L’indipendenza energetica americana poteva essere raggiunta grazie all’enorme giacimento di gas naturale di Wyalusing, al centro del Marcellus Shale.
Wyalusing, cittadina della Bradford County in Pennsylvania, poteva diventare famosa - e benedetta - in Europa, in questi tempi di acutissimo bisogno di energia fossile. Wyalusing è al centro del Marcellus Shale, l’enorme giacimento di gas naturale che da anni è tra i protagonisti della indipendenza energetica americana, ottenuta soprattutto grazie all’estrazione con la tecnica del fracking.
In questa area, nel 2018, una sussidiaria del colosso New Fortress Energy Group aveva deciso di investire 800 milioni di dollari per costruire un impianto per la purificazione e la trasformazione in gas liquefatto (LNG) dei milioni di galloni di gas naturale estraibili dal Marcellus Shale. Dal nuovo stabilimento, che avrebbe creato centinaia di posti di lavoro a regime, il gas sarebbe stato trasportato per ferrovia, o su strada, lungo circa 280 chilometri fino al terminal sull’oceano che la New Fortress aveva progettato di costruire a Gibbstowne, nel New Jersey, vicino a Filadelfia. Da questo porto sull’Atlantico, il gas naturale LNG sarebbe partito per raggiungere la clientela, soprattutto quella europea che ne ha estremo bisogno dopo il taglio dei rifornimenti russi.
Ma il binomio Wyalusing-Gibbstowne ha perso il treno per la celebrità. E pensare che quando il piano era stato avviato, la New Fortress aveva fissato proprio per la prima metà del 2022 l’inizio delle operazioni di export: nulla faceva presagire, allora, che con l’invasione dell’Ucraina il gas LNG della Pennsylvania sarebbe caduto veramente a fagiuolo.
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Che cosa ha invece causato, ora, l’accantonamento delle attività della New Fortress? In una parola, Biden. Ma anche la lobby ambientalista con la quale il presidente è in perfetta sintonia ha giocato il suo ruolo di fiancheggiamento. È il governo Democratico che ha deciso lo stop del ricorso all’energia fossile fin da quando, nel primo giorno alla Casa Bianca, Biden firmò l’atto esecutivo, concreto nella fattispecie ma insieme simbolico per il messaggio all’industria petrolifera, del blocco dei lavori di costruzione della Keystone Pipeline. Quell’oleodotto era stato approvato sotto Donald Trump e, quando completato, avrebbe fatto arrivare negli Usa, e da lì ovunque fosse poi servito, il petrolio canadese.
Ora che Putin ha fatto precipitare la crisi energetica si sente dire, dagli alleati di Biden, che anche se l’amministrazione Democratica avesse fatto andare avanti la Keystone Pipeline, il progetto avrebbe richiesto tanti anni e adesso non sarebbe ancora in funzione. La realtà è un’altra. Senza le lungaggini burocratiche, politiche e giudiziarie degli anni dell’amministrazione Obama, gli Usa avrebbero oggi anche questa infrastruttura energetica canadese-americana a disposizione, valida economicamente e “anti Putin”, il cui progetto era iniziato nel 2010.
Il caso Wyalusing-Gibbstowne, oggi, aggiunge un altro episodio di mancato successo per gli Usa, ed espone l’ipocrisia e l’imbarazzo dell’amministrazione federale attuale. L’ostilità al fossile di tre organizzazioni ambientaliste locali ha boicottato infatti l’iniziativa della New Fortress a colpi di cause legali e la corporation petrolifera alla fine ha dovuto alzare bandiera bianca. PennFuture, Clean Air Council e Sierra Club avevano aperto tempo fa una vertenza giudiziaria, in nome dell’ambiente, per bloccare il progetto. E il mese scorso la filiale del colosso ha accettato di interrompere la costruzione e ha fatto così scadere il permesso federale, che aveva ottenuto sotto Trump, di trasportare il gas naturale su rotaia.
I gruppi ambientalisti avevano sollevato preoccupazione per l’inquinamento dell’aria e dell’acqua vicino all’impianto previsto a Wyalusing, e per il rischio di catastrofe durante il trasporto, in superficie, fino al New Jersey. Il paradosso è che non ci sono dubbi sul fatto che un oleodotto, ben costruito con i crismi della sicurezza ora tecnologicamente elevatissimi negli Stati Uniti, darebbe le massime garanzie di un trasporto di LNG efficiente e proficuo.
Ma Biden ha il potere di impedire la costruzione degli oleodotti, sulla scia della sua cancellazione definitiva della Keystone Pipeline, che era stata già paralizzata da Obama nel 2015.
In questo clima politico anti oleodotti la New Fortress aveva ripiegato sulla richiesta di un permesso per il trasporto del gas naturale via ferrovia: il permesso era più veloce da ottenere, e Trump lo concesse con un ordine esecutivo del 2017. Con l’avvento di Biden, il vento dei regolamenti è però girato di 180 gradi contro l’industria del fossile, come abbiamo visto a Wyalusing.
Per un tragico scherzo della storia, però, ciò ha incastrato Biden in una posizione impossibile. Il presidente continua a battersi contro gas naturale e petrolio, ma implora arabi, Iran e dittatori vari a produrre fuori America quell’energia che avrebbe a casa sua in abbondanza. Mentre assiste all’impennata del prezzo della benzina, e sa bene che questo trend tiene il suo rating da presidente sotto il 40% e azzera le possibilità del suo partito di mantenere il controllo alla Camera (e forse pure al Senato), la Casa Bianca si augura che le bistrattate corporation Usa incrementino la produzione. Ossia che facciano l’opposto della politica, anzi chiamiamola religione, che lui e tutto il suo partito propugnano ufficialmente.
Un altro esempio di auto castrazione energetica, forse il più clamoroso, è lo Stato di New York. Il nuovo governatore (Kathy Hochul) ha confermato la decisione del suo predecessore (Andrew Cuomo) di bandire interamente la tecnica del fracking sul territorio statale. Eppure parte dello Stato di New York giace sulla stessa Marcellus Shale che ha fatto ricca la Pennsylvania da anni: nel settore energetico di questo Stato confinante con New York lavorano 500mila addetti, e l’industria contribuisce 78 miliardi all’economia locale (anche senza Wyalusing…).
David Callahan, presidente della Marcellus Shale Coalition, ha criticato gli intoppi dei gruppi ambientalisti: “Ostacoli normativi inutili e azioni legali frivole ostacolano l’accesso dei consumatori al gas naturale pulito e conveniente. La necessità mondiale di esportazioni di gas naturale degli Stati Uniti non è mai stata così cruciale”.
L’America, insomma, è divisa in due sulle prospettive energetiche, ma se la cava. Spiace per l’Europa, che potrebbe avere più gas naturale dagli alleati Stati Uniti in un futuro non lontano, e invece rischia di stare al freddo d’inverno e al caldo d’estate per le politiche dei verdi americani che aiutano Putin.
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