Banca Intesa ha emesso nuove obbligazioni in dollari rivolte agli investitori retail (scadenze diverse) e con una struttura dei rendimenti di tipo step-down.
Il mercato delle obbligazioni non è fatto solo di titoli di Stato, ma è ricca anche di tanti corporate bond capaci di offrire mille strategie operative agli investitori più sofisticati.
Certo, più è ‘sofisticato’ il prodotto considerato e maggiori devono essere le capacità di comprensione e di previsione dello stesso per sfruttarne appieno i potenziali benefici.
Vediamo ora di comprendere com’è strutturato il nuovo bond a 10 anni in dollari di Intesa Sanpaolo, che parte dal 9% e decresce poi nel tempo.
Le tre nuove emissioni obbligazionarie in dollari USA di Banca Intesa Sanpaolo
L’11 ottobre Banca Intesa Sanpaolo ha emesso tre nuovi bond in valuta estera, in dollari USA per l’esattezza, rivolti ai piccoli investitori. Il taglio minimo di sottoscrizione di ognuno di essi, infatti, è fissato in 2.000 $, che equivalgono a circa 1.846 € al cambio attuale.
Sono titoli senior unsecured, cioè obbligazioni ordinarie e non subordinate prive di una garanzia reale sottostante. La loro forza, quindi, sta nella solidità e capacità della banca di onorare il debito nel tempo, sia sul fronte degli interessi, le cedole, che del rimborso integrale del capitale a scadenza.
Al riguardo, il rating emittente di Banca Intesa è oggi pari a BBB per Fitch e per S&P, e di Baa1 per Moody’s.
Le tre obbligazioni hanno scadenze differenti, a 6, a 8 e 10 anni, e sono direttamente negoziabili sul mercato MOT (Mercato Obbligazionario Telematico) e all’EuroTLX di Borsa Italiana. Concentriamoci sul titolo più lungo, il decennale, e presentiamone la struttura dei rendimenti, i potenziali rischi e i benefici.
L’obbligazione in dollari USA con durata a 10 anni
Molte delle caratteristiche del titolo sono state già anticipate. Il bond a 10 anni denominato in $ USA ha codice ISIN XS2918234084, un taglio minimo di 2.000 $ e data scadenza 11 ottobre 2034. La struttura dei rendimenti prescelta dall’emittente è di tipo step-down, cioè tassi fissi e decrescenti nel corso del tempo.
Nello specifico vale quanto segue:
- 9% lordo (6,66% netto) per il 1° e 2° anno di vita del bond;
- 5% lordo (3,70% netto) per il 3° e 4° anno di vita dell’obbligazione;
- 3,5% lordo (2,59% netto) per ognuno degli ultimi 6 anni di vita del titolo, cioè dall’11 ottobre del 2028 incluso fino all’11 ottobre del 2034 escluso.
Facendo una media ponderata dei tassi offerti dall’inizio alla fine, sui 10 anni complessivi, si ottiene una cedola annua teorica del 4,90%, il 3,626% al netto della ritenuta del 26%. La periodicità della cedola, invece, è trimestrale.
Il rimborso finale è previsto solo a scadenza e avverrà alla pari, sempre in $ USA, e di importo uguale a quello del debito nominale sottoscritto.
Nulla vieta, ovviamente, di uscire dal bond anzitempo e/o di comprarlo in tempi diversi da quello del lancio iniziale, ai prezzi di mercato al tempo della compravendita.
Il nuovo bond a 10 anni in dollari di Intesa Sanpaolo parte dal 9% e decresce poi: quanto rende?
Dunque, si parte da cedole molto alte nei primi anni per poi scendere, in linea con le attese sul futuro rientro del costo del denaro. Tale esercizio di previsione può dirsi relativamente fattibile nel breve-medio termine, sia pure con mille accortezze, mentre le incertezze aumentano spostandosi troppo in avanti.
Tuttavia, il vero ago della bilancia di un qualunque investimento in valuta, bond inclusi, sovereign o corporate che siano, sta nel rischio di cambio. Quale sarà l’effettivo cross €/$ tra 3 o tra 6 o 10 anni? La vera partita si gioca qui.
Nello specifico di questo bond, se nel tempo e/o a scadenza il $ s’apprezzasse contro l’€ (e di quanto? Di poco o di molto?), l’investitore sommerebbe extra guadagni in valuta al flusso cedolare già noto a priori. In caso contrario, le cedole servirebbero a coprire le perdite da cambio, in tutto o in parte a seconda dei casi.
Nei casi estremi, il rendimento potrebbe anche diventare negativo.
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