Il premier Johnson ha fatto il punto sul Regno Unito: l’epidemia è stata un vero disastro in termini di crisi sanitaria ed economica. Per rilanciare il Paese la promessa è un New Deal, sulle orme di Roosvelt.
Il coronavirus è stato un disastro nel Regno Unito: ad ammetterlo è lo stesso premier Johnson.
La ricetta per sollevare il Paese, colpito duramente a livello sanitario ed economico, non può prevedere austerità. Al contrario, servirà una spinta imponente alla spesa pubblica, per favorire investimenti e sostenere aziende e famiglie.
Come? Johnson ha un modello da seguire: il “New Deal” di Roosvelt. Il piano di rilancio del Regno Unito dovrà, quindi, essere di grandi dimensioni. Il rischio di un crisi duratura e impattante c’è per la nazione inglese, alle prese anche con il rebus Brexit.
Johnson lancia un “New Deal” per la ripresa
Il primo ministro britannico Boris Johnson ha promesso una spinta “alla Roosvelt” per la spesa pubblica e con lo scopo prioritario di aiutare l’economia del Paese a riprendersi dallo shock del coronavirus.
L’approccio dell’austerità sarebbe un errore secondo il premier, che è intervenuto a Times Radio per illustrare un disegno di rilancio per la nazione.
Johnson ha promesso di raddoppiare i suoi piani per aumentare gli investimenti e ha detto che il suo Governo - che ha già annunciato spese di emergenza e misure fiscali per un valore stimato di 133 miliardi di sterline - continuerà ad aiutare persone e aziende.
Questo il suo annuncio: “È il momento per un approccio rooseveltiano nel Regno Unito”.
Il richiamo diretto è al programma New Deal dell’ex presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, che includeva una serie di progetti di lavori pubblici per la creazione di posti di lavoro, ha aiutato gli Stati Uniti a riprendersi dalla Grande Depressione.
Sullo stesso schema, Johnson ha proposto una piattaforma di grandi investimenti per incoraggiare le aziende a investire in capitale e nella formazione delle competenze. Un piano che promette buoni risultati, visto che quella nazionale è “un’economia molto, molto dinamica e molto produttiva”.
Intanto, l’ufficio del debito della Gran Bretagna ha dichiarato che prevede di vendere un record di 275 miliardi di sterline (340 miliardi di dollari) di debito pubblico tra aprile e agosto per pagare l’enorme risposta alla spesa per la pandemia di coronavirus, più del doppio dell’importo venduto nell’intero precedente anno finanziario.
Il punto sulla crisi in Regno Unito
Sicurezza sanitaria e prosperità economica per il Regno Unito: questi i due obiettivi urgenti richiamati da Johnson.
La situazione, in realtà, non è affatto facile per la nazione. Il premier sta tentanto con difficoltà di far riaccendere l’economia britannica dopo che la pandemia e il blocco economico hanno causato gravi problemi.
La produzione è crollata, le richieste di disoccupazione hanno raddoppiato e hanno lasciato allo Stato il peso di quasi 12 milioni di salari da pagare nel settore privato.
E poi c’è la questione Brexit, ancora da gestire con il pericolo del no deal sempre in agguato.
Johnson, inoltre, è sottoposto a crescenti pressioni da parte della stampa e dell’opposizione laburista per la sua gestione della pandemia, che ha visto il Regno Unito registrare il peggior bilancio delle vittime in Europa.
Il premier ha ribadito che ora non è il tempo di fare processi sulle responsabilità. Le priorità sono economiche e di sicurezza. Il Paese, però, ha tante sfide da affrontare e la guida di Johnson potrebbe non essere adeguata.
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