Attraverso l’accumulo di oro la Cina, e più in generale i Paesi Brcis, starebbero cercando di proseguire nella lenta strada verso la dedollarizzazione.
Se non è una febbre dell’oro, poco ci manca. In Cina, un Paese che da solo rappresenta circa un quinto delle vendite globali del prezioso materiale, sta succedendo qualcosa di singolare. O almeno di inedito rispetto al recente passato.
Già, perché se fino a qualche anno fa erano di solito le persone più anziane ad accaparrarsi l’oro (per lo più donne di mezza età desiderose di acquistare grossi braccialetti o di aggiungere qualcosa ai loro risparmi), oggi i negozi d’oltre Muraglia hanno assistito ad un elevato numero di giovani, spesso ventenni, interessati in «trattative dorate» prima a loro sconosciute o quasi.
Nei giorni scorsi, intanto, il prezzo dell’oro ha superato per la prima volta il livello di 2.300 dollaril’ondia. Il motivo, a detta degli analisti, dipenderebbe da un mix di tre fattori: le questioni geopolitiche, le aspettative di taglio dei tassi d’interesse statunitensi e, appunto, l’accumulo di questo metallo da parte della Cina. [...]
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