Breve storia dello sterminio per fame che Stalin impose agli ucraini e di come il termine «genocidio» desta tutt’oggi perplessità.
Papa Francesco nella sua ultima udienza ha menzionato l’Holodomor, una delle pagine più buie della storia dell’Ucraina. Quella che lo storico Ernst Nolte, attirando su di sé non poche polemiche, definì «una sorta di prova generale della Shoah».
Con questo termine ci si riferisce infatti a quando, ogni anno, il quarto sabato di novembre, si commemora in Ucraina una carestia creata artificialmente dalla leadership dell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (poi Urss).
Parliamo di un devastante avvenimento collocato temporalmente tra il 1932 e il 1933, anno in cui morirono di fame tra i 3,5 e i 5 milioni di persone. Senza contare altri milioni di decessi registrati nelle zone limitrofe per un totale di 6-7 milioni di vittime.
L’Holodomor è di fatto una delle più grandi tragedie della storia del popolo ucraino ed è difficile non registrarlo come uno dei più grandi crimini del Novecento. Si dibatte però da anni sulla possibilità di definirlo un genocidio e, da parte, dalle autorità di Kiev arriva ancora oggi la richiesta a gran voce di dare una nuova interpretazione all’evento.
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Holodomor: la storia
Holodomor significa letteralmente “sterminio per fame”, un evento che caratterizzò il Caucaso meridionale e il Kazakistan oltre che alcune regioni siberiane. I territori centrali della Russia invece conobbero gli stenti solo limitatamente.
In particolare l’azione della leadership di Stalin mirava a contrastare i kulaki. Come ricostruito dagli analisti infatti l’azione di repressione era mirata verso i contadini (proprietari di fondi da loro stessi coltivati) perché la loro semplice esistenza di fatto bloccava il processo di collettivizzazione che il Partito Bolscevico aveva deciso di mettere in atto.
Andrea Graziosi, docente di Storia contemporanea all’università Federico II di Napoli, in un saggio del 2004 attesterà che «l’attesa di vita alla nascita (in quegli anni) precipitò nel 1933 dai 42,9 anni per gli uomini e 46,3 per le donne del 1926, a rispettivamente 7,3 e 10,9».
La censura e il dibattito sul «genocidio»
La realtà delle sofferenze patite nel periodo di carestia non verrà scoperta nella sua gravità se non a decenni di distanza dagli eventi in questione anche perché ogni notizia dell’Holodomor fu censurata e sistematicamente eliminata per fini propagandistici. Il regime sovietico negò che fosse in corso una carestia in Ucraina e ai giornalisti stranieri venne impedito di recarsi nel Paese.
Ad oggi, grazie alle ricostruzioni, sappiamo che il regime inoltre fece distruggere gran parte degli archivi dell’epoca. Questo ritarderà di molto gli studi sull’Holodomor che infatti comparvero in Occidente solo negli anni Ottanta del Novecento.
La svolta avvenne quando il presidente sovietico Michail Gorbaciov avviò le politiche di perestrojka (riforma) e glasnost’ (trasparenza), consentendo l’apertura di alcuni archivi. Il primo passo verso una serie di indagini che lasciano tutt’oggi aperti molteplici dibattiti.
Attualmente solo 16 paesi al mondo – compresa l’Ucraina – riconoscono il genocidio degli ucraini. Australia, Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Latvia, Lettonia, Ungheria per citarne alcuni. In questi giorni si sta mobilitando in tal senso anche il Senato dell’Irlanda che ha adottato la mozione per il riconoscimento dell’Holodomor come genocidio. Altre realtà, come il Parlamento europeo, lo ritengono un crimine contro l’umanità. L’Italia invece non si è espressa su nessuna delle due posizioni.
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