Il vento delle crisi aziendali soffia anche su uno storico marchio che opera nel settore automotive in Italia e impiega centinaia di lavoratori, oggi in bilico.
Da colosso leader nella produzione di cerchi in lega per l’automotive ad azienda in crisi: questa la triste svolta di Speedline, appesa al filo dell’amministrazione fiduciaria e della cassa integrazione straordinaria per gli oltre 200 lavoratori.
Lo storico stabilimento nel veneziano ha dichiarato lo stato d’insolvenza il 15 ottobre scorso a fronte di debiti per oltre 20 milioni di euro e ha iniziato il 2025 in amministrazione fiduciaria. Il lavoro non manca nella fabbrica che si è distinta per la competenza e la professionalità nelle componenti di alta gamma per il settore automotive. Ma la produzione va avanti a ranghi ridotti e il futuro rimane incerto.
Un mix di fattori ha innescato la crisi di Speedline. Le negative dinamiche internazionali e geopolitiche - come la transizione green, il calo della domanda auto e il passaggio ai veicoli elettrici, la pandemia, la guerra in Ucraina e la crisi energetica - si sono sommate a una gestione aziendale da più parti considerata scellerata.
Il risultato è un tavolo aperto al Mimit per evitare gli scenari peggiori e la consegna delle sorti attuali dell’azienda a una terna commissariale con il compito di trovare soluzioni sostenibili per la produzione e l’occupazione.
La crisi di Speedline si aggiunge alle difficoltà finanziarie e industriali di diversi brand italiani che fanno fatica a mantenere occupazione e livelli produttivi competitivi.
Da marchio del Made in Italy alla crisi: cosa succede a Speedline?
Tre commissari straordinari, 250 dipendenti, uno stabilimento che funziona ma con capacità ridotta: questa è la realtà attuale di Speedline, storico nome che ha reso esclusiv la produzione di cerchi in lega per automobili di pregio.
Ferrari, Lamborghini, Porsche, Aston Martin, Maserati, Mc Laren sono tra i prestigiosi clienti che l’azienda può ancora vantare. Ma cosa non ha funzionato in Speedline tanto da mandarla in crisi?
Nella ricostruzione della storia aziendale ricomposta dai commissari nominati dal ministero delle Imprese e del Made in Italy emergono alcuni passaggi salienti che hanno impattato negativamente sulla produzione. Le due gestioni Ronal (dal 2007) e Callista (dal 2023) sono finite sotto i riflettori.
Il gruppo svizzero Ronal, dinanzi all’esplosione della crisi finanziaria dei mutui subprime e fino al 2018 ha operato con una progressiva delocalizzazione delle lavorazioni di pregio di Speedline in Italia in altri stabilimenti europei del gruppo. Fino al 2023, poi, ha abbandonato di fatto il progetto “Speedline Futuro”, che aveva lo scopo di investire per rinnovare la produzione.
Quando nel 2021 Ronal ha deciso di chiudere lo stabilimento di Tabina di Santa Maria di Sala, dinanzi alla mobilitazione dei lavoratori si è proseguito con la ricerca di altri investitori. Il fondo tedesco Callista è qui di entrato in scena. Da lì, secondo la ricostruzione dei commissari, è iniziato il vero disastro. Il “patto scellerato” tra Ronal e Callista, come viene identificato nella relazione, ha di fatto ridotto i volumi di Speedline e portato alla crisi.
La storia dell’azienda è ricominciata da lì, con l’amministrazione fiduciaria e la cassa integrazione straordinaria. E lo spettro della crisi non ancora allontanato.
Crisi Speedline, cosa aspettarsi?
“Siamo i migliori del mondo e la ruota più difficile del mondo la facciamo noi” ha sottolineato il commissario Maurizio Castro riferendosi a Speedline in una recente intervista per il Gazzettino mentre accompagnava i giornalisti in un tour dello stabilimento in funzione ridotta.
I segnali della crisi sono così spiegati dagli addetti ai lavori nel report del Gazzettino: “I forni sono energivori, per cui oggi lavorano per fondere quello che serve, impegnandoli al 100% per tempi più brevi e poi li spegniamo. Sono poi due le linee di produzione, da 10 più 6 macchine che fanno 200 ruote al giorno ciascuna. Prima del covid andavano tutte, anche al 110% - ricorda – producendo 3.000 ruote al giorno. Ora, usando un solo forno, posso alimentarne 6 o 7 alla volta.”
Nella speranza di non spegnere mai del tutto forni e linee produttive, Speedline si è aggrappata alla cassa integrazione straordinaria e all’amministrazione fiduciaria nella speranza di un futuro.
Il tavolo di crisi del 28 gennaio che si è tenuto al Mimit si aggiornerà non appena ci saranno nuovi elementi significativi sull’evoluzione della crisi. Come si legge nella nota ministeriale, un primo obiettivo per salvare Speedline è “trovare un player che voglia rilanciare questo grande marchio del Made in Italy che può tornare a svolgere un ruolo importante nel nostro Paese”.
Il secondo è “accertare con chiarezza eventuali responsabilità rispetto a quanto accaduto durante la precedente gestione dei fondi di investimento: il Mimit contrasterà, in ogni modo, modelli operativi ambigui”.
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