La corsa dei prezzi negli Usa rallenta ma, in realtà, pare del tutto in linea con trend e scenari. L’allarme è già finito ma i salari mostrano un nuovo mondo da Black Friday perenne E la Bce rischia
Governare è far credere. Lo scriveva Niccolò Machiavelli nel Principe. Correva l’anno 1532. Sembra scritto ieri. Ovvero, quando l’inflazione statunitense su base annua è cresciuta solo dell’8.5% contro le attese di +8,7%, a loro volta in decrescita dal precedente +9,1%. Addirittura, il dato su base mensile era piatto. Il mitologico picco è arrivato, guarda caso giusto in tempo per garantire alla Fed un rilassamento dopo la cavalcata dei tassi in rialzo?
Pare di sì. Ma cosa c’entra Machiavelli e il suo manuale di gestione del potere con tutto questo? Ce lo mostrano questi due grafici,
in grado da soli di svelare il segreto di Pulcinella della trappola dei prezzi. Il primo fa riferimento ai risultati del sondaggio fra i consumatori Usa condotto dalla Fed di New York sulle aspettative inflazionistiche a 1, 3 e 5 anni. Come si può notare, tutti si attendono un rapido e drastico ridimensionamento del trend. Lo stesso che fino a pochi mesi fa era definito transitorio. E attenzione, qui si parla di cittadini e non di analisti. I quali, invece, si sono arrovellati con altro. Ovvero con uno studio di matrice What if, destinato a offrire scenari rispetto al ruolo di pivot della Fed nella lotta proprio alla dinamica dei prezzi fuori controllo. Come si può notare, ci si concentra sul dato mensile e non su base annua. E cosa balza agli occhi? Che anche con un dato di persistente piattezza come quello appena registrato, l’America festeggerà ipoteticamente il Natale con un’inflazione CPI al 6,3%. La linea rossa del grafico, impietosa, ci ricorda quale sia il target obiettivo della Fed: il 2%.
In compenso, ecco la notizia che non ha beneficiato dei titoli dei giornali o dei tg. Ce la mostra questo altro grafico,
dal quale si evince come a non conoscere interruzioni del proprio trend sia la dinamica salariale. Ovvero, i redditi. I quali su media settimanale reale hanno appena segnato il 16 mese di fila di contrazione. Casualmente, da quando sono spariti gli effetti doping dei programmi di sostegno statale per il Covid, l’inflazione negli Usa si è letteralmente divorata tutti gli aumenti di salario che il famoso mercato del lavoro sano e robusto aveva ufficialmente garantito. Ma ecco che questo altro grafico
ci viene incontro, svelando il trucco da illusionista. Dopo 25 mesi di aumenti consecutivi, i prezzi online negli Stati Uniti sono calati. E come ammette la stessa Bloomberg nel grafico, la deflazione è tornata. Ovvero, alta inflazione combinata con bassa crescita. Se non recessione tout court.
Ma c’è qualcosa di diabolico in quel dato, qualcosa che appunto fa ricorrere al Principe di Machiavelli. Il primo, timido raffreddamento vissuto dall’e-commerce negli Usa, figlio legittimo di una cavalcata infinita cominciata con gli acquisti di massa durante i lockdowns, non è affatto dovuto al pivot della Fed, né tantomeno all’off-setting di dinamiche salariali forti a sufficienza da controbilanciare eccessi di domanda. Siamo di fronte al classico bullwhip effect, l’effetto frusta: i prezzi sono destinati a crollare, non fosse altro per un eccesso di scorte che ora va in qualche modo smaltito e deve fare i conti con un’inflazione troppo alta per le tasche dei cittadini.
Insomma, al cittadino/consumatore verrà regalato un periodo di Black Friday, di Prime Day apparentemente perenne. Il Principe lo tratterà come un bambino non particolarmente sveglio e proprio per questo posto di fronte alla vetrina scintillante di un negozio di giocattoli: in quella condizione, nessuno farà troppo caso ai salari in perenne contrazione rispetto al costo della vita reale.
Ma c’è di peggio. E, guarda caso, per l’Europa. Perché se questa ritirata quasi solo formale dei prezzi negli Usa è stata studiata a tavolino per mettere in stand-by la frenesia operativa di Jerome Powell, esattamente come l’espansione dell’inflazione fu elaborata per permettere alla Fed terreno fertile all’aumento dei tassi prima che il mercato equity esplodesse in maniera disordinata, ecco che questo grafico
rappresenta la versione finanziaria del Var calcistico: ci mostra il fuorigioco della Bce. E non millimetrico, questione di metri. Stando alle prezzature di mercato (oltretutto, precedenti al dato raffreddato del CPI statunitense di ieri), la Banca centrale europea nel 2023 andrà in out-tightening della Fed per circa 100 punti base. Ovvero, opererà in maniera nettamente più drastica sui tassi. Peccato che lo farà in un contesto globale di recessione pressoché garantita e non ancora in modalità espansiva o di mero rallentamento, come scelto dalla Federal Reserve.
Insomma, un Trichet error all’ennesima potenza. Tradotto in parole povere per l’economia dell’eurozona? Una bomba nucleare sganciata in salotto. E le dinamiche euro/dollaro già parlano questa lingua. Negli Usa, paradossalmente, leggono Machiavelli più che nel suo Continente di appartenenza. Apparentemente.
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