Hezbollah ha inserito l’Italia nella “nella coalizione del male” dopo l’invio della fregata Virginio Fasan nel Mar Rosso: cosa significa questa minaccia e quali rischi corriamo.
Anche l’Italia è finita nel mirino di Hezbollah, la milizia sciita libanese che da quando è scoppiata la guerra tra Israele e Hamas ha ripreso a scontrarsi con le truppe dello Stato ebraico lungo il confine che divide i due Paesi.
Proprio durante i funerali di alcuni combattenti morti durante gli scontri con l’esercito israeliano, il numero due di Hezbollah Naim Qassem ha lanciato la sua minaccia ad alcuni Paesi occidentali tra cui anche l’Italia.
“È necessario - ha dichiarato il leader Hezbollah - far fronte comune contro la coalizione del male di Usa, Israele, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania, con la coalizione del bene delle forze della resistenza anti-israeliana in Palestina, Libano, Iran, Yemen e Iraq”.
Il riferimento è all’operazione Prosperity Guardian guidata dagli Stati Uniti, con gli Usa che hanno messo insieme una coalizione per cercare di fermare gli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi alle navi commerciali nel Mar Rosso.
Anche l’Italia infatti ha dato la sua disponibilità a far parte dell’operazione voluta da Washington dopo che diverse compagnie hanno deciso di evitare il canale di Suez e tornare a circumnavigare l’Africa, con un forte impatto a livello commerciale in termini di tempi e costi.
Il nostro Paese così ha deciso di anticipare l’invio nel mar Rosso della fregata Virginio Fasan, in teoria previsto per il prossimo febbraio, il tutto per rafforzare la missione europea anti-pirateria che opera nell’area.
Questa decisione però non sembrerebbe essere piaciuta a Hezbollah, con il Partito di Dio che è un alleato dei ribelli yemeniti Houthi al pari dell’Iran, il tutto mentre anche a Teheran c’è grande fermento dopo l’uccisione del generale da parte di Israele.
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Naim Qassem nel suo discorso ha evocato una sorta di coalizione del “bene” - Palestina, Libano, Iran, Yemen e Iraq - che si dovrebbe opporre alla coalizione del “male” formata da Usa, Israele, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania.
Hezbollah è un gruppo armato molto più potente militarmente parlando rispetto ad Hamas. La milizia sciita libanese infatti può contare su circa 100.000 combattenti e, secondo El Pais, dispone di “diverse centinaia di missili ad alta precisione, circa 5.000 missili con una gittata superiore ai 200 chilometri (con il Fateh-110 in grado di raggiungere i 300 chilometri), circa 65.000 razzi con una gittata fino a 45 chilometri e missili con una gittata inferiore ai 200 chilometri, e circa 2.000 droni”.
La vera forza di Hezbollah però sono i 150.000 missili Fateh-110 che sono puntati su Israele, considerati come una sorta di assicurazione per l’Iran contro ogni possibile attacco da parte di Tel Aviv.
Se al momento la guerra è contro Hamas, gli israeliani sono ben consapevoli che non saranno mai veramente al sicuro fino a quando Hezbollah continuerà a tenere i suoi missili puntati sullo Stato ebraico. Al tempo stesso, finora il Partito di Dio si è guardato bene dal dichiarare guerra a Israele limitandosi a qualche scontro di frontiera.
Il paradosso è che a questo punto potrebbe essere Israele, dopo aver debellato Hamas, ad attaccare Hezbollah dando il via a una guerra regionale che inevitabilmente andrebbe a coinvolgere anche Iran e Stati Uniti.
Quanto all’Italia, la missione nel Mar Rosso di certo non è esente da pericoli, tanto che l’Arabia Saudita - da anni in guerra con i ribelli yemeniti - si è sfilata da questa operazione parlando di concreti rischi di escalation.
Il Medio Oriente ribolle e al momento è difficile decifrare cosa potrà riservarci questo 2024 che, viste le premesse, difficilmente però sarà l’anno della pace.
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