L’India acquisterà ancor più petrolio dalla Russia: non avendo New Delhi aderito alle sanzioni, le compagnie indiane stanno facendo affari d’oro esportando poi i prodotti raffinati in Occidente.
L’India a breve aumenterà in maniera “significativa” le importazioni di petrolio dalla Russia. Questo è l’annuncio dato dalla compagnia petrolifera russa Rosneft dopo la firma del nuovo accordo siglato con la Indian Oil Company.
Soltanto nella giornata di ieri il vice primo ministro russo Alexander Novak ha dato notizia di come la Russia nel 2022 abbia aumentato di 22 volte le forniture di petrolio all’India che, come la maggior parte degli stati asiatici, non ha aderito alle sanzioni contro Mosca a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
L’India che è il terzo importatore di petrolio al mondo, negli ultimi due anni è passata dall’1 al 35% del proprio fabbisogno di petrolio soddisfatto da forniture provenienti dalla Russia, con la quota destinata ora ad aumentare ulteriormente.
Una sorta di schiaffo all’Occidente che ha scelto la strada delle dure sanzioni contro Mosca per cercare di mettere in ginocchio economicamente il Paese reo di aver mosso guerra all’Ucraina, con la Russia che ha sopperito all’embargo occidentale vendendo a prezzo di saldo petrolio e gas soprattutto a Cina e India.
Per New Delhi si tratta di una sorta di doppio affare: oltre ad acquistare petrolio a minor prezzo, le aziende indiane stanno facendo registrare dei profitti ragguardevoli rivendendo poi in Occidente i prodotti raffinati.
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L’India e il petrolio dalla Russia
L’India da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, pur mantenendo dei buoni rapporti con l’Occidente vedi la recente visita di Giorgia Meloni al premier indiano Narendra Modi, mai ha condannato apertamente l’invasione da parte della Russia.
Lo scorso febbraio in sede Onu l’India - insieme alla Cina - è stato uno dei Paesi che si è astenuto in merito a una risoluzione che chiedeva il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina.
New Del inoltre è una delle colonne del BRICS - acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - che istituendo la Nuova Banca di Sviluppo ha dato vita a una realtà finanziaria che in qualche modo si pone in alternativa al modello occidentale.
Non bisogna dimenticare poi che l’India è una potenza nucleare, con buona parte dell’uranio utilizzato che viene sempre dalla Russia; tra i due Paesi infine c’è una amicizia di lunga data risalente ai tempi dell’Urss e della Guerra Fredda.
L’accordo sul petrolio si iscrive così in uno scenario ben definito per la felicità sia di Mosca sia di New Delhi. I primi infatti aumenteranno i volumi di esportazione compensando così in parte l’embargo dell’Europa, mentre i secondi faranno spesa a prezzo di saldo.
L’India è un esportatore netto dei prodotti derivanti dal petrolio - prima voce di entrata a livello commerciale - con questo settore che stando a quanto riporta l’Ispi “da aprile 2022 a gennaio 2023 ha fruttato 78,6 miliardi di dollari (+55% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) e i volumi di produzione delle raffinerie hanno toccato valori record lo scorso mese”.
Paradossi delle sanzioni che essendo non applicate da tutti e facilmente aggirabili, spesso finiscono per colpire più i sanzionatori - o alcuni di essi visto che anche gli Usa stanno facendo affari d’oro a differenza dell’Europa - che il sanzionato.
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