Trump chiama Putin e propone un piano di pace, a quale prezzo? Un conto salato da 3.000 miliardi di dollari potrebbe essere presentato ai Paesi europei in cambio della fine del conflitto.
Il piano di pace di Trump per finire la guerra in Ucraina ha scatenato aspre critiche in Europa. Ma la tensione potrebbe salire ancora di più se le stime economiche diffuse da Bloomberg dovrebbero essere confermate.
3.100 miliardi di dollari sarebbe infatti il conto, salato, che i Paesi europei si ritroverebbero a sborsare per accompagnare l’alleato ucraino verso la normalizzazione post-conflitto. La cifra astronomica si prevede sarà necessaria per mettere in pratica un accordo che metta fine al conflitto e riporti la stabilità nel prossimo decennio (secondo il progetto del tycoon).
Al netto delle valutazioni strettamente politiche sul metodo e sul contenuto della pace voluta da Trump, la beffa per l’UE è l’inquilino della Casa Bianca starebbe cercando di spostare la maggior parte di quell’onere finanziario proprio sui 27 membri dell’Unione, da sempre additati di non fare abbastanza sul fronte finanziario per la difesa.
Il tycoon ha già iniziato a inviare messaggi chiari ai leader europei circa gli obblighi che dovranno assumersi se vorranno garantire la pace in Ucraina. Dopo la comunicazione con il presidente russo Vladimir Putin e l’inizio dei colloqui di pace - con condizioni discutibili per l’Ucraina finora poco chiamata in causa da Trump - il Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha spiegato agli alleati europei che la responsabilità primaria del finanziamento dell’accordo dovrebbe ricadere su di loro.
L’UE sarà costretta a pagare un conto da 3.000 miliardi di dollari? Ecco perché i conti sono così elevati nelle stime di Bloomberg Economics.
Quanto costerà la pace in Ucraina di Trump? La cifra record che pesa sull’UE
Bloomberg Economics ha esaminato i costi per il sostegno all’Ucraina in caso di cessato conflitto come immaginato da Trump e nelle fasi di ricostruzione. Dal rifacimento strutturale di un Paese distrutto alla necessità di rafforzare la difesa della nazione devastata dalla guerra, nonché del potenziamento della forza militare dei Paesi europei come deterrente all’aggressione russa, il conto è salato.
Ricostruire l’esercito ucraino potrebbe costare circa 175 miliardi di dollari in 10 anni, a seconda dello stato delle sue forze al momento del raggiungimento di un accordo di pace e delle aree che dovranno essere difese.
Una forza di mantenimento della pace composta da 40.000 uomini costerebbe circa 30 miliardi di dollari nello stesso periodo di tempo, anche se Zelensky sostiene che sarebbero necessarie molte più truppe.
Secondo recenti discussioni tenutesi presso la sede della NATO a Bruxelles, la maggior parte del denaro verrebbe destinata al rafforzamento delle forze armate dei Paesi dell’UE e all’aumento del loro bilancio complessivo per la difesa a circa il 3,5% del PIL.
I finanziamenti aggiuntivi coprirebbero l’artiglieria, la difesa aerea e i sistemi missilistici. Ciò rafforzerebbe i confini orientali dell’UE, preparerebbe gli eserciti dell’UE per un rapido spiegamento e porterebbe a un’enorme spinta nell’industria della difesa europea.
Secondo Bloomberg Economics, se queste ingenti spese fossero finanziate mediante l’emissione di debito, aumenterebbero il fabbisogno di prestiti dei cinque maggiori membri europei della NATO di altri 2.700 miliardi di dollari nel prossimo decennio.
In sostanza, i funzionari europei si aspettano che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump chieda all’Europa di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina e di inviare truppe per il mantenimento della pace senza il coinvolgimento degli Stati Uniti.
Il Telegraph ha precedentemente riferito che uno dei piani di pace proposti da Trump prevede proprio l’invito alle forze britanniche e di altri Paesi europei di creare una zona cuscinetto lungo la linea del fronte.
Per mobilitare risorse su così vasta scala, i governi europei dovranno riconsiderare radicalmente le priorità dei loro bilanci, collaborare con gli esperti per riprogettare le loro industrie della difesa e concordare un’emissione congiunta di debito.
Tutte sfide di difficile gestione in un contesto come quello attuale in cui il nazionalismo e la frammentazione stanno prendendo il sopravvento sullo spirito comunitario e collaborativo che imporrebbe l’appartenenza all’Unione.
Non solo. Mai come adesso i Paesi dell’UE si trovano ad affrontare incertezza e debolezza economica che lasciano poca manovra nella gestione finanziaria.
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