L’ultima pellicola che vede protagonista il famoso orsacchiotto non sarà proiettata nelle sale ufficialmente per motivi tecnici. Ma la realtà potrebbe essere un’altra.
La Cina è storicamente una nazione che impiega un controllo capillare sui cittadini adottando un’ampia politica di censura. Ne abbiamo avuto prova anche durante le fasi più acute della pandemia da covid-19 quando dal paese asiatico non sono mai arrivati numeri certi sul contagio né tantomeno sull’origine delle stessa.
L’ultima vittima da parte della censura delle autorità è un film che vede protagonista uno dei personaggi Disney più amati al mondo: Winnie The Pooh. La pellicola horror «Winnie the Pooh: blood and honey» diretta dal regista Rhys Frake-Waterfiled pare stia riscontrando diverse difficoltà ad essere proiettata nelle sale cinematografiche di Hong Kong. Ufficialmente per motivi tecnici, ma sono in molti a sospettare che lo stop sia stato dettato da una decisione del governo cinese. Il motivo? l’eccessiva somiglianza con il presidente Xi Jinping.
Non è la prima volta che l’orsacchiotto viene accostato nella forma e movenze al leader cinese. Già in passato ha destato l’attenzione della censura per l’associazione al dissenso verso Xi Jinping. La mancata proiezione potrebbe avere a che fare con una legge varata nel 2021 che vieta la messa in onda di film che incoraggiano attività che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza nazionale.
Il paragone tra Xi Jinping e Winnie The Pooh
Sono anni che il famoso orsacchiotto tanto amato in tutto il mondo trova ostacoli in Cina per via della sua presunta somiglianza con il leader Xi Jinping. La prima volta che ci fu l’accostamento fu il 2013 nel corso della visita del leader cinese negli Stati Uniti da Barack Obama.
C’era un immagine in cui i due leader camminavano fianco a fianco e in molti notarono una certa somiglianza con i personaggi di Winnie the Pooh e di Tigro. L’accostamento fece il giro della rete ma nel corso degli anni ci sono stati altri episodi simili. Come quando nel 2014 Xi strinse la mano al leader giapponese Shinzo Abe. In molti paragonarono quella scena a un’immagine tratta da un cartone animato, in cui Winnie stringeva la zampa all’avvilito asinello Eeyore.
Anche in epoca pandemia il famoso orsacchiotto è stato usato in Cina per criticare le politiche restrittive adottate da Pechino. In un video che fece il giro del web venne ritratta una tazza di cappuccino con in cima un dolce gelatinoso a forma di Winnie The Pooh che dormiva. Con un cucchiaino l’autore del video cercava di svegliarlo ma senza riuscirci man mano con movimenti sempre più energici.
Winnie the Pooh è bannato in Cina dal 2017 e dal 2020 sta cercando di convincere a farlo anche il governo di Hong Kong. Nel 2018 l’emittente televisiva HBO fu addirittura bloccata per un mese dopo la messa in onda di uno sketch in cui il comico britannico John Olivier faceva la parodia del presidente Xi citando anche la somiglianza con l’orsacchiotto della Disney. Il governo cinese lo accusò di violazione dei diritti umani.
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