Tutti contro l’Italia, considerata nuovamente l’anello debole europeo per colpa del suo alto debito e di un deficit in aumento. In un contesto di alti tassi e obbligazioni in svendita, cosa accadrà?
Italia potrebbe pagare più degli altri questo clima teso a livello finanziario che ha visto i rendimenti obbligazionari schizzare alle stelle.
Il motivo è noto: l’alto debito nazionale che stenta a ridursi in modo significativo, con un’ombra che si è diffusa sul futuro del Paese dopo la presentazione della Nadef con la previsione di un deficit in aumento.
Da sempre la fiducia nella razionalizzazione dei conti pubblici italiani oscilla e oggi c’è incertezza più che mai visto il quadro globale così precario. Con le banche centrali aggressive sui tassi, l’inflazione che non scende abbastanza, l’allarme prezzi energetici in agguato e una spesa pubblica lievitata con la pandemia, nessuna nazione, nemmeno l’austera Germania, convince. Ma il focus sull’Italia è di certo il più pessimistico.
Le agenzie di rating, prossime all’aggiornamento del loro giudizio sull’Italia, hanno espresso perplessità mentre i media internazionali sono tornati a raccontare di un’Italia nella trappola del debito. Il Paese, con uno spread Btp-Bund di nuovo oltre i 200 punti, è davvero allo sbando?
I conti pubblici italiani in osservazione
L’Italia prevede di avere un deficit del 5,3% quest’anno e del 4,3% nel 2024 e questi numeri, che superano ancora la soglia del 3% prevista dal Patto di Stabilità Ue, ora sospeso e in discussione per importanti modifiche.
L’Economist è andato subito all’attacco. La spesa italiana, ha scritto in una analisi, rappresenta un problema particolare a causa della sua lenta crescita che quest’anno dovrebbe essere inferiore all’1%, e del suo enorme onere debitorio: il debito pubblico netto nel 2022 era pari al 144% del Pil. “Se ha un deficit troppo ampio, o si trova ad affrontare un tasso di interesse troppo alto, il debito diventerà ingestibile.”
Gli investitori sono ben in sintonia con questi rischi, motivo per cui ottengono un premio per i prestiti all’Italia, rispetto ai prestiti alla Germania. Quando il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha rivelato i suoi piani di bilancio il 27 settembre, il differenziale di rendimento è debitamente aumentato. A meno che non limiti la spesa, la Meloni sembra destinata a entrare in rotta di collisione con la Commissione europea, la banca centrale e gli investitori, secondo gli analisti.
D’altronde, ricorda l’Economist, aspettarsi che l’Italia raggiunga l’obiettivo del rapporto debito/Pil del 60% in un determinato numero di anni, come fanno, è ridicolo. Anche se la Commissione europea spera di rivedere tali regole, i Paesi del Nord sono restii a cedere molto terreno. Il risultato è lo stallo.
Anche se fossero in vigore regolamenti migliori, farli rispettare sarebbe comunque difficile. L’esperienza passata suggerisce che i governi nazionali raramente scelgono di seguire le regole stabilite a Bruxelles e di tagliare la spesa interna, perché ciò rischia di infastidire gli elettori. E con le elezioni europee alle porte, la campagna elettorale, in realtà, è già iniziata.
Attenzione, poi, alla Bce che deciderà presto come ridurre le sue partecipazioni nei debiti sovrani, il che potrebbe diminuire ulteriormente la domanda di titoli italiani. E questo sarà un aggravante alla già precaria situazione del debito nazionale. Chi lo comprerà?
C’è attesa per le agenzie di rating: Italia verso il downgrade?
Prima che Scope valuti il rating dell’Italia a dicembre, il Paese affronterà il controllo di diverse agenzie più grandi.
Da metà ottobre a metà novembre, S&P Global, DBRS, Fitch e Moody’s hanno tutti la terza economia della zona euro sotto esame in quelli che secondo gli analisti saranno test chiave per la stabilità dei rendimenti obbligazionari italiani.
Il mese scorso il Tesoro italiano ha aumentato la sua stima per l’emissione di debito quest’anno a causa del peggioramento delle finanze statali e dei ritardi nei trasferimenti da parte dell’Unione Europea, l’unico grande paese della zona euro a farlo.
Scope ha inoltre evidenziato il rischio che la Bce acceleri la fine degli acquisti di obbligazioni nell’ambito del suo Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), che finora si prevede continuerà almeno fino alla fine del prossimo anno.
Una chiusura anticipata del programma significherebbe che Roma dovrebbe trovare acquirenti alternativi per circa 50 miliardi di euro di titoli, circa il 10% del suo fabbisogno finanziario lordo stimato nel 2025, secondo i calcoli di Scope.
Una situazione complessa quella dell’Italia, che lo stesso ministro Giorgetti ha sottolineato. La credibilità sul debito si rafforzerà?
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