Le banche centrali hanno fatto mosse importanti nelle ultime settimane: un’analisi della situazione e delle prospettive future.
Ci avviciniamo alla chiusura del 2022 e possiamo iniziare a tirare le somme di quanto svolto dai mercati finanziari da inizio anno a questa parte. Al di là del conflitto alle porte dell’Europa, i mercati hanno visto una forte riduzione della liquidità iniziata già alla fine del 2021 e che si è esasperata nel corso di quest’anno con forti cali sul mercato azionario e politiche di aumento dei tassi da parte delle banche centrali che ancor più hanno amplificato questi movimenti ribassisti di forte entità.
In questo contesto le banche centrali sono uscite da un’immobilità che non si vedeva da tempo, prima la Fed poi la BoE e infine la Bce. Sicuramente ciò che fa riflettere sono gli interventi promossi dalla Bank of Japan che, pur non avendo i problemi delle altre aree economiche circa l’inflazione, è comunque intervenuta sul mercato valutario a sostegno dello Yen che ha visto un deprezzamento contro il dollaro americano di oltre il 40% in poco più di un anno e mezzo. Ora è giunto il momento di rivedere a che punto si trovano le banche centrali nel loro sentiero di contenimento dell’inflazione, soprattutto per quanto riguarda la parte occidentale del mondo.
Un bilancio sulle scelte della Fed
La Federal Reserve americana è stata la prima banca centrale che si è mossa nel cercare di contenere l’inflazione che oramai è imperante nel mondo occidentale. Il compito come banca centrale è sicuramente quello dell’inflation targeting, ossia l’obiettivo è quello di mantenere il tasso di inflazione a ridosso del 2% per mezzo del controllo dei Fed Funds Rate, ossia il corridoio di tassi di interesse che stabilisce il costo del dollaro Usa sui mercati interbancari.
Il tasso attuale dei Fed Funds è tra il 3,75-4% un costo molto elevato rispetto alle banche centrali del resto del mondo, questo a causa della forte tempestività di azione della Fed, un atteggiamento che in finanza viene definito “hawkish” o da “falco”. In questo contesto l’inflazione ha toccato il suo massimo al 9,1% e ora si trova all’8,2%, un buon ribasso considerando che la Fed è stata la prima banca centrale a muoversi per ridurre l’inflazione.
La strada verso il 2% è ancora lunga ma il sentiero intrapreso è sicuramente quello giusto anche se non sappiamo effettivamente quanto questi tassi di interesse faranno scendere l’inflazione. Nodo cruciale dell’operatività della Fed è sicuramente l’influenza che ha la banca centrale nei confronti del dollaro americano, la valuta che ha visto un apprezzamento molto forte nel corso degli ultimi due anni e che sta mettendo palesemente in difficoltà il resto del mondo.
Questo è un problema per valute come Euro e Sterlina che si ritrovano a combattere l’inflazione valute domestiche deboli, elemento che in realtà favorisce la crescita dell’inflazione e rallenta palesemente il lavoro che le banche centrali stanno facendo per contenerla. In sostanza, il dollaro così forte, come detto in precedenza più volte, è un problema per tutti e le banche centrali di Uk e Europa lo sanno.
Bank of England e il target dei tassi
Quello che è successo di recente è molto interessante, soprattutto se paragonato alle altre banche centrali. La BoE ha dato un tasso target per la fine del 2023, ossia il 5,25%, cosa che le altre banche centrali ancora non hanno fatto. In questo momento l’inflazione in UK è altissima, al 10,1% con un tasso di interesse al 3%, salito di 0,75% nell’ultima riunione di politica monetaria svoltasi l’indomani rispetto a quella della Federal Reserve. In pratica gli Uk stanno dicendo al mercato che la sterlina ha uno spazio di salita di almeno il 2% sulla sua valuta, una sorta di offerta in saldo urlata al mercato per mezzo di un bollettino ufficiale.
Inoltre, il report della BoE è corredato da proiezioni sull’inflazione che, stando a quanto pubblicato, dovrebbe tornare all’interno dei livelli target entro il 2024. Per il momento, stando a quanto visto dall’operato delle banche centrali, non possiamo assolutamente fare proiezioni circa l’andamento dell’inflazione in quanto non sappiamo assolutamente quale sarà la reazione dell’economia reale all’aumento dei tassi di interesse.
La situazione in Europa
La Bce rimane a guardare cosa succede e forse non è un male assoluto. A parte la poca lungimiranza delle banche centrali circa l’andamento dell’inflazione negli ultimi anni, possiamo dire che la Bce è la banca centrale che sta prendendo le misure in modo più coscienzioso rispetto a BoE e Fed. Lasciando stare il lavoro svolto negli ultimi 10 anni da parte di tutte le banche centrali, possiamo dire che in Europa stiamo andando con i “piedi di piombo”, nel senso che i rialzi che stiamo vedendo sono più cauti rispetto a Fed e BoE, proprio perché si sa che gli effetti sui consumatori finali potrebbe essere devastante in quanto la trasmissione dai tassi di interesse all’economia reale richiede circa 6-9 mesi.
Probabilmente l’operato della Bce potrebbe essere più graduale e l’Europa è pienamente cosciente del fatto che l’inflazione potrebbe scendere per due motivi: il primo è sicuramente riconducibile ai tassi di interesse, mentre il secondo ad un calo molto forte della domanda per via dell’aumento del costo del denaro. In questo momento i tassi si trovano al 2% con un’inflazione al 10,7%, complice l’aumento del costo dell’energia dovuta alla speculazioni sul Gas Ttf quotato ad Amsterdam.
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Cosa aspettarsi per il 2023?
Le banche centrali globali hanno tre problemi: il primo è l’inflazione, il secondo è il rallentamento economico dovuto all’innalzamento dei tassi e il terzo problema è riconducibile ai tassi di cambio quotati nel Forex. Il terzo problema è quello che risulta risolvibile tramite interventi diretti sul mercato, come la Bank of Japan ha fatto nel corso delle ultime settimane. Per quanto riguarda l’inflazione potrebbe scendere molto più velocemente di quello che si può pensare, sopratutto perché la tempestività delle banche ha portato, per l’ennesima volta, a una poca lungimiranza circa il loro operato.
Per il momento quindi bisognerà aspettare un nuovo equilibrio sul mercato del Forex, magari per mezzo di un deprezzamento del dollaro, poi staremo a vedere come l’inflazione reagirà all’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.
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