Jennifer Sey racconta di essere stata «punita» per sue posizioni contro il lockdown. Si è dimessa e ha denunciato in un libro le aziende mondiali che sfruttano l’ideologia woke per fare soldi.
«Ho parlato molto apertamente del fatto che i bambini sarebbero stati danneggiati dal lockdown. Non c’erano attività sportive e i campi dove fare sport erano chiusi. Mi è stato detto, senza troppo giri di parole, che avrei dovuto stare zitta. Poi mi è stato comunicato che per me non c’era più spazio in azienda».
Messa alla porta per le sue posizioni divergenti sul lockdown e per aver avuto il coraggio di criticare le misure adottate per la gestione pandemica. È la storia di Jennifer Sey, già campionessa di ginnastica, per sette volte scelta per far parte della nazionale del suo Paese. A seguito di un infortunio, è diventata una manager di successo, fino al ruolo di brand president per Levi’s.
Una storia di successo che, come raccontato dalla donna sulle pagine de La Verità, si è interrotta, scontrandosi con la censura della multinazionale per cui ha lavorato per 23 anni. Nonostante fosse molto apprezzata in azienda, Jennifer si è macchiata di una colpa imperdonabile durante la pandemia: ha osato esprimere il proprio dissenso in merito alle restrizioni pandemiche. Ed è stata punita, finendo per essere messa alla porta. [...]
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