Un debito pubblico europeo sarebbe solo un incentivo ad aumentarne spaventosamente le dimensioni, come è successo in America a mano a mano che le crisi si sono fatte più profonde e frequenti.
Bisogna riconoscere che è l’intero Occidente ad essere in declino economico e che anche l’intero progetto europeo è caratterizzato da una insanabile insensatezza: da oltre trent’anni, dal varo del Trattato di Maastricht che ha messo le manette agli Stati, è stato lo strumento cardine per combattere quella “guerra di classe al contrario” che ha animato il neoliberismo sin dai tempi di Margareth Thatcher e di Ronald Reagan, e che ha portato alla distruzione del patrimonio manifatturiero inglese, di quello statunitense e poi di quello dell’intera Europa.
Fatta eccezione per l’industria tedesca, per quel capitalismo renano che aveva solide basi socio-politiche che neppure il nazismo aveva osato toccare, le élite anglo-americane ed in generale quelle europee hanno delegato la produzione industriale ai Paesi ex-comunisti dell’area balcanica e poi alla Cina ed ai Paesi emergenti dell’area indo-asiatica, impoverendo tanto l’America che il nostro Continente.
Tralasciando gli USA, che veleggiano pure loro verso l’implosione fiscale nonostante i beati cantori dei Mercati abbiano intonato addirittura l’inno al “no landing”, ignorando che con queste parole indicano la mancanza stessa di qualsiasi approdo in vista, in Europa siamo di fronte alla prospettiva di un affondamento fiscale collettivo. [...]
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