Il sistema fintech in Italia nel 2022 ha raccolto finanziamenti per 934 milioni di euro e favorito la nascita di 27 startup. Il rapporto dell’Osservatorio Fintech del Polimi
Nel 2022 l’ecosistema fintech in Italia è cresciuto grazie alla raccolta di quasi un miliardo di euro di finanziamenti (934 milioni per la precisione), che porta il valore complessivo del settore a oltre 3,7 miliardi di euro. Crescono anche le startup: sono 27 quelle nate nel 2022, mentre quelle già esistenti del settore fintech hanno visto aumentare i propri ricavi di quasi il 70%.
Dati confortanti per il fintech, in un anno complesso per tutto il settore finanziario, e che non cambiano comunque il trend che vede il nostro paese a un livello inferiore rispetto alla Francia (dove le aziende del settore raccolgono 3 miliardi di euro) o della culla del fintech, il Regno Unito, dove piovono investimenti per una cifra equivalente a 18 miliardi di euro.
I dati emergono della ricerca dell’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano.
Come cresce il fintech in Italia: finanziamenti e ricavi
Secondo la ricerca in Italia ci sono oggi 630 fra startup e scaleup fintech e insurtech, di cui 27 costituite da gennaio da 2022, che complessivamente hanno raccolto 934 milioni di euro di finanziamenti nel 2022, raggiungendo complessivamente 3,7 miliardi di euro dal 2009 ad oggi.
Il sistema fintech risulta molto concentrato: significa che la maggior parte dei finanziamenti (il 90%) viene raccolta dal 5% delle startup/scaleup e il 69% dei finanziamenti complessivi atterra in società che hanno sede a Milano.
Per quanto riguarda i ricavi, quelli mediani previsti dalla ricerca per la fine 2022 sono quasi il doppio rispetto a quelli 2021, ma ancora non si generano stabilmente EBITDA e flussi di cassa positivi.
Inoltre solamente il 44% delle fintech italiane è aperta ai mercati esteri.
Le startup e scaleup del fintech italiano sono più rivolte al settore B2B, ossia alle PMI (71%) e agli istituti finanziari (il 60%), che al B2C, ai consumatori (39%). E l’83% di loro avvia partnership, soprattutto per avvalersi del network di contatti strategici o delle competenze del partner.
Fintech in Italia, il trend del Banking-as-a-Service
In base al report del Polimi il modello as-a-service dimostra di essere il motore dell’innovazione fintech, venendo adottati oggi dal 75% delle società italiane.
In particolare, nel 2022 è emerso il Banking-as-a-Service (BaaS), un modello operativo in cui un istituto finanziario autorizzato (come una banca) offre servizi, licenza e “libri” a un secondo attore non autorizzato (come una digital company), che cura l’interazione con il cliente finale e l’esperienza d’uso.
Il modello Banking-as-a-Service ha aperto opportunità di mercato anche per le banche tradizionali, ma anche alla competizione dei nuovi attori, come le Challenger Bank, ossia le banche digitali gestibili attraverso app e smartphone sono ormai 120 in Europa.
Secondo la ricerca del Polimi, oltre a conto corrente e strumenti di pagamento, il 44% delle Challenger Bank offre anche le possibilità di investimento, il 32% consente di richiedere prestiti e il 20% di sottoscrivere polizze.
Fintech e l’embedded finance
Quando il prodotto fintech è più direttamente integrato nel customer journey di attori non finanziari e distribuito tramite i loro canali (un retailer, per esempio), si deve parlare di embedded finance (o di Embedded Insurance nel caso dell’assicurativo). Un esempio è la possibilità di richiedere un prestito nell’acquisto su un sito di e-commerce o di sottoscrivere una polizza comprando un viaggio.
In questo caso gli utenti italiani si dimostrano interessati: il 45% dei consumatori valuterebbe la sottoscrizione di una polizza durante il processo d’acquisto di un viaggio, il 65% prenderebbe in considerazione almeno una proposta assicurativa embedded.
Per il momento dalla ricerca risultano essere pochi gli italiani che prenderebbero in considerazione proposte embedded di operatori non finanziari per gestire i propri risparmi (22%), ma il 53% sta valutando di ottenere un piccolo finanziamento con l’embedded finance.
Il fintech italiano in rapporto a quello europeo
Il fintech italiano sinora ha saputo produrre due unicorni (valutazione di un miliardo di dollari), Satispay e Scalapay, entrambe operanti nel mondo dei pagamenti, e abbiamo visto come sia caratterizzato da un’alta concentrazione dei finanziamenti rispetto alle 630 startup totali.
Nel contesto europeo, considerando le realtà che hanno ricevuto finanziamenti di almeno a 1 milione di dollari, si contano 1.392 startup (+81% rispetto al 2020), che hanno raccolto complessivamente 35 miliardi di dollari negli ultimi 5 anni (+73% rispetto al 2020), con una media di 25 milioni di dollari ciascuna.
Il Regno Unito è la culla del fintech in Europa, con il 38% delle startup, seguito da Francia (11%) e Germania (9%), in vetta anche per entità del funding raccolto (17,4 miliardi di dollari), seguito a distanza da Francia (3,2 miliardi) e Germania (3 miliardi).
Anche in Europa gli unicorni preferiscono il mondo dei pagamenti, e in questo segmento del fintech opera il 29% delle startup. Seguono le soluzioni digitali per investimenti (29% delle startup), Cryptoasset (23%), Lending (17%), Insurtech (13%) e Regtech (10%), tutti settori che devono instaurare un legame forte con la fiducia del consumatore finale.
Fintech: l’ascesa del settore insurtech italiano
Analizzando solamente il settore insurtech, nel 2022 si contano 120 startup attive, di cui 4 costituite nell’ultimo anno, che hanno raccolto 420 milioni di euro a partire dal 2009 e 53 milioni nel solo 2022
In media una startup insurtech raccoglie 3,5 milioni di euro mentre una fintech 5,8 milioni di euro.
Anche per l’Insurtech Milano e il Nord Italia fanno la parte del leone: qui risiedono 41 realtà che hanno raccolto 31 milioni di euro nel 2022.
Bene i ricavi che, se nel 2021 erano mediamente inferiori rispetto al fintech, nel 2022 sono cresciuti sensibilmente (+95% contro +70%), portando il settore a pari livello con il fintech.
Le realtà insurtech fanno però più fatica ad andare all’estero, con 6 su 10 che hanno un’offerta esclusivamente rivolta all’Italia.
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