Il gas russo torna in Europa?

Luna Luciano

6 Aprile 2025 - 10:46

L’Europa si interroga: tornare al gas russo è una soluzione o un rischio? Ecco quali sono i pro e i contro e perché secondo gli esperti servono altre sanzioni.

Il gas russo torna in Europa?

Il gas russo minaccia di frammentare l’Europa.

Dopo anni di sforzi per ridurre la dipendenza energetica da Mosca, alcuni Paesi europei stanno valutando la possibilità di tornare ad importare gas russo su larga scala. La pressione dei costi energetici elevati, le riserve di gas sottotono e uno sguardo al prossimo inverno rendono la questione urgente.

Tuttavia, come segnala il think tank Bruegel, un ritorno disordinato e privo di una strategia comune può trasformarsi in un boomerang: invece di garantire sicurezza energetica, il gas russo rischia di alimentare le divisioni tra gli Stati membri, aumentare l’influenza geopolitica di Putin e rallentare la transizione energetica.

Nel frattempo, gli Stati Uniti spingono per un accordo di pace tra Ucraina e Russia, ma l’eventuale allentamento della tensione non cancella le implicazioni politiche di una dipendenza energetica europea da un regime ostile.

In questo scenario complesso, l’Unione europea si trova davanti a un bivio: accettare un ritorno al gas russo o rafforzare la sua indipendenza energetica con strumenti condivisi? E se l’inverno 2026 è lontano la posta in gioco è altissima. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Il ritorno del gas russo in vista dell’inverno 2026? I rischi energetici per l’UE

Il prossimo inverno potrebbe mettere a dura prova la resilienza energetica dell’Unione europea. Secondo l’analista Javier Blas, i prezzi elevati del gas e le riserve più basse della media stagionale rappresentano una minaccia concreta per la sicurezza energetica. Tradizionalmente, la primavera e l’estate sono stagioni cruciali per lo stoccaggio di gas: i prezzi scendono e le aziende accumulano riserve per affrontare i mesi freddi. Tuttavia, a causa dell’assenza delle forniture russe via gasdotto, le iniezioni nelle strutture sotterranee sono state finora molto inferiori alle aspettative.

La situazione è aggravata dalla mancanza di incentivi economici: dalla fine del 2024, i segnali di prezzo non hanno favorito la prenotazione delle capacità di stoccaggio, compromettendo le riserve per il 2026. Se le condizioni non cambieranno, l’Europa rischia di affrontare l’inverno con riserve insufficienti e costi energetici elevati, un mix potenzialmente esplosivo dal punto di vista politico e sociale.

Questa crisi apre le porte a soluzioni affrettate e non coordinate. Alcuni Paesi potrebbero decidere autonomamente di riattivare canali di importazione del gas russo. Il rischio più grande è quello di una frammentazione politica dell’Unione, dove ogni Stato agisce per sé, indebolendo l’efficacia delle politiche comuni e favorendo la strategia russa di divide et impera.

Il ritorno al gas russo: i pro e i contro

Di fronte a costi elevati e pressioni interne, il ritorno al gas russo può apparire come una soluzione rapida e conveniente. Le infrastrutture per il trasporto esistono ancora. Il transito attraverso l’Ucraina è tecnicamente possibile, con una capacità di 100 miliardi di metri cubi, anche se nel 2024 solo 16 sono stati effettivamente trasportati. Alcuni Stati membri, come Slovacchia e Ungheria, dipendono ancora fortemente dal gas russo e potrebbero premere per una ripresa delle forniture.

Tuttavia, i rischi superano i benefici. Secondo Bruegel, una riapertura frammentata rafforzerebbe il potere negoziale di Mosca, minacciando la coesione europea e la sicurezza energetica a lungo termine. In più, un gas russo a basso costo comprometterebbe gli investimenti in fonti energetiche rinnovabili, rallentando la transizione climatica. Tornare indietro significherebbe anche mettere a rischio gli obiettivi ambientali e la credibilità geopolitica dell’UE.

C’è poi un altro fattore da considerare: le implicazioni finanziarie e legali. La rinegoziazione dei contratti, la ristrutturazione dei debiti dei gestori come Nord Stream 2 AG, e i vincoli imposti dalle sanzioni esistenti rendono ogni tentativo di ritorno complesso e potenzialmente conflittuale. Inoltre, la ripresa delle importazioni potrebbe ostacolare il supporto politico a Ucraina e Paesi baltici, spaccando ulteriormente l’Unione su un fronte già delicato.

Sanzionare il gas russo: una necessità strategica

In questo contesto, sanzionare il gas russo non è solo una risposta politica: è una necessità strategica. Bruegel propone l’introduzione di tariffe sulle importazioni di gas russo come alternativa più efficace rispetto a quote rigide o a un embargo totale. Le tariffe non solo disincentivano l’acquisto di gas russo, ma generano entrate che possono essere utilizzate per sostenere i Paesi più vulnerabili e finanziare l’infrastruttura energetica alternativa.

A differenza delle quote, che limitano semplicemente l’offerta, le tariffe influiscono direttamente sul prezzo e sui ricavi della Russia. Costringere Mosca ad abbassare i prezzi per mantenere competitività significa ridurre le sue entrate e, indirettamente, la sua capacità di finanziare conflitti armati come quello in Ucraina.

Dal punto di vista economico, l’elasticità dell’offerta russa gioca a favore dell’UE: Mosca ha poche alternative valide all’Europa come mercato. I nuovi progetti di esportazione verso la Cina richiedono tempo, capitali e stabilità geopolitica, mentre l’infrastruttura europea esistente permette una risposta più rapida e mirata. Inoltre, l’aumento della capacità di esportazione GNL da parte degli Stati Uniti nel 2025 (+15%) fornisce una valvola di sfogo importante.

Infine, un sistema di sanzioni ben strutturato è essenziale per evitare che la Russia continui ad usare l’energia come strumento di pressione politica. Le entrate ottenute dalle tariffe possono essere redistribuite per ammortizzare l’impatto sui consumatori europei, sostenere le industrie in transizione e proteggere la coesione dell’Unione. Insomma, come ribadiscono gli esperti, sanzionare il gas russo è la via più praticabile per garantire sicurezza energetica, unità politica e autonomia strategica all’Europa.

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