Flat tax: Salvini rinuncia ed “imita” Tremonti

Francesco Oliva

19 Maggio 2018 - 11:29

Nel contratto di Governo tra Lega e M5S la flat tax diventa a due aliquote, perdendo, di fatto e di diritto, la configurazione di “tassa piatta”. La proposta somiglia molto alla riforma Tremonti del 2003.

Flat tax: Salvini rinuncia ed “imita” Tremonti

La flat tax è stata uno dei punti cardine del programma elettorale del centrodestra nel corso dell’ultima campagna elettorale per le elezioni politiche dello scorso 4 marzo 2018.

Nel contratto di Governo tra Lega e M5S la flat tax è il punto cardine della riforma del fisco italiano; tuttavia, la sua configurazione cambia totalmente, scomparendo come tassa piatta e rimanendo imposizione sui redditi a doppia aliquota. Si tratta, evidentemente, di un compromesso tra i due movimenti politici.

Compromesso che produce una conseguenza evidente, ma non evidenziata a sufficienza nei primi commenti al contratto di Governo: la flat tax è scomparsa dall’agenda politica italiana, con buona pace degli aspiranti rivoluzionari. Il sistema dei imposizione sui redditi personali a due aliquote, infatti, non può essere neanche lontanamente definito sistema a tassa (rectius: imposta) piatta o flat tax.

Si tratta, approfondendo il tema, di una proposta di riforma molto simile a quella contenuta nella delega conferita dal Parlamento al Governo Berlusconi II nel 2003, peraltro mai attuata.

La flat tax a due aliquote non è più flat tax: cosa prevede il contratto di Governo tra Lega e M5S sulla tassa piatta

La flat tax o tassa piatta scompare di fatto dall’agenda del prossimo (potenziale) esecutivo a guida giallo verde.

Nel contratto di Governo la flat tax diventa un’imposizione sui redditi personali a doppia aliquota, molto simile a quella proposta nella riforma Tremonti del 2003 e mai attuata negli anni successivi.

Il contratto di Governo tra Lega e M5S prevede, rispetto alla riforma dell’Irpef, la seguente proposta:

Punto di partenza è la revisione del sistema impositivo dei redditi delle persone fisiche e delle imprese, con particolare riferimento alle aliquote vigenti, al sistema delle deduzioni e detrazioni e ai criteri di tassazione dei nuclei familiari.

La parola chiave è flat tax, caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta in armonia con i principi costituzionali.

In particolare, il nuovo regime fiscale si caratterizza come segue:

  • due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partita IVA e famiglie;
  • per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3.000,00 euro sulla base del reddito familiare;
  • un’aliquota fissa al 15% per le società.

La finalità è quella di non arrecare alcun svantaggio alle classi a basso reddito, per le quali resta confermato il principio della no tax area. Una maggiore equità fiscale, dunque, a favore di tutti i contribuenti: famiglie e imprese.

Gli effetti che conseguono sono: maggiore risparmio di imposta, maggiore propensione al consumo e agli investimenti, maggiore base imponibile tassabile grazie anche al recupero dell’elusione, dell’evasione e del fenomeno del mancato pagamento delle imposte. È necessario altresì rifondare il rapporto tra Stato e contribuenti rivedendo i principi e i criteri che regolano l’agire dell’amministrazione finanziaria”.

La riforma è comunque molto ambiziosa, soprattutto sul fronte della tassazione societaria nelle società di capitali. A questo proposito, infatti, occorre ricordare come attualmente l’IRES - imposta sul reddito delle società - preveda un’aliquota del 24%. La proposta contenuta nel contratto di Governo tra Lega e M5S prevede quindi ben 9 punti percentuali di taglio.

Ovviamente andrebbe conseguentemente riformato il sistema della percentuale di rilevanza dei reddito rispetto alle partecipazioni dei singoli soci.

Sul fronte della tassazione del reddito sui cittadini, la flat tax - ma ribadiamo, non si dovrebbe parlare più di tassa piatta - andrebbe a favorire prevalentemente i redditi più alti. Come dimostra un recente studio pubblicato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, infatti, circa il 75% degli italiani già paga meno del 15% di Irpef per effetto del sistema di scaglioni, deduzioni e detrazioni fiscali attualmente previsto dal Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Flat tax a due aliquote come la mai attuata riforma Tremonti del 2003

La proposta di riforma della flat tax contenuta nel contratto di Governo tra Lega e M5S fa scomparire di fatto la tassa piatta dall’agenda del prossimo Esecutivo.

Anzi, si tratta di una proposta molto molto simile a quella prevista nella delega che il Parlamento concesse al Governo Berlusconi II nel 2003; all’epoca, la riforma fiscale poi passata alla storia come “riforma Tremonti”, prevedeva un sistema a due aliquote Irpef:

  • esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui;
  • riduzione al 23% per i redditi fino a 200 milioni di lire annui;
  • riduzione al 33% per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui.

La riforma prevedeva che l’Irpef si sarebbe poi chiamata IRE.

Com’è noto la riforma dell’epoca, molto meno ambiziosa di quella attualmente prevista nel contratto di Governo Lega M5S, non fu mai attuata per non mettere in ginocchio le finanze dello Stato.

In questo senso, la proposta dei due movimenti politici che stanno provando a formare un Governo appare quanto mai proibitiva.

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