Libero scambio con altri partner e diversificare le relazioni commerciali: questa la ricetta UE contro la minaccia dazi? Perché Bruxelles punta su questi 5 Paesi (o aree geopolitiche) per salvarsi.
Mentre la guerra commerciale innescata dai dazi di Trump continua, l’Europa cerca di correre ai ripari rispondendo alle barriere con potenziali aperture al libero scambio.
Se è vero, infatti, che nei momenti di crisi si cercano soluzioni per non soccombere e reinventarsi, allora su questa linea sta cercando di muoversi la Commissione Europea. Non solo minacce di dazi contro di ritorsioni contro gli USA, quindi, ma anche una più intensa e solida tessitura di rapporti commerciali con altri partner rientrano nel piano per salvarsi.
Riprendendo una interessante ricostruzione di Politico.eu si può costruire una mappa di 5 Paesi - o aree geografiche - con le quali l’Europa starebbe pianificando intese per consolidare il libero scambio. E dare una spinta al commercio de beni, così vitale per lo sviluppo economico dell’area.
Da evidenziare, per esempio, che l’UE, il più grande mercato unico del mondo che comprende 27 nazioni e 450 milioni di persone, rappresenta circa il 16% del commercio globale e mira a consolidare il suo primato.
1. Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay)
A dicembre scorso, Ursula von der Leyen è volata a Montevideo, in Uruguay, per suggellare l’intesa con i Paesi del Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – con un accordo, la cui costruzione è durata 25 anni e che creerebbe una zona di libero scambio con il coinvolgimento di 700 milioni di persone.
L’intesa è fortemente osteggiata dalla Francia, che teme un eccesso di importazioni a basso costo di pollame e carne bovina dai Paesi americani e, quindi, danni alla produzione dei suoi allevatori. Anche ltri Paesi prevalentemente agricoli hanno mostrato criticità. Gli agricoltori si sono subito messi in posizioni osteggianti, nonostante l’accordo stabilisca quote di importazione ridotte per prodotti come carne bovina, pollame e zucchero. C’è poi la questione della deforestazione, in particolare nel caso del Brasile, dove alcuni temono che le aziende possano tentare di aggirare il Regolamento UE sulla Deforestazione (EUDR).
L’accordo, sfuggito a von der Leyen durante il suo primo mandato, ha segnato però sin da subito un’enorme vittoria geopolitica. I legami tra l’UE e il Mercosur sono infatti stati rafforzati mentre Donald Trump minacciava di scatenare una guerra commerciale globale (come poi è avvenuto).
“Stiamo inviando un messaggio chiaro e forte”, aveva dichiarato von der Leyen nella conferenza stampa congiunta. “In un mondo sempre più conflittuale, dimostriamo che le democrazie possono contare l’una sull’altra. Questo accordo non è solo un’opportunità economica. È una necessità politica”.
La guerra dei dazi effettivamente lanciata da Trump ha oggi ribaltato le sorti del dibattito sul Mercosur, portando alcuni Paesi precedentemente scettici – come l’Austria – a spostarsi verso il campo favorevole all’accordo.
2. Australia
Un altro Paese chiave nella rete di partner commerciali europei è quello australiano. I negoziati tra Australia e UE sono stati avviati nel 2018 e finora si sono svolti in 15 round.
Il raggiungimento di un accordo aumenterebbe il PIL dell’Unione di circa 4 miliardi di euro. L’Unione è il terzo partner commerciale dell’Australia per quanto riguarda i beni, davanti agli Stati Uniti, e il secondo per i servizi. Tuttavia, Bruxelles rimane svantaggiata negli scambi commerciali con l’Australia, poiché concorrenti come Giappone e Regno Unito godono di un accesso preferenziale grazie al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP).
Raggiungere un accordo, quindi, non solo aprirebbe l’accesso al mercato per le esportazioni europee di automobili e macchinari, ma aiuterebbe anche l’UE a ridurre la sua dipendenza dalla Cina per le materie prime essenziali: l’Australia è ricca di giacimenti di minerali come litio e cobalto, nonché di terre rare.
Tuttavia, i negoziati si sono interrotti poco prima del traguardo nell’ottobre 2023. Il contendere verte soprattutto sull’agricoltura. Gli agricoltori australiani, nello specifico, vorrebbero un maggiore accesso al mercato europeo, ma i negoziatori commerciali della Commissione hanno poco margine di manovra con la lobby agricola europea ostile a un libero scambio.
3. India
Von der Leyen è volata in India a febbraio scorso per presentare un accordo di libero scambio che ha definito “il più grande al mondo del genere”. Un’intesa commerciale creerebbe un mercato comune di quasi 2 miliardi di persone, legando l’India più strettamente al suo principale partner commerciale, l’UE.
Con l’India sulla buona strada per diventare la terza economia mondiale entro la fine del decennio, non sorprende che von der Leyen abbia posto la conclusione dell’accordo quest’anno al centro del suo programma.
Tuttavia, l’UE si mantiene cauta. Nel 2013, un accordo è fallito dopo sei anni e 15 cicli di negoziati, a causa della frustrazione europea riguardo all’accesso al mercato in settori che vanno dalle automobili agli alcolici. Nel 2021, i negoziati, a lungo bloccati, sono stati rilanciati in un accordo commerciale in tre parti, nella speranza di risolvere questioni come gli elevati dazi indiani sulle auto importate.
L’uomo di punta del Primo Ministro Narendra Modi nei colloqui, il Ministro del Commercio Piyush Goyal, si è guadagnato la reputazione di negoziatore commerciale più “duro” al mondo. Un’altra questione delicata per Nuova Delhi è la tassa sulle emissioni di carbonio prevista dall’UE, con Goyal che minaccia un’imposta di ritorsione che, a suo dire, suonerebbe “la campana a morto per l’industria manifatturiera in Europa”.
Cosa accadrà? Sia von der Leyen che Modi hanno chiarito di voler concludere l’accordo quest’anno. Tuttavia, con Trump che spinge anche l’India ad aprire il suo mercato, Nuova Delhi cerca relazioni commerciali meno coercitive e più consensuali. Modi vorrà anche mettere Washington e Bruxelles l’una contro l’altra per ottenere l’accordo migliore. Goyal dovrebbe essere a Bruxelles l’1 e il 2 maggio per la sua seconda visita del 2025, prima di un altro round di colloqui formali dal 12 al 16 maggio a Nuova Delhi.
4. Indonesia
L’Indonesia è la più grande economia dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e la quarta nazione più popolosa al mondo. L’UE è il suo quinto partner commerciale, ma l’Indonesia, nonostante le sue dimensioni, non rientra nemmeno tra i primi 30 dell’UE. Questo significa un potenziale inesplorato.
I colloqui dell’ultimo decennio sono stati turbolenti, con controversie che sono ripetutamente finite davanti all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Giacarta sperava di concludere i colloqui prima dell’insediamento del nuovo governo a ottobre, ma si è rivelata un’idea troppo ambiziosa.
L’Unione Europea punta soprattutto il nichel indonesiano per le sue industrie siderurgiche e automobilistiche, ma l’Indonesia ne ha vietato l’esportazione, cosa che l’UE ha contestato con successo presso l’OMC.
Giacarta chiede anche maggiore libertà nell’ambito dell’EUDR, che mira a impedire la bonifica di terreni forestali per la coltivazione, con un conseguente impatto sulla sua industria dell’olio di palma. L’UE non cede, però, su questo punto.
5. Asia sud-orientale (Filippine, Malesia, Thailandia)
L’UE sta anche intensificando gli sforzi per consolidare i legami con le altre nazioni ASEAN, riprendendo i negoziati commerciali in stallo con Malesia, Thailandia e Filippine.
Tutti questi Paesi annoverano l’UE tra i loro principali partner commerciali. Con un mercato di oltre 660 milioni di consumatori, l’ASEAN, composta da 10 nazioni, è il terzo partner commerciale dell’UE al di fuori dell’Europa, dopo Stati Uniti e Cina. Tuttavia, i punti di lontananza non sono pochi.
I disaccordi sull’industria malese dell’olio di palma, la seconda al mondo, hanno portato le due parti a sospendere l’accordo nel 2013. Nel caso delle Filippine, le preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani commesse dal precedente Primo Ministro Rodrigo Duterte e l’ostilità verso l’Occidente hanno posto fine ai colloqui, ripresi nel 2023 dopo le dimissioni di Duterte. Analogamente, un colpo di stato militare in Thailandia nel 2014 ha portato l’UE a sospendere le discussioni.
Intanto, però, il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim ha visitato Bruxelles a gennaio per sollecitare un accordo. L’UE prevede che un primo round di negoziati si svolga prima dell’estate o più avanti nel 2025.
I colloqui per l’accordo di libero scambio (FTA) con Filippine e Thailandia stanno procedendo, con i prossimi round previsti per giugno: Bruxelles ospiterà i colloqui con le Filippine, mentre una delegazione dell’UE si recherà a Bangkok per i negoziati con la Thailandia. Diversi capitoli di ciascun negoziato sono già stati concordati provvisoriamente.
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