Sai quanti rischi sono legati all’intelligenza artificiale? Tanti e alcuni insospettabili. Ecco come la rivoluzione IA minaccia lavoro, creatività, risorse.
La rivoluzione dell’intelligenza artificiale è già iniziata, ponendo una serie di interrogativi su opportunità e rischi per finanza, economia, società e vita dell’uomo.
Non molto tempo fa un gruppo di esperti, tra cui Elon Musk, ha pubblicato una lettera su Future of Life dove era chiesta l’interruzione momentanea dello sviluppo dell’intelligenza artificiale, così da permettere a chi di dovere di regolamentarla e mitigarne i rischi.
Ancora oggi molte persone non sono in grado di identificare in che modo può minacciare lo sviluppo umano, ma la certezza che innescherà degli effetti non sempre positivi è chiara.
Solo per fare un esempio: i ricercatori hanno stimato che una singola query ChatGPT richiede quasi 10 volte più elettricità per essere elaborata rispetto a una ricerca tradizionale su Google.
In sostanza, l’alta intensità di risorse di cui ha bisogno l’IA sta portando a scontri su materie prime sempre più scarse, così come sull’accesso ai chip e sta aumentando la pressione per continuare a bruciare combustibili fossili per alimentare la rete elettrica. In un contesto, come quello attuale, in cui è piuttosto richiesto un uso più razionale dell’energia.
L’elenco dei rischi legati all’ampia diffusione dell’intelligenza artificiale è lungo. Cosa potrebbe accadere?
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Intelligenza artificiale, apprendimento e dipendenza
L’intelligenza artificiale è diventata una forza trasformativa anche per l’istruzione. I suoi algoritmi sofisticati promettono di rivoluzionare le esperienze di apprendimento, offrendo contenuti educativi personalizzati, automatizzando le attività amministrative e persino prevedendo i futuri percorsi di apprendimento.
Tuttavia, nonostante il suo potenziale significativo, l’impiego dell’IA nell’istruzione presenta una serie di sfide e potenziali svantaggi.
L’eccessiva dipendenza dall’intelligenza artificiale per la risoluzione dei problemi può ostacolare la capacità degli studenti di sviluppare il pensiero critico e il ragionamento.
Un aiutante IA nei compiti potrebbe sfornare soluzioni a complessi problemi di matematica in pochi secondi. Tuttavia, ciò priva gli studenti dell’opportunità di affrontare da soli il problema, di sviluppare capacità di ragionamento logico e anche di provare la soddisfazione di arrivare a una soluzione in modo indipendente.
In generale, se la civiltà umana è stata in grado di crescere e svilupparsi in maniera così esponenziale nel corso degli anni, una grande parte del merito lo deve alla sua capacità di pensare in maniera critica e spontanea.
Lasciare all’intelligenza artificiale la possibilità di pensare al posto dell’uomo potrebbe portare la società a perdere la sua capacità di escogitare soluzioni creative, fondamentali per lo sviluppo e la sopravvivenza della società umana.
Più intelligenza artificiale, meno informazione
I dati con cui sono allenati i chatbot sono spesso raccolti dalla rete senza essere selezionati manualmente, poiché questo richiederebbe molto tempo. Spesso tuttavia, questa scelta può avere pessime conseguenze sulle risposte fornite dai chatbot, come per esempio ChatGPT.
Capita, infatti, che le risposte fornite siano errate e che contribuiscano quindi a diffondere informazioni sbagliate. A peggiorare ulteriormente la situazione c’è poi l’impossibilità di correggere prontamente le risposte non corrette, in quanto in molti casi è solamente possibile fornire un feedback negativo alla risposta ma non modificarla direttamente.
Etica e disumanizzazione
Un uso scorretto dell’intelligenza artificiale può dare problemi non soltanto dal punto di vista pratico, ma anche da quello etico.
L’intelligenza artificiale, non essendo umana, non dispone dell’etica, non è quindi in grado quindi di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Per fare in modo che i chatbot non diano risposte “non etiche”, molte aziende, tra cui OpenAI, hanno programmato i loro chatbot in modo che non forniscano certe informazioni.
Non c’è voluto molto, tuttavia, perché esperti programmatori capissero come aggirare questo limite e lo rendessero pubblico. È già capitato, per esempio, che alcune persone chiedessero a dei chatbot come compiere azioni illecite quali scaricare contenuti illegali da internet.
Un uso sempre più capillare dell’IA potrebbe inavvertitamente ridurre al minimo l’interazione umana, che è una parte cruciale del processo di apprendimento per esempio a scuola. Questa riduzione della comunicazione faccia a faccia può influire negativamente sullo sviluppo delle competenze sociali negli studenti.
Inoltre, l’assenza del “tocco umano” potrebbe rendere difficile per gli studenti afferrare concetti complessi, poiché l’IA non ha la capacità di comprendere e rispondere empaticamente alle sfumature emotive e culturali degli studenti.
Pertanto, mentre l’IA può automatizzare in modo efficiente vari aspetti dell’istruzione, l’importanza degli insegnanti e il loro ruolo insostituibile nel promuovere l’intelligenza emotiva e il pensiero critico negli studenti non dovrebbero essere indeboliti.
Non solo. È già capitato in passato che persone in situazioni difficili si affidassero a dei chatbot per trovare conforto nelle difficoltà, talvolta anche arrivando a scambiarli per persone vere. Questo fenomeno, specialmente nei casi più gravi, può spingere le persone a isolarsi e a confondere ciò che è realtà con ciò che non lo è.
Più IA, più disoccupati?
Questo è forse uno dei rischi più concreti e anche più discussi nell’ultimo periodo. Molti esperti temono fortemente che l’intelligenza artificiale possa portare un grandissimo numero di persone a perdere il loro posto di lavoro e a essere sostituite dalle macchine.
Effettivamente questa minaccia si è in parte già concretizzata: oggi molti chatbot svolgono compiti di assistenza alla clientela che un tempo erano a esclusivo appannaggio delle persone.
Il rischio, in questo caso, non è che il normale progresso della tecnologia porti alcuni lavori a diventare obsoleti, ma che questo avvenga troppo rapidamente facendo perdere il lavoro a molte persone nello stesso periodo e rendendo complesse le pratiche di reintegrazione nel mondo del lavoro.
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L’intelligenza artificiale ha fame di energia
L’intelligenza artificiale vive e funziona in gran parte in data center che lavorano con schede madri, chip e dispositivi di archiviazione.
La domanda di elettricità da questi centri sta ora superando l’offerta disponibile in molte parti del mondo. Negli Stati Uniti, si prevede che i data center utilizzeranno l’8% dell’energia totale entro il 2030, quasi il triplo della quota del 2022, quando è decollata la frenesia IA, secondo Goldman Sachs Group Inc., che l’ha descritta come “il tipo di crescita dell’elettricità che non si vedeva da una generazione”.
Simili picchi di domanda sono stati previsti per Svezia e Regno Unito. Entro il 2034 il consumo energetico globale annuo dei data center dovrebbe superare i 1.580 terawattora, circa quanto utilizzato da tutta l’India, dai circa 500 di oggi.
IA ha sete di acqua
Non ci vete mai pensato, ma il legame tra IA e acqua è drammatico.
Ogni watt di elettricità immesso in un server genera calore. Temperature troppo elevate possono distruggere le apparecchiature e rallentare i sistemi. Al momento, alcuni dei modi più efficienti in termini di energia e costi per raffreddare l’aria nei centri si basano sull’acqua.
Bluefield Research ha stimato che i data center utilizzano più di un miliardo di litri di acqua al giorno, inclusa l’acqua utilizzata per la generazione di energia. È sufficiente per rifornire 3,3 milioni di persone per un giorno.
Uno studio del 2023 ha stimato che una conversazione con ChatGPT composta da circa 10-50 domande e risposte richiede una bottiglia d’acqua standard. Si stima che l’addestramento di un solo modello di intelligenza artificiale precedente a ChatGPT abbia consumato quasi 900.000 litri di acqua. A peggiorare le cose: gran parte dell’acqua è di qualità potabile, per evitare problemi ambientali e guasti alle apparecchiature.
Una rete di data center Microsoft utilizzata da OpenAI ha trasformato il colosso della tecnologia nel più grande consumatore di acqua della zona, consumandone più della città stessa, secondo i dati del distretto idrico.
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