L’interruzione dell’usucapione è sottoposta a precise regole dettate dalla legge: vediamo cosa serve per interrompere il possesso valido ad usucapionem ed entro quali termini.
Poniamo il caso che vi imbattiate, passeggiando in paese, in una villa apparentemente abbandonata.
Vi informate dagli abitanti del luogo venendo a conoscenza del fatto che il fabbricato in parola è disabitato da decenni e non se ne conoscono gli attuali proprietari.
Senza farvi troppe domande e nella convinzione di trovarvi di fronte a un immobile abbandonato, decidete di prendere in mano la situazione, occupandovi della sua manutenzione.
Ne assumete, quindi, il possesso e avviate i necessari lavori di ristrutturazione, anche di tipo straordinario e strutturale (impianti, fognature, pareti, ecc.), recintate il giardino e ne chiudete l’accesso al pubblico, riservandovi il diritto esclusivo di utilizzare l’immobile.
Il tutto, in maniera pacifica e pubblica; senza nulla nascondere, quindi, né al vicinato né al legittimo proprietario.
Sulla base di queste premesse, decorsi 20 anni di possesso continuato, esercitato con le modalità tipiche del diritto di proprietà, e senza che nessuno abbia mai contestato il vostro operato, potreste avere diritto di far accertare, a vostro favore, la proprietà del bene immobile per intervenuta usucapione.
Ma cosa accadrebbe se, ad esempio, vi fosse impedito l’accesso al fabbricato da un evento naturale e ne perdiate, di conseguenza, il possesso prima del decorso del tempo necessario a usucapire?
E cosa potrebbe fare il legittimo proprietario del bene, qualora dovesse accorgersi della vostra presenza e volesse riaffermare il proprio diritto?
Ebbene, si parla, in questi casi, di interruzione dell’usucapione: vediamo meglio di che si tratta, cosa serve e quali sono i termini per poterla attuare.
Guida all’interruzione dell’usucapione
L’interruzione dell’usucapione
L’istituto dell’interruzione dell’usucapione comprende quegli eventi che impediscono al possessore di far maturare il tempo utile per usucapire un bene immobile.
È quindi necessario che tali eventi intervengano entro i termini previsti per l’usucapione, che variano a seconda della tipologia di usucapione considerata.
L’interruzione dell’usucapione dovrà quindi avvenire, per l’usucapione ordinaria, prima del decorso del termine di 20 anni previsto dall’art. 1158, c.c., nel caso di usucapione speciale per i terreni agricoli, entro il termine di 15 anni dall’inizio del possesso o entro il più breve termine di 5 anni, qualora si tratti dell’usucapione speciale abbreviata prevista dall’art. 1159 bis, c.c.
Bisogna tuttavia distinguere tra due diverse tipologie di interruzione:
- l’interruzione naturale (art. 1167, c.c.);
- l’interruzione civile (artt. 1165 e 2943, c.c.).
L’interruzione naturale
L’interruzione naturale dell’usucapione si verifica quando una causa esterna impedisce materialmente l’esercizio del possesso da parte del possessore.
Ciò accade, ad esempio, quando un evento naturale (o anche un’azione materiale compiuta dal formale titolare del bene oppure da un terzo) impedisce l’accesso e l’utilizzo dell’immobile da parte dell’attuale possessore.
L’art. 1167 del Codice civile prevede, al riguardo, che: “l’usucapione è interrotta quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno”.
Tale forma di interruzione ricorre, quindi, quando un fatto materiale fa sì che il bene venga sottratto, in concreto, al suo possessore per oltre un anno.
In particolare, secondo la Cassazione, l’interruzione naturale dell’usucapione si verifica ogni qual volta il possessore venga posto nell’obiettiva impossibilità di continuare ad esercitare il possesso, sia per fatto del terzo, che per eventi naturali (Cass. civ. n. 1025/1976).
Tornando all’esempio della villa abbandonata, quindi, se a causa del cedimento della strada doveste perdere la possibilità di usufruire materialmente del bene per un periodo di tempo non inferiore a un anno, sarete costretti a far decorrere un nuovo periodo di possesso continuato (per 20, 15, 10 o 5 anni, a seconda dei casi), dal momento in cui riprendete possesso de bene, per maturare il diritto all’usucapione.
Esiste tuttavia la possibilità, per chi ha perduto in questo modo il possesso, di evitare comunque l’interruzione dell’usucapione: secondo lo stesso articolo 1167, l’interruzione si considera come non avvenuta se il possessore si riappropria del bene prima del decorso dell’anno oppure, se entro lo stesso termine, avvia un’azione diretta a recuperare il possesso (azione di reintegrazione).
L’interruzione civile
Come anticipato, esiste un’altra modalità di interruzione dell’usucapione: l’interruzione cosiddetta «civile», la quale può aversi in due casi:
- per atto interruttivo del legittimo proprietario;
- per riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore.
Quanto alla prima ipotesi, essa si verifica quando non è un evento materiale a impedire il possesso, ma una chiara manifestazione di volontà del legittimo proprietario di esercitare il proprio diritto, affermandosi, appunto, titolare del bene.
Tale tipologia di interruzione si desume dall’art. 1165 del Codice civile, secondo cui all’usucapione si applicano le disposizioni generali sulla prescrizione e quelle relative alle cause di sospensione e d’interruzione.
Il formale titolare che voglia riappropriarsi del bene affermando la sua qualità di proprietario, deve, prima della scadenza del termine utile ad usucapire (quindi prima del decorso dei 20, 15, 10 o 5 anni), realizzare un atto interruttivo della prescrizione.
Ma cosa si intende per “atto interruttivo della prescrizione”?
Significa che il proprietario deve presentare una domanda giudiziale; deve, cioè, agire in giudizio per riappropriarsi del possesso del bene o per rivendicarne il diritto di proprietà.
In particolare, secondo l’art. 2943, c.c., l’interruzione della prescrizione si realizza in due modi:
- con la notificazione dell’atto che dà avvio al giudizio;
- con la presentazione della domanda in corso di causa (in caso di giudizio già avviato).
Basterà, pertanto, al legittimo proprietario notificare un atto di citazione contro il possessore del bene per interrompere la decorrenza del termine valido ad usucapire.
Non è invece sufficiente limitarsi a inviare una diffida o una lettera di messa in mora tramite posta raccomandata: secondo la Cassazione, infatti, gli atti di diffida e di messa in mora sono idonei a interrompere la prescrizione dei diritti di obbligazione (un diritto di credito, per esempio), ma non anche il termine per usucapire, potendosi esercitare il possesso anche in aperto e dichiarato contrasto con la volontà del titolare del diritto reale (Cass. civ. n. 15927/2016).
Quanto alla seconda ipotesi (interruzione per riconoscimento del diritto altrui), l’art. 2944, c.c. prevede che “la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”.
In altre parole, se è lo stesso possessore a riconoscere il diritto di proprietà del legittimo titolare, il termine per usucapire si interromperà dal quel momento, costringendolo ad attendere nuovamente l’intero decorso del tempo previsto dalla legge ai fini dell’usucapione.
Deve tuttavia trattarsi, sempre secondo la Cassazione, dell’espressione di una volontà non equivoca di attribuire il diritto al suo titolare, non essendo sufficiente che il possessore dichiari la semplice consapevolezza che il diritto, da lui esercitato come proprio, spetti in realtà ad altri (Cass. civ. ord. n. 27170/2018).
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