La busta paga è un documento contabile di estrema importanza per il lavoratore subordinato. È possibile un importo con segno meno o azzerato? Facciamo chiarezza.
La busta paga, detta anche prospetto paga o cedolino paga, è oggetto di uno dei tuoi fondamentali diritti di lavoratore subordinato e il datore di lavoro è tenuto a consegnartela periodicamente, all’atto del versamento della retribuzione. Si tratta di un documento contabile che, oltre a indicare il tuo nome, cognome e qualifica professionale, includerà il periodo cui la retribuzione si riferisce e tutti gli altri elementi che consentono di determinare lo stipendio lordo e quello netto.
Non dimenticare che nella busta paga trovano spazio altresì trattenute fiscali, dati previdenziali, Tfr, ferie e permessi. Insomma non sono pochi gli elementi che formano questo documento, ma comprenderne il contenuto ti è utile per avere consapevolezza di quali sono le voci che contribuiscono a formare il tuo stipendio. D’altronde, queste ultime identificano di fatto i rapporti intercorrenti tra datore di lavoro, il Fisco, gli enti previdenziali (Inps e Inail) e lo stesso dipendente.
Di seguito intendiamo soffermarci su una questione pratica che potrebbe presentarsi e lasciare sorpreso più di un lavoratore. Ci riferiamo al caso della busta paga con un importo netto da pagare uguale a zero o anche un importo negativo. Proprio così: possono verificarsi ambo le ipotesi.
Ma le domande che il lavoratore può certamente porsi in queste circostanze sono le seguenti: come è possibile ciò? E perché é successo? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.
Busta paga a zero o con segno negativo: perché è importante conoscerne le ragioni? Il contesto di riferimento
Per fare chiarezza sulle questioni pratiche appena esposte, ti ricordiamo che lo stipendio netto è pur sempre il risultato di varie addizioni e sottrazioni, che sono svolte a cominciare dalla retribuzione lorda mensile del lavoratore. Del netto troverai traccia in fondo alla busta paga.
Ebbene, in considerazioni di fatti ed eventi eccezionali, la busta paga con segno meno (o a zero) è possibile se le somme trattenute dal cedolino paga sono maggiori (o uguali) rispetto alle somme assegnate al lavoratore per le sue prestazioni nello stesso mese di competenza.
In altre parole, una busta paga con questi dati riguarda quei casi in cui il lavoratore deve pagare dei soldi all’azienda e il versamento è maggiore del corrispettivo che andrebbe a ricevere come stipendio mensile.
Ovviamente però è tuo diritto non soltanto ricevere la busta paga, ma anche a capire il motivo per cui in un dato mese il documento ’è a zero’, oppure addirittura ha un segno negativo, perché la legge dà al datore di lavoro, come sostituto d’imposta, anche il ruolo di quantificare quante tasse e quanti contributi previdenziali devono essere versati dal dipendente sullo stipendio lordo mensile. E, ovviamente, tu come lavoratore hai diritto a ricevere un compenso per le prestazioni svolte.
Non è però soltanto fare il calcolo, ma anche trattenere effettivamente tasse e contributi per la pensione dalla retribuzione lorda, pagando dunque i vari importi sia alle Entrate che all’istituto di previdenza. Ciò è infatti compito del sostituto d’imposta.
Grazie alla busta paga, come lavoratore subordinato potrai dunque comprendere tutti i passaggi matematici e tutti i conteggi che hanno portato a una certa cifra di stipendio netto, partendo dal lordo. Così potrai renderti conto se i calcoli sono davvero corretti (e in questo potrai farti aiutare da un consulente del lavoro, ad esempio) e se perciò ti è stato assegnato il compenso effettivamente spettante in base al Ccnl di riferimento.
Perché le trattenute previdenziali e fiscali possono azzerare la busta paga?
La prassi dei rapporti di lavoro ci insegna che solitamente il peso delle trattenute è piuttosto consistente, ma comunque tale da garantire una retribuzione netta a titolo di compenso per le tue prestazioni professionali.
Percentuali alla mano, solitamente le trattenute vanno a incidere per circa un terzo sul lordo, tenuto conto che l’Irpef versata dal dipendente parte da una aliquota del 23% (a salire) e la quota di contributi previdenziali è di circa il 9,19% (aliquota della contribuzione a fini pensionistici).
Ebbene, il caso che a noi interessa è quello in cui le trattenute in un determinato mese siano così gravose da azzerare di fatto la busta paga. Perché succede ciò? Ecco alcuni rapidi esempi che ti chiariranno la risposta.
Anzitutto la busta paga azzerata può essere il risultato di un conguaglio fiscale particolarmente sostanzioso. Facciamo riferimento a tutti quei casi in cui la tua azienda si sia accorta di aver trattenuto troppo poco come Irpef dalla tua busta paga e così decide per il conguaglio fiscale, operando una maxi trattenuta sulla busta paga di un certo mese. Per questa via compenserà le mancanze dei mesi passati e regolarizzerà la situazione a livello fiscale.
Analogo meccanismo si applicherà laddove manchino non tasse, ma contributi previdenziali. In queste circostanze, il tuo datore di lavoro potrà certamente operare un maxi conguaglio contributivo, con il risultato della busta paga con un netto a zero.
Danni del lavoratore all’azienda: la trattenuta sulla busta paga come risarcimento?
I casi che qui ci interessano non sono finiti. Esiste infatti anche la trattenuta per danni, che fa riferimento a quelle vicende in cui un lavoratore subordinato si sia dimostrato inadempiente rispetto ai doveri collegati al rapporto di lavoro in essere. E proprio in queste circostanze la busta paga potrà contenere un segno meno.
La questione può rivelarsi molto seria se pensiamo che il datore di lavoro avrà la possibilità di intraprendere un iter disciplinare mirato, che sfocia in una sanzione disciplinare di vario contenuto. E il rischio è anche quello di subire un licenziamento disciplinare.
Ma il punto qui è in realtà un altro. Le negligenze e gli atti lesivi commessi dal lavoratore possono anche produrre un vero e proprio danno economico all’azienda, oltre che generare responsabilità disciplinare. Com’è ovvio, i casi pratici di questo tipo possono essere davvero tanti ma tutti hanno in comune un elemento: il datore di lavoro può scegliere di agire contro il dipendente per conseguire il risarcimento del danno economico, che è risultato dell’inadempimento del lavoratore.
Danni del lavoratore all’azienda e compensazione tra crediti
Per tutelarsi l’azienda potrà versare la busta paga come al solito, optando però al contempo per le vie legali al fine di ottenere il risarcimento danni. Oppure, in alternativa, il datore potrà agire in via diretta sul cedolino del dipendente, attraverso una cd. trattenuta per danni in busta paga. In pratica l’azienda tratterrà una somma equivalente al danno provocato dalla condotta lesiva del lavoratore. Di fatto si tratta di una sorta di «compensazione tra crediti»: da un lato quello del lavoratore alla retribuzione, dall’altro quello del datore di lavoro al risarcimento.
Per ottenerla, occorrerà però la contestazione scritta al lavoratore da parte del datore di lavoro, avente a oggetto il comportamento negligente. E, come chiarito dalla giurisprudenza, il credito dell’azienda deve essere certo, liquido (espresso in un ammontare determinato) ed esigibile (non sottoposto a condizione sospensiva o termini e può essere fatto valere in giudizio per ottenere una sentenza favorevole).
Perciò è proprio in circostanze come queste che il lavoratore potrà trovarsi innanzi a una busta paga anche con il segno meno. In quest’ultima ipotesi, il dipendente negligente dovrà dunque versare dei soldi all’azienda perché il danno provocato è stato così consistente che la trattenuta nella retribuzione non è bastata a compensarlo. Si tratta di un meccanismo di tutela dell’azienda che non si contrappone a quanto previsto dalla legge, ovvero dal Codice Civile, quindi è un diritto del tuo datore di lavoro agire per questa via. In caso di controversia, spetterà ovviamente al magistrato verificare la fondatezza delle relative posizioni e accertare i rispettivi diritti.
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