Non solo guerre ma anche forti crisi politiche e umanitarie: ecco quali sono le situazioni più a rischio in tutto il mondo in questo 2020.
Il mondo intero è alle prese con la pandemia da coronavirus, con tutte le altre notizie che inevitabilmente finiscono per passare in secondo piano di fronte a questa crisi sanitaria ed economica che sta sconvolgendo tutti i continenti.
Le tante guerre in corso in alcuni casi hanno subito una sorta di stop a causa della emergenza coronavirus, ma in diversi casi la minore attenzione internazionale alle varie vicende ha riacceso dei conflitti che parevano sopiti.
Ecco allora che in Venezuela c’è stato da parte di alcuni miliziani un tentativo di golpe nei confronti del presidente Nicolas Maduro, con due contractor americani arrestati anche se la Casa Bianca ha escluso ogni coinvolgimento, mentre in Afghanistan i terroristi islamici hanno bombardato un ospedale pediatrico facendo strage di donne e bambini, anche neonati.
Tra guerre e situazioni critiche più o meno note, ecco quali sono i dieci Paesi dove ci sarebbero le situazioni più problematiche.
Guerre nel mondo: le situazioni più a rischio
Nonostante che in Italia, ma anche in tutto l’Occidente in generale, ci sia la sensazione di vivere in un mondo tutto sommato pacificato, nei vari continenti non mancano le situazioni di grande conflittualità.
L’emergenza coronavirus poi sta spegnendo i riflettori su diverse guerre spesso anche molto cruente, con le notizie a riguardo che faticano a passare tra i media mainstream.
Birmania
Tra le tante guerre sparse nel mondo forse una delle meno conosciute e quella che sta interessando la Birmania. Tristi protagonisti sono i Rohingya, una minoranza musulmana proveniente dal vicino Bangladesh, e i Kachin, altra minoranza questa volta cristiana.
Conflittualità queste che vanno avanti da decenni, tanto che si parla della “guerra più lunga al mondo” con l’esercito centrale opposto alle varie milizie ribelli in lotta per l’indipendenza. Nel mezzo poi ci sono anche il controllo di preziosi giacimenti, mentre le organizzazioni umanitarie parlano del pericolo di una “catastrofe umanitaria” visto l’alto numero di sfollati.
Burkina Faso
Da una parte nel paese africano ci sono le proteste sociali contro il governo, ultime quelle contro l’aumento del prezzo del carburante (+12%), con i protestanti ribattezzati “camicie rosse” sulla scia dei gilet gialli francesi.
L’altra grande problematica è però quella rappresentata dai gruppi jihadisti, presenti soprattutto nel Nord del paese dove controllerebbero alcune zone, con tanto di sanguinosi attentati firmati dagli estremisti islamici.
Libia
Nel 2014 in Libia è scoppiata una seconda guerra civile. Da una parte c’è il governo di Tripoli, l’unico riconosciuto dall’Occidente, con a capo il presidente Fayez al-Sarraj, mentre dall’altra c’è l’uomo forte della città di Tobruk Khalifa Haftar.
Da quando nell’aprile 2019 le truppe di Haftar hanno lanciato il loro assedio alla capitale Tripoli il conflitto è aumentato notevolmente di intensità, soprattutto per il sostegno a una o l’altra fazione da parte di potenze come la Russia, la Turchia, l’Egitto e l’Arabia Saudita.
Pakistan
Anche qui un conflitto che si trascina da decenni è quello tra Pakistan e India, due potenze nucleari. Oltre ai continui scontri lungo le zone di confine, i recenti test missilistici di New Delhi hanno inasprito i rapporti tra i due paesi.
La presenza di molti gruppi di estremismo islamico rende le cose complicate anche sul fronte interno: oltre agli attentati terroristici, ultimamente questi gruppi stanno rivendicando un sempre maggiore peso nella vita politica del paese.
Repubblica Centrafricana
Dal 2012 è in corso una cruenta guerra civile in quello che è uno dei paesi più poveri al mondo. In lotta ci sono il governo centrale (appoggiato dall’Europa e da diversi altri paesi africani) e i ribelli Anti-balaka, miliziani cristiani autori di diversi massacri nei confronti delle popolazioni musulmane.
Una situazione questa dove al momento non si vede una via d’uscita diplomatica. Il bilancio di questi anni di conflitto parla di un numero imprecisato di morti, parecchie migliaia secondo alcune stime, e oltre 1 milione di persone tra rifugiati e sfollati.
Sudan del Sud
Nel paese africano, pure in questo caso uno dei più poveri al mondo, in teoria la guerra civile nata nel dicembre 2013 si è conclusa lo scorso giugno dopo cinque anni di scontri e oltre mezzo milione di sfollati.
Il trattato di pace firmato ad Addis Abeba però sembrerebbe essere molto fragile, tanto che la tregua tra le due etnia in lotta per il controllo politico del Sud Sudan potrebbe non reggere in questo 2020.
Venezuela
Oltre all’Ucraina, la Russia (ma anche Iran e Cina) e l’Occidente (Stati Uniti in testa) sono su posizioni diametralmente opposte anche in Venezuela, paese questo dilaniato da una forte crisi economica con una inflazione alle stelle.
All’attuale presidente Nicolas Maduro, supportato dalla Russia, da un anno si è opposto l’autoproclamato Juan Guaidó che gode dell’appoggio occidentale. Nel mezzo ci sono le proteste di piazza represse nel sangue dall’esercito ancora fedele a Maduro e un tentativo di golpe fallito da parte di alcuni miliziani guidati da due americani.
Yemen
Anche quella nel paese mediorientale è una guerra di cui poco si sente poco parlare. Dal 2015 però lo scontro tra le forze ribelli Huthi (appoggiate dall’Iran) e la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha provocato quasi 20.000 morti e oltre 3 milioni di sfollati.
Drammatica è soprattutto la situazione della popolazione presente nei territori controllati dagli Huthi: oltre alle bombe saudite, a mietere vittime è anche la fame e una spaventosa epidemia di colera.
Iraq
Quella dell’Iraq è una situazione, al pari di quella in Afghanistan, mai veramente risolta dall’Occidente. Al momento di fronte a un governo molto debole, ci sarebbero ben cinque gruppi armati operanti nel Paese mediorientale.
In questo scenario dove anche l’Isis è tornata a essere tristemente “operativa”, a complicare ulteriormente le cose c’è stata l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani a Baghdad a opera degli Stati Uniti, fatto che ha riacceso le tensioni in tutta l’area.
Nigeria
In Nigeria il problema si chiama Boko Haram, una feroce organizzazione terroristica di matrice jihadista alleata dell’Isis che dal 2002 opera tristemente anche nei Paesi confinanti Camerun, Niger e Ciad.
Il suo nome è diventato tristemente famoso nel 2014 quando si rese responsabile del rapimento di 276 studentesse, ma negli anni il gruppo si è reso responsabile di diversi massacri come quello nella città di Baga dove alcune fonti parlano di circa 2.000 vittime tra la popolazione civile.
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