Cos’è l’inflazione? Significato e definizione (spiegata bene)

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8 Ottobre 2024 - 17:14

Perché il concetto di inflazione è così importante in economia e in politica? Cosa fare quando sale o scende troppo? Ecco cos’è l’indice dei prezzi al consumo.

Cos’è l’inflazione? Significato e definizione (spiegata bene)

L’inflazione è un concetto chiave in economia e ancor di più in politica economica, avendo un impatto significativo su individui, imprese e governi. Si tratta, infatti, del tasso al quale aumentano i prezzi di beni e servizi, con un monitoraggio continuo nel tempo in base a diversi fattori.

Ma la domanda che «muove» l’inflazione è: perché i prezzi aumentano (e diminuiscono)? E, soprattutto, quali sono gli effetti di queste variazioni? Nella nostra guida analizzeremo cos’è l’inflazione, come si misura e il rapporto causa-effetto in materia di economica e politica.

Cos’è l’inflazione: il significato in economia

In termini economici, l’inflazione si riferisce a un aumento generale e sostenuto del livello dei prezzi in un’economia. Questo significa che, con il passare del tempo, il potere d’acquisto della moneta diminuisce.

Ad esempio, se oggi con 100 euro puoi acquistare un certo quantitativo di beni, in un contesto inflazionistico, in futuro con la stessa somma potrai acquistare meno beni o servizi.

L’inflazione è misurata attraverso l’indice dei prezzi al consumo (IPC), un indicatore che monitora i prezzi di un paniere di beni e servizi rappresentativi di ciò che i consumatori acquistano regolarmente. Quando l’IPC aumenta, significa che i prezzi stanno aumentando, quindi c’è inflazione.

Gli economisti distinguono due forme di inflazione principali: inflazione da domanda e inflazione da costi.

  • L’inflazione da domanda si verifica quando la domanda di beni e servizi supera l’offerta disponibile, spingendo i prezzi verso l’alto.
  • L’inflazione da costi, invece, si manifesta quando i costi di produzione aumentano, e tali costi sono trasferiti sui consumatori sotto forma di prezzi più elevati.

L’inflazione è considerata positiva quando si mantiene a livelli moderati (intorno al 2% annuale, come stabilito da molte banche centrali). Una bassa inflazione è segno di un’economia in crescita. Tuttavia, un’inflazione elevata o iperinflazione può portare a gravi problemi economici, come perdita del potere d’acquisto, instabilità finanziaria e incertezza economica, come vedremo più avanti.
L’inflazione negativa, chiamata anche deflazione, indica una riduzione dei prezzi, che può portare a contrazione economica e disoccupazione.

Differenza tra inflazione e deflazione

Mentre l’inflazione rappresenta un aumento del livello dei prezzi, la deflazione è il suo opposto, ossia una diminuzione generalizzata dei prezzi di beni e servizi. Anche se può sembrare allettante, la deflazione può essere altrettanto, se non più, dannosa per l’economia.

In un contesto deflazionistico, il potere d’acquisto della moneta aumenta, poiché con la stessa quantità di denaro si possono acquistare più beni e servizi.

Tuttavia, le aspettative di prezzi in calo possono indurre consumatori e aziende a ritardare gli acquisti e gli investimenti, aspettando ulteriori ribassi. Questo comportamento potrebbe ridurre la domanda aggregata, provocando una contrazione economica, un aumento della disoccupazione e una riduzione degli investimenti.

Un’altra differenza significativa è che mentre le banche centrali dispongono di strumenti consolidati per combattere l’inflazione (come l’aumento dei tassi di interesse), fronteggiare la deflazione può essere più complicato. Ridurre i tassi di interesse sotto lo zero non sempre produce effetti desiderati, e in alcuni casi potrebbe peggiorare la situazione, come avvenuto in alcuni Paesi durante la crisi finanziaria globale del 2008.

La definizione politico-economica di inflazione

Capita la differenza tra inflazione e deflazione, va individuata anche l’importanza di questo indicatore dal punto di vista politico-economico. Come anticipato, l’inflazione rappresenta non solo un fenomeno monetario ma anche un meccanismo attraverso cui si esprimono le politiche economiche di un Paese. I governi e le banche centrali, infatti, utilizzano l’inflazione come indicatore per calibrare le loro politiche monetarie e fiscali.

La politica monetaria gestita dalla banca centrale di un Paese, come la Banca Centrale Europea (BCE) o la Federal Reserve negli Stati Uniti, è uno strumento chiave per controllare l’inflazione. La banca centrale può aumentare o ridurre i tassi di interesse per influenzare la quantità di moneta in circolazione.

Quando i tassi di interesse aumentano, il costo del denaro cresce, riducendo il credito e la spesa, quindi abbassando la domanda di beni e servizi e contenendo l’inflazione. Viceversa, tassi di interesse bassi favoriscono un aumento della spesa e della domanda, che può alimentare l’inflazione.

Anche la politica fiscale, che riguarda il bilancio dello Stato, influisce sull’inflazione. Un aumento della spesa pubblica o una riduzione delle imposte può stimolare la domanda aggregata e, in assenza di un adeguato aumento dell’offerta, può portare a pressioni inflazionistiche. Al contrario, politiche di austerità, come l’aumento delle tasse o la riduzione della spesa pubblica, tendono a raffreddare la domanda e a contenere l’inflazione.

In alcune circostanze, i governi potrebbero anche perseguire politiche inflazionistiche intenzionali per stimolare l’economia. Per esempio, un’inflazione moderata può ridurre il valore reale del debito pubblico, rendendo più facile per il governo ripagare i propri debiti.

Calcolo dell’inflazione: ecco come si misura

Il calcolo dell’inflazione è un processo complesso che richiede l’analisi dei prezzi di un paniere rappresentativo di beni e servizi, misurati nel tempo. Uno degli strumenti più comuni per misurare l’inflazione è il già citato Indice dei Prezzi al Consumo (IPC), che tiene conto di una vasta gamma di prodotti che riflettono le abitudini di spesa di un consumatore medio.

L’IPC viene calcolato confrontando il costo del paniere di beni e servizi in due periodi diversi. L’inflazione si misura, quindi, come la variazione percentuale del costo di questo paniere nel tempo. Ad esempio, se l’IPC di un determinato periodo è 110 rispetto a un anno base pari a 100, ciò implica che i prezzi sono aumentati del 10% rispetto al periodo di riferimento.

Un altro indice utilizzato per il calcolo dell’inflazione è l’Indice dei Prezzi alla Produzione (IPP), che misura i prezzi a livello dei produttori. Questo indice riflette i costi di produzione e può anticipare l’inflazione al consumo, poiché un aumento dei costi di produzione tende a essere trasferito sui consumatori.

Possiamo pensare agli indici dei prezzi come a dei grandi sondaggi.
Ogni mese, l’Istituto di Statistica Nazionale contatta migliaia di negozi, fornitori di servizi, studi medici e molto altro per chiedere informazioni sui prezzi di migliaia di oggetti utilizzati per tenere traccia delle variazioni di prezzo che misura l’IPC.
Nel lungo periodo, l’IPC e l’IPP mostrano un tasso simile di inflazione, ma non nel breve periodo dato che l’IPP spesso aumenta prima dell’indice dei prezzi al consumo. In generale, gli investitori danno più importanza all’IPC che ai prezzi alla produzione.

Oltre all’IPC e all’IPP, altri indicatori come l’inflazione core, che esclude i prezzi volatili di energia e cibo, vengono utilizzati per fornire una misura più stabile dell’inflazione.

Le possibili cause dell’inflazione

L’inflazione può essere causata da diversi fattori, che si possono raggruppare in inflazione da domanda, inflazione da costi e inflazione monetaria.

  • Inflazione da domanda: questo tipo di inflazione si verifica quando la domanda aggregata in un’economia supera l’offerta di beni e servizi disponibili. In una situazione di piena occupazione, ad esempio, un aumento della domanda non può essere soddisfatto da un aumento della produzione, e i prezzi iniziano a salire. Politiche fiscali espansive o condizioni favorevoli per il credito sono esempi di fattori che possono stimolare la domanda.
  • Inflazione da costi: una tipologia di inflazione deriva dall’aumento dei costi di produzione, come l’aumento dei salari, dei prezzi delle materie prime o dell’energia. Quando le imprese affrontano costi più elevati, possono trasferirli sui consumatori attraverso un aumento dei prezzi finali. Un esempio tipico è l’aumento dei prezzi del petrolio che può portare a un aumento generalizzato dei costi di trasporto e produzione.
  • Inflazione monetaria: un altro fattore determinante è la quantità di moneta in circolazione. Secondo la teoria quantitativa della moneta, se l’offerta di moneta cresce più velocemente della produzione di beni e servizi, l’inflazione è inevitabile. Questo accade perché più denaro disponibile significa maggiore capacità di spesa da parte di consumatori e imprese, che spinge i prezzi verso l’alto.

Vanno anche considerati i fattori internazionali. Le dinamiche globali, come i tassi di cambio, l’andamento delle materie prime e le tensioni geopolitiche, possono influire sull’inflazione di un Paese. Un forte aumento dei prezzi delle materie prime importate o una svalutazione della moneta nazionale può portare a inflazione importata.

Quali sono le conseguenze di un’inflazione troppo elevata?

Un’inflazione eccessiva, se fuori controllo, può avere effetti devastanti per l’economia. Tra le conseguenze principali di un’inflazione elevata troviamo:

  • perdita del potere d’acquisto: quando i prezzi aumentano rapidamente, i salari spesso non tengono il passo con l’inflazione, il che significa che i lavoratori possono permettersi di acquistare meno beni e servizi con il loro reddito. Questo colpisce in modo particolare i gruppi a reddito fisso come i pensionati;
  • erosione dei risparmi: in un contesto inflazionistico, i risparmi accumulati perdono valore reale nel tempo. Ad esempio, se l’inflazione è del 10%, il potere d’acquisto di 1.000 euro oggi sarà solo di 900 euro l’anno prossimo;
  • instabilità economica e finanziaria: l’alta inflazione crea incertezza nell’economia. Le imprese trovano più difficile pianificare a lungo termine, e gli investimenti possono essere posticipati o ridotti. Questo porta a una riduzione della crescita economica e alla possibile disoccupazione;
  • aumento dei tassi di interesse: per contrastare l’inflazione, le banche centrali sono spesso costrette ad aumentare i tassi di interesse. Ciò rende più costoso il credito per consumatori e imprese, rallentando l’economia;
  • riduzione della competitività internazionale: se i prezzi interni aumentano più rapidamente rispetto a quelli dei concorrenti internazionali, le esportazioni di un paese possono diventare meno competitive, portando a una riduzione delle vendite all’estero e a un deficit commerciale.

Cosa fare in caso di alta inflazione: le strategie per difendersi

Quando l’inflazione è elevata, è importante adottare strategie per proteggere il proprio potere d’acquisto.

  • Investire in beni rifugio: beni come l’oro, l’argento o le materie prime tendono a mantenere il loro valore durante periodi di inflazione elevata, poiché sono visti come una riserva di valore.
  • Investimenti indicizzati all’inflazione: titoli di stato indicizzati all’inflazione o fondi che investono in questi strumenti possono offrire una protezione contro l’aumento dei prezzi, poiché i loro rendimenti sono legati all’andamento dell’inflazione.
  • Immobili: gli investimenti immobiliari possono essere un buon rifugio contro l’inflazione, poiché i prezzi delle case tendono a salire in periodi di inflazione.
  • aumentare il reddito: negoziare aumenti salariali che tengano conto dell’inflazione o diversificare le fonti di reddito può aiutare a proteggersi dalla perdita del potere d’acquisto.
  • ridurre il debito: poiché l’inflazione fa aumentare i tassi di interesse, ridurre il debito a tasso variabile o consolidare i debiti a tasso fisso può aiutare a ridurre il carico finanziario.

Anche la deflazione può essere pericolosa?

Nonostante l’inflazione sia temuta, anche la deflazione può essere estremamente dannosa per l’economia. Quando i prezzi scendono, le aspettative di ulteriori ribassi possono portare i consumatori a posticipare gli acquisti, riducendo la domanda aggregata. Questo fenomeno può innescare una spirale deflazionistica in cui la diminuzione della domanda porta a una riduzione della produzione, aumento della disoccupazione e ulteriore calo dei prezzi.

La deflazione può anche aggravare il peso reale dei debiti. Se i prezzi e i salari scendono, ma il valore nominale dei debiti rimane invariato, il peso del debito in termini reali aumenta, mettendo pressione su famiglie e imprese indebitate. Un classico esempio di deflazione dannosa è la Grande Depressione degli anni ’30, che ha visto un crollo dei prezzi e della produzione globale.

In conclusione, sia l’inflazione che la deflazione possono essere pericolose per l’economia, e la sfida principale per i governi e le banche centrali è mantenere un equilibrio che favorisca la crescita economica senza eccessivi squilibri.

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