Geoffrey Hinton: chi è il «padrino dell’intelligenza artificiale» e perché ha abbandonato Google

Niccolò Ellena

2 Maggio 2023 - 17:16

Le dichiarazioni di Geoffrey Hinton stanno facendo molto discutere per la loro importanza. Ma chi è colui che è conosciuto come «il padrino dell’intelligenza artificiale», e perché ha lasciato Google?

Geoffrey Hinton: chi è il «padrino dell’intelligenza artificiale» e perché ha abbandonato Google

In questi giorni è possibile imbattersi con facilità nel nome di Geoffrey Hinton, un informatico che ha lavorato a lungo per Google. Ma perché dovrebbe interessare e perché è importante? Hinton, grazie ai suoi studi sull’intelligenza artificiale, ne è considerato una sorta di padrino.

Recentemente, nel corso di alcune interviste, ha raccontato di aver lasciato l’azienda di Cupertino e ha fornito la sua opinione sullo stato attuale dell’intelligenza artificiale. Le sue opinioni, considerate molto attendibili per via del suo background autorevole, hanno destato non poca attenzione.

Chi è Geoffrey Hinton e perché le sue opinioni contano

Geoffrey Hinton è un informatico britannico naturalizzato canadese nato nel 1947 a Londra. Dopo aver ottenuto una prima laurea in psicologia sperimentale presso l’Università di Cambridge nel 1970, ha proseguito gli studi, ottenendo un dottorato di ricerca in intelligenza artificiale nel 1978 presso l’Università di Edimburgo.

Dopo l’ottenimento del dottorato di ricerca, Hinton ha continuato a fare ricerca presso prestigiose università, come l’Università di Sussex nel Regno Unito, l’Università della California a San Diego, l’Università Carnegie Mellon a Pittsburgh e l’Università di Toronto, in Canada.

Ad oggi è considerato uno dei massimi esperti in materia di apprendimento profondo, anche conosciuto come deep learning. Tra i suoi lavori più noti c’è un articolo pubblicato nel 1986 insieme a David Rumelhart e Ronald J. Williams, che contribuì a rendere popolare l’uso dell’algoritmo di retropropagazione dell’errore per l’allenamento di reti neurali a più livelli.

Per circa dieci anni, dal 2013 al 2023, ha lavorato part-time per Google, occupandosi di Google Brain. Le ragioni addotte per l’abbandono di Google, secondo quanto dichiarato dallo stesso scienziato al New York Times, hanno a che fare con la sua volontà di «parlare liberamente dei pericoli legati all’intelligenza artificiale».

Le opinioni di Geoffrey Hinton sull’intelligenza artificiale

Dopo dieci anni di lavoro, Hinton ha deciso di lasciare Google per poter parlare liberamente dell’intelligenza artificiale e dei pericoli ad essa connessa. Lo scienziato, riferendosi alle varie intelligenze artificiali ha affermato: «In questo momento, non sono più intelligenti di noi, per quanto ne so. Ma penso che presto potrebbero esserlo».

Riferendosi a ChatGPT, lo scienziato ha spiegato alla Bbc che: «In questo momento, quello che stiamo vedendo è che cose come GPT-4 oscurano una persona nella quantità di conoscenza generale che ha e la oscura di gran lunga. In termini di ragionamento, non è così buono, ma fa già un semplice ragionamento. E dato il ritmo dei progressi, ci aspettiamo che le cose migliorino abbastanza velocemente. Quindi dobbiamo preoccuparcene».

Quindi lo scenario dipinto da Hinton non è affatto dei più rosei, anzi. Generalmente questi discorsi non sono presi seriamente poiché a farli sono spesso persone dalla nomea catastrofista solamente in cerca di attenzioni. Ma cosa succede se a farli è uno scienziato esperto e dal valore riconosciuto?

In questo caso (forse) è necessario prestare attenzione e ascoltare con cura le sue parole, nella speranza di poterne trarre qualche insegnamento prezioso da sfruttare per regolamentare una tecnologia che effettivamente sembra averne molto bisogno.

La dichiarazione di Hinton su Google. La dichiarazione di Hinton su Google. Fonte: Twitter.

Attraverso un tweet poi, Hinton ha voluto sottolineare quanto, in evidente contrasto con altri attori, Google abbia agito in maniera responsabile lavorando sull’intelligenza artificiale; aggiungendo poi che egli ha lasciato l’azienda proprio per non danneggiarla con le sue dichiarazioni.

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