Google detiene monopoli illegali nel settore della tecnologia pubblicitaria. Ad affermarlo è la sentenza appena emessa da un giudice statunitense. Big G annuncia il ricorso.
Sono due i mercati afferenti alla tecnologia pubblicitaria online che Google domina illegalmente. Lo ha stabilito un giudice statunitense giovedì. Ha così inizio una - l’ennesima - grande battaglia legale per il gigante del tech, ora chiamato a spacchettare i suoi prodotti pubblicitari, come richiesto dai procuratori antitrust USA.
Google è responsabile di “aver volontariamente acquisito e mantenuto un potere monopolistico” all’interno del mercato dei server pubblicitari degli editori e nel mercato della compravendita pubblicitaria, secondo il giudice distrettuale statunitense Leonie Brinkema di Alexandria, Virginia.
I server pubblicitari degli editori sono piattaforme utilizzate dai siti online per archiviare e gestire il proprio inventario di annunci digitali.
Si rende così necessaria un’altra udienza per determinare quale sia, esattamente, la strada che Google deve intraprendere per ripristinare la concorrenza in questi mercati. Tra le opzioni, la cessione di parti della sua attività. La data di inizio processo deve ancora essere fissata, come specifica Reuters.
Non è la prima sentenza che accusa Google di detenere un monopolio illegale. Big G è già stata accusata di monopolizzare illecitamente anche la ricerca online.
Oltre a privare i rivali della possibilità di competere, questa condotta escludente ha danneggiato sostanzialmente gli editori clienti di Google, il processo concorrenziale e, in ultima analisi, i consumatori di informazioni sul web aperto,
ha affermato il giudice Brinkema nella sentenza.
Google ha un monopolio illegale nella pubblicità online. La sentenza
Gli exchange pubblicitari e i server ADV rappresentano una tecnologia consente agli editori di notizie e ad altri creatori di contenuti online di guadagnare tramite la vendita annunci. La “linfa vitale” di Internet, ha specificato Brinkema.
Ma le autorità antitrust non sono riuscite a dimostrare la tesi secondo cui Google avrebbe un monopolio nei network pubblicitari.
Il procuratore generale degli Stati Uniti Pamela Bondi ha definito la sentenza “una vittoria storica nella lotta in corso per impedire a Google di monopolizzare la piazza pubblica digitale”, aggiungendo:
Il Dipartimento di Giustizia continuerà a intraprendere azioni legali coraggiose per proteggere il popolo americano dalle violazioni della libertà di parola e del libero mercato da parte delle aziende tecnologiche.
Per il DOJ Google dovrebbe quantomeno vendere Google Ad Manager, che racchiude sia il server pubblicitario per editori sia l’exchange ADV dell’azienda.
Google pronta al ricorso
La vicepresidente dei regulatory affairs di Google, Lee-Anne Mulholland, ha affermato che la società presenterà ricorso contro la sentenza:
Abbiamo vinto metà di questa causa e faremo ricorso per l’altra metà,
ha spiegato, sottolineando come che l’azienda non sia d’accordo con la decisione che mette sotto accusa i suoi strumenti offerti agli editori. “Gli editori hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti tecnologici pubblicitari sono semplici, convenienti ed efficaci”.
Le altre accuse contro Google
Ma i guai legali di Google potrebbero essere ben lontani dal finire. La prossima settimana si terrà un processo a Washington su richiesta del Dipartimento di Giustizia, che vuole costringere big G a vendere il suo browser Chrome e adottare altre misure per porre fine alla sua posizione dominante nella ricerca online.
Lo scorso anno, il DOJ, insieme a una coalizione di stati, ha portato a processo Google, con l’accusa di aver utilizzato le classiche tattiche al fine di creare un monopolio, comprese l’eliminazione dei concorrenti attraverso acquisizioni, il vincolo dei clienti all’utilizzo dei suoi prodotti e il controllo delle transazioni nel mercato pubblicitario online.
Alle accuse dei pubblici ministeri durante il processo Google ha risposto che il caso si concentrava sul passato e che la società stava ancora lavorando con l’obiettivo di rendere i suoi strumenti capaci di connettersi ai prodotti dei concorrenti.
Ma Brinkem ne è certo: Google ha vincolato illegalmente l’uso del suo exchange ADV all’uso dei suoi server AD da parte degli editori, mettendo in cambio delle politiche anticoncorrenziali senza che queste fossero nel migliore interesse dei suoi clienti.
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