Secondo un team di scienziati britannici, otto ore di lavoro a settimana rappresentano la “dose raccomandata” per il benessere mentale dell’individuo. I dettagli
Lavorare fa bene? Sì, ma solo se in maniera molto moderata. Parola di due gruppi di ricercatori delle università di Cambridge e Salford, che in uno studio pubblicato a inizio settimana hanno individuato i ritmi più vantaggiosi per la salute mentale dei dipendenti, arrivando alla conclusione che 8 ore a settimana rappresentano la “dose raccomandata” per il benessere mentale.
La ricerca - partita proprio dalla premessa che un aumento dell’automazione potrebbe portare le aziende a ripensare le norme attuali in fatto di orari - ha esaminato i legami che intercorrono tra orario di lavoro, salute mentale e grado di soddisfazione riguardo la propria vita.
Ha coinvolto 71.000 persone in età lavorativa nel Regno Unito, per un periodo complessivo di 9 anni. I partecipanti sono stati periodicamente intervistati con domande relative a eventuali problemi d’ansia o del sonno, al fine di valutare lo stato della loro salute mentale.
Il risultato? Per il benessere ottimale occorre lavorare un giorno alla settimana.
Lavorare fa bene? Sì, ma solo un giorno alla settimana
I ricercatori hanno notato che il passaggio dalla disoccupazione a un lavoro retribuito fino a otto ore settimanali riduce in media del 30% il rischio di problemi di salute mentale.
Secondo lo studio, lavorare più di otto ore alla settimana non garantisce nessun ulteriore stimolo positivo in fatto di benessere.
Per contro, si è evidenziato che il lavoro a tempo pieno non rappresenta la categoria ottimale.
Ma mentre i maggiori benefici per la salute si ottengono con 8 ore di impiego, la relazione tra orari e soddisfazione della vita è apparsa leggermente diversa.
Il grado di appagamento negli uomini è aumentato di un terzo con un massimo di otto ore di lavoro retribuito a settimana; le donne invece hanno fatto registrare un aumento simile solo nel passaggio a una settimana lavorativa di almeno 20 ore.
Gli autori dello studio hanno specificato l’importanza, per tutti i lavoratori, di godere dei benefici che può portare l’occupazione; ma - hanno evidenziato - il monte ore dovrebbe essere drasticamente ridotto, così da permettere una ridistribuzione e una maggiore efficacia del tempo speso in ufficio.
Tutto questo è fantascienza? No secondo i ricercatori britannici, che fanno notare come la maggior parte delle opzioni in arrivo dalla politica per affrontare la disoccupazione si concentrino su misure accostabili, per grosse linee, a un reddito di base universale, mentre la loro soluzione è diversa:
“I nostri risultati supportano una prospettiva teorica alternativa, più radicale: una ridistribuzione dell’orario di lavoro nella società”.
I suggerimenti dei team di scienziati britannici spingono quindi verso fine settimana più lunghi in virtù di un impiego che preveda solo 2 ore giornaliere di lavoro, aumentando le indennità annuali di vacanza da settimane a mesi; o - in alternativa - garantendo due mesi liberi per ogni mese trascorso a lavorare.
Questo oltre a migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata aumenterebbe la produttività, e contribuirebbe a ridurre le emissioni di carbonio dovute al pendolarismo.
Cosa aspettiamo, quindi?
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