Governo, fuori Berlusconi dentro Calenda e Renzi? Perché a Meloni non conviene

Alessandro Cipolla

29 Novembre 2022 - 16:31

Dopo l’incontro tra i due, Calenda ha usato parole al miele verso Meloni: al governo però non conviene sostituire Berlusconi con il terzo polo anche se i numeri ci sarebbero.

Governo, fuori Berlusconi dentro Calenda e Renzi? Perché a Meloni non conviene

Abbiamo trovato una controparte molto preparata. La Meloni è molto preparata”. Poi ancora: “Se facessimo, una volta nella vita, una roba normale, se i partiti di governo, leggi FI, invece di sabotare Meloni, contribuissero a fare la manovra, e l’opposizione invece di andare in piazza presentasse provvedimenti migliorativi, forse sarebbe un Paese normale. Invece continuiamo a essere un Paese machiavellico di cui non ci capisce niente”.

Parole queste pronunciate da Carlo Calenda al termine dell’incontro, durato circa un’ore e mezza, con Giorgia Meloni; un vertice alla presenza anche dei rispettivi sherpa che nei giorni scorsi è stato richiesto dal leader di Azione per parlare delle proposte del terzo polo in merito alla legge di Bilancio.

Abbiamo discusso di un’estensione di impresa 4.0, un tetto al costo del gas al posto dei crediti di imposta oltre che di aumento degli stipendi dei sanitari, ripristino di `Italia sicura´, e analisi del Pnrr - ha spiegato Calenda entrando più nel dettaglio -. Una delle richieste avanzate al tavolto di confronto è stata quella di riproporre il Reddito di cittadinanza come Rei”.

Parole al miele e toni più che concilianti che hanno aumentato le voci di un possibile soccorso al governo da parte del tandem Azione-Italia Viva nel caso in cui, già durante il percorso parlamentare della legge di Bilancio, Silvio Berlusconi dovesse riprendere a fare le bizze minacciando di far mancare i propri voti.

Del resto Ignazio La Russa è stato eletto presidente del Senato grazie ai misteriosi voti pervenuti da una parte dell’opposizione: vista l’astensione da parte di Forza Italia, tutto farebbe pensare che questo aiutino a Fratelli d’Italia sia arrivato dai lidi del terzo polo, specie quelli renziani.

Ma a Giorgia Meloni converrebbe “sostituire” Silvio Berlusconi con Carlo Calenda e Matteo Renzi? Anche se numericamente l’operazione sarebbe fattibile, per la presidente del Consiglio sarebbe una sorta di suicidio politico.

Calenda al posto di Berlusconi: i numeri per Meloni

Nel caso in cui Silvio Berlusconi dovesse rompere con Giorgia Meloni, le voci di un possibile soccorso da parte del terzo polo sono così insistenti che Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato e al momento la persona politicamente più vicina all’ex presidente del Milan, si è affrettata a sottolineare che “i numeri parlano chiaro, non ci possono sostituire”.

In verità i numeri ci sarebbero sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama. Al Senato la maggioranza è di 104 senatori considerando anche i 6 senatori a vita che però difficilmente partecipano alle votazioni.

Al momento il governo può contare su 116 voti, anche se molti senatori del centrodestra sono stati nominati ministro; senza i 18 di Forza Italia ma con i 9 di Azione-Italia Viva, si arriverebbe a un totale di 108 senatori.

Alla Camera invece Giorgia Meloni ha dalla sua 237 deputati a fronte di una maggioranza di 201; togliendo i 44 di Forza Italia e aggiungendo i 21 del terzo polo, si avrebbe un totale di 214.

Di conseguenza un governo Meloni sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega, Noi Moderati e Azione-Italia Viva, potrebbe avere i numeri sia alla Camera sia al Senato, senza contare che in caso di una uscita dalla maggioranza, molti parlamentari azzurri potrebbero non seguire il proprio leader puntellando ulteriormente l’esecutivo.

Per Meloni meglio Berlusconi

Detto che dal punto di vista numerico l’operazione terzo polo può essere fattibile, da quello politico Giorgia Meloni avrebbe tutto da perdere da una rottura con uno storico alleato come Silvio Berlusconi.

Per prima cosa ci sarebbero le inevitabili ripercussioni nelle tante Regioni guidate dal centrodestra, alcune delle quali come Marche e Abruzzo hanno presidenti targati Fratelli d’Italia. FdI poi punta a esprimere il candidato alle regionali nel Lazio del 12 febbraio ma, senza Forza Italia, potrebbe essere più complicato vincere.

C’è poi una questione mediatica che non deve essere sottovalutata, visto che non potrebbe essere una buona mossa per la presidente del Consiglio inimicarsi il proprietario di tre reti televisive oltre a svariate radio e riviste.

Infine per Giorgia Meloni consegnarsi numericamente a due leader umorali e fumantini come Carlo Calenda e Matteo Renzi, con il secondo particolarmente esperto in tema di caduta di governi, potrebbe essere una mossa assai poco saggia.

Giusto per fare un esempio: quando il governo dovrà decidere se ratificare o meno la riforma del Mes, cosa potrebbe succedere in un governo dove Salvini e Meloni sono contrari al meccanismo mentre Calenda e Renzi sono tornati a chiedere l’attivazione di quello sanitario?

Da sempre il centrodestra è stato caratterizzato da liti e dissapori tra i leader, ma alla fine la coalizione è sempre riuscita a ricompattarsi e andare avanti: con Carlo Calenda che continua a smentire qualsiasi ipotesi di ingresso nella maggioranza, a Giorgia Meloni converrebbe non farsi tentare dallo scenario terzopolista.

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