?

Basta ai giornali finanziati con i soldi pubblici”. Da sempre questo è stato uno dei mantra del Movimento 5 Stelle, tanto da essere inserito anche nel programma elettorale presentato alla vigilia del voto del 4 marzo.

Nel nuovo programma invece, quello di governo scritto a quattro mani assieme alla Lega, dell’abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria non c’è traccia ma questo non significa che i 5 Stelle non intendano fare nulla sull’argomento.

Il sottosegretario con delega all’Editoria Vito Crimi, uno dei big del Movimento 5 Stelle, ha da tempo annunciato che i fondi diretti saranno aggiustati visto che “circa il 30 per cento va a 4-5 testate”.

Alla fine i 5 Stelle nella legge di Bilancio 2019 avevano presentato un emendamento che prevedeva un “azzeramento graduale del fondo pubblico per l’editoria”. Inizialmente però era stato ritirato in commissione Bilancio della Camera, salvo poi essere riproposto al termine di un vertice tra il premier Conte e i due vicepremier Di Maio e Salvini.

I finanziamenti all’editoria

Con una legge del 1981 si era stabilito che in Italia fosse previsto un contributo fisso per ogni copia stampata, con la cifra che subiva una maggiorazione del 15% nel caso il giornale fosse edito da una cooperativa di giornalisti.

Nel 1990 poi le già ampie maglie del finanziamento vengono allargate ulteriormente anche ai giornali organi di partito presenti al Parlamento Europeo: per avere i soldi quindi bastava avere anche un solo eurodeputato.

Nel 2008 però il parlamento ha iniziato a mettere mano alla legge sul finanziamento all’editoria, abolendo per prima cosa ogni criterio legato alla tiratura. Alla fine nel 2014 il sistema di contribuzione diretta è stato abolito.

Al momento quindi esiste una forma di finanziamento che è regolato dalla legge n.198 del 2016, proposta dal ministro allo Sport con delega all’editoria Luca Lotti. Nel decreto viene definito chi può richiedere il contributo pubblico.

  • Cooperative giornalistiche;
  • Enti senza fini di lucro e imprese possedute interamente da enti senza fine di lucro;
  • Quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche;
  • Imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti;
  • Associazioni di consumatori;
  • Imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero e le radio e tv locali.

Contrariamente a quello che avveniva in passato, sono esclusi invece dal finanziamento i giornali organi di partito e quelli che fanno capo a gruppi editoriali quotati o che comunque sono partecipati da società quotate.

QUI IL DOCUMENTO COMPLETO DEL DIPARTIMENTO INFORMAZIONE ED EDITORIA

Come si può vedere nel 2016, ultimo anno in cui è possibile risalire ai pagamenti visto che vengono emessi l’anno successivo con quelli relativi al 2017 che ancora devono uscire, sono state 54 le testate che hanno ricevuto dei contributi.

In testa c’è Avvenire con quasi 6 milioni ricevuti, con Italia Oggi e Libero che completano il podio. Altri giornali nazionali presenti nell’elenco sono Il Manifesto, Il Foglio, Secolo d’Italia, L’Opinione e La Voce.

I 5 Stelle pronti a cancellare il finanziamento

Lo scorso gennaio, proprio mentre il paese si apprestava a entrare in campagna elettorale, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha ribadito come fosse sua intenzione “abolire i finanziamenti ai quotidiani e all’editoria”.

In effetti nel programma elettorale dei 5 Stelle tutto questo è riportato a chiare lettere. Riconoscendo che comunque il decreto Lotti abbia introdotto dei principi di maggiore trasparenza, viene proposta ugualmente l’abrogazione della legge delega in questione.

Quello che però era considerato “il punto di partenza nel settore editoria”, non è presente nel programma di governo realizzato assieme alla Lega. A dire il vero, nel contratto giallo-verde in merito alle telecomunicazioni ci sono soltanto poche righe.

Per quanto riguarda la gestione del servizio radio televisivo pubblico intendiamo adottare linee guida di gestione improntate alla maggiore trasparenza, all’eliminazione della lottizzazione politica e alla promozione della meritocrazia nonché alla valorizzazione delle risorse professionali di cui l’azienda già dispone.

Nessun riferimento quindi all’abolizione del finanziamento pubblico dei giornali. Quando era nelle edicole, l’organo ufficiale della Lega ovvero La Padania ha incassato in totale nei diciassette anni di esistenza 61 milioni.

Lo stesso Matteo Salvini ha lavorato per anni nella redazione de La Padania, diventando anche giornalista pubblicista, passando poi per Radio Padania Libera altro organo ufficiale del carroccio.

Il sottosegretario con delega all’Editoria Vito Crimi (Movimento 5 Stelle) in una recente intervista rilasciata a Fanpage ha parlato di finanziamenti indiretti che ancora esistono per i giornali (tax credit, agevolazioni postali e Iva agevolata) dove si dovrà fare trasparenza.

Concetto ripreso questo dallo stesso Crimi in un’altra recente intervista, al Fatto Quotidiano, dove il sottosegretario ha spiegato che “sono stanziati circa 200 milioni tra contributi diretti, alle radio e alle tv, senza contare l’agevolazione delle tariffe telefoniche che può essere stimata in 60 milioni. Vanno aggiustate le distorsioni, visto che circa il 30 per cento dei fondi va a 4-5 testate”.

Azzeramento nella legge di Bilancio

Una ipotesi questa che in teoria si vorrebbe concretizzare con la legge di Bilancio. Durante la conferenza stampa che ha seguito il via libera da parte del Consiglio dei Ministri, si è parlato di un “azzeramento graduale del fondo pubblico per l’editoria”.

L’intenzione del governo era quindi quella di andare verso una progressiva cancellazione del finanziamento. Una scelta confermata da un post di Crimi sul Blog delle Stelle.

I contributi ricevuti da alcuni giornali nel 2017 ammontano a circa 60 milioni di euro. Nel 2019 li dimezzeremo e nel 2020 spariranno del tutto. Poi ci sono i rimborsi per le spese telefoniche: 32 milioni di euro. Rimborsi che vanno a tutti, e ripeto tutti, i giornali. Nel 2019 li taglieremo e risparmieremo altri 32 milioni. Radio Radicale da sola prende un contributo fisso di 4 milioni di euro (oltre alla convenzione col Ministero dello Sviluppo Economico). Anche qui, dimezzamento nel 2019 e taglio totale nel 2020. I giornali diffusi all’estero prendevano ogni anno 2 milioni di euro. Stranamente, nel dicembre 2017 e a pochi mesi dalle elezioni, il governo Gentiloni ha tirato fuori dal cilindro 1 milione di euro in più per finanziarli. È facile immaginare come abbiano evitato di criticare chi gli ha dato ancor più da mangiare. Ancora, dimezzamento nel 2019 e dal 2020 via del tutto. Stesso discorso per i giornali in lingua slovena: un solo giornale ha ricevuto un contributo fisso di 1 milione di euro, oltre al contributo che già prendeva insieme agli altri. Via.

Per Vito Crimi quindi in due anni si risparmieranno 100 milioni, per arrivare a un azzeramento totale nel 2020. Per quanto riguarda la stampa speciale per ipovedenti e non vedenti, non ci sarà invece un taglio dei contributi.

Tutti punti questi che poi hanno trovato conferma in un emendamento presentato prima dal deputato 5 Stelle Adriano Varrica, poi dal capogruppo pentastellato Stefano Patuanelli.

Nel 2019 l’importo complessivamente erogabile a ciascuna impresa editoriale sarà ridotto del 20% della differenza tra l’importo spettante e 500 mila euro; per l’annualità 2020 sarà ridotto del 50%, per l’annualità 2021 del 75% e infine a decorrere dal 1 gennaio 2022 abrogati del tutto.

Il provvedimento poi prevede l’abrogazione anche dei contributi alle radio private, previsti dalla legge 230 del 7 agosto 1990, che avrebbe colpito alcune emittenti come Radio Radicale.

Arrivato in commissione Bilancio alla Camera l’emendamento era stato però inizialmente ritirato. Anche se con alcune modifiche, alla fine il provvedimento è rispuntato fuori al Senato. Per il progressivo stop ai finanziamenti all’editoria ormai sarebbe quindi soltanto una questione di giorni.

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