Lavoro pubblico e part-time: a quali condizioni è possibile lavorare con un orario ridotto?

Claudio Garau

02/11/2022

Anche i dipendenti pubblici possono aver diritto al part-time al posto del tempo pieno, ma soltanto se non ricorrono specifici motivi per cui la PA è tenuta a negare il cambio d’orario.

Lavoro pubblico e part-time: a quali condizioni è possibile lavorare con un orario ridotto?

Non sempre il part time è una soluzione sgradita ai lavoratori. C’è chi lo preferisce perché così può avere le ore necessarie a svolgere una seconda attività di lavoro o per dedicarsi alla famiglia, ad esempio. E questo ovviamente vale anche per coloro che lavorano alla dipendenze della PA.

Ebbene, di seguito vogliamo considerare proprio il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale nel pubblico impiego, perché - come vedremo - non c’è alcuna immediata ’automaticità’ nella trasformazione del rapporto di lavoro, o meglio vi sono situazioni in cui l’Amministrazione può negare il passaggio al tempo parziale ed altre, invece, in cui lo concede.

Per quest’ultimo caso potrà servirsi anche del cosiddetto silenzio assenso, vale a dire un meccanismo che consente di ovviare all’inerzia della Pubblica Amministrazione, rispetto a una specifica richiesta fattagli. In estrema sintesi, laddove la risposta non dovesse giungere, è come se fosse un sì. E l’identico principio si applica anche quando la risposta dovesse arrivare in ritardo, se ci sono dei termini precisi e stabiliti dalla legge.

Pertanto, quando è possibile per un dipendente pubblico ottenere il part time? A quali condizioni può essere previsto? Ecco tutti i dettagli.

Dal full time al part time nel pubblico impiego: il contesto di riferimento

Come accennato in apertura, per un lavoratore le situazioni nelle quali appare conveniente, se non addirittura indispensabile, ridurre il numero di ore di lavoro - pur con una decurtazione della paga - sono diverse tra loro. Tempo libero, figli, seconda attività, questioni di salute e tanto altro possono essere infatti alla base di questa specifica volontà.

Diciamo subito che su questo piano non vi sono dubbi: la flessibilità negli orari o nelle giornate di lavoro è prevista dalla legge e, in alcune circostanze, rappresenta un vero e proprio diritto per chi intende avvalersene.

Per quanto riguarda coloro che lavorano nel pubblico impiego, la trasformazione del rapporto di lavoro in part time è possibile, ma attenzione: le condizioni del passaggio sono più rigide, anche e soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di persone al servizio dello Stato o comunque di un ente pubblico, e le cui prestazioni di lavoro sono dunque svolte a beneficio e a favore della cittadinanza.

In sintesi due sono i possibili casi in cui vale il passaggio al part time nel pubblico impiego:

  • il sì esplicito dell’amministrazione di riferimento;
  • il silenzio a seguito della presentazione della richiesta, ovvero il sopra citato silenzio assenso (senza un’approvazione esplicita).

Proprio l’ultimo caso è stato considerato oda una recente sentenza della Corte di Cassazione - la n. 25066 dello scorso 22 agosto - che ha infatti esplicitamente rimarcato la possibilità.

Quando ricorre il part time in un rapporto di lavoro?

Ricordiamo ora alcuni aspetti del rapporto di lavoro a tempo parziale, perché ci aiuteranno a capire entro quali confini il dipendente pubblico può ottenere la riduzione di orario. Come indicato nel sito web del Ministero del Lavoro, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato anche a tempo determinato, la prestazione del lavoratore può essere compiuta a tempo pieno o a tempo parziale / part-time.

Da evidenziare che non è una tipologia di contratto a sé stante, ma piuttosto una forma di occupazione flessibile e con un regime dell’orario di lavoro minore rispetto a quello ordinario a tempo pieno. Quest’ultimo è corrispondente, di regola, a 40 ore settimanali o a quello comunque fissato dai Ccnl di categoria.

Ebbene, la diminuzione dell’orario di lavoro può essere:

  • di tipo verticale, nel caso in cui il lavoratore sia a tempo pieno, ma solo per alcuni giorni della settimana, del mese o dell’anno;
  • di tipo orizzontale, laddove il dipendente sia occupato tutti i giorni ma per un orario minore rispetto all’orario normale di un full time;
  • di tipo misto se le due forme appena citate sono combinate tra loro.

La regole di legge prevedono per i lavoratori part time gli identici diritti valevoli per i lavoratori a tempo pieno, in primis lo stipendio (commisurato alle ore ridotte) e gli aspetti previdenziali, fino ad arrivare alle tutele disposte in ipotesi di malattia e infortunio.

Inoltre questa prestazione deve risultare in un contratto di lavoro in forma scritta, ai fini della prova, e in particolare le parti debbono indicare l’esatto orario da svolgere nei vari periodi prestabiliti, ovvero debbono individuare puntualmente la durata della prestazione di lavoro e la collocazione temporale dell’orario in rapporto al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Non solo. L’articolazione dell’orario può essere modificata con l’apposizione nel contratto di clausole ad hoc, flessibili o elastiche, di cui si può trovare traccia nella contrattazione collettiva.

A quali condizioni è possibile accedere al part time nel pubblico impiego?

Dopo queste doverose precisazioni sul contratto di lavoro part time e sulle caratteristiche che lo contraddistinguono, focalizziamoci sulle condizioni specifiche per accedere a questa modulazione ridotta delle ore di lavoro.

Ebbene, di riferimento è e resta la legge, in particolare la n. 662 del 1996 (contenente misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la quale espressamente fissa che anche nell’area del pubblico impiego sussiste la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Ma non si tratta di una possibilità ammessa in linea generale senza condizioni, in quanto il dipendente pubblico può accedere se:

  • presenta una richiesta ad hoc in forma scritta, specificando gli orari desiderati e l’eventuale seconda attività, di lavoro subordinato o autonomo, che vuole svolgere insieme a quella del pubblico impiego;
  • dopo 60 giorni dal deposito della domanda per il passaggio al tempo parziale, quest’ultima non viene esplicitamente negata dalla PA o ente di appartenenza (il citato silenzio assenso). La trasformazione da full time a part time avviene in automatico.

Attenzione però a questi tre limiti esplicitamente indicati dalla legge n. 662 del 1996, perché il no della PA può aversi:

  • in ipotesi di conflitto di interessi tra l’impiego pubblico e la differente attività che il lavoratore vorrebbe svolgere;
  • quando il part time implica un grave pregiudizio al funzionamento dell’ufficio pubblico. Ma in questo caso la PA può con provvedimento motivato differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non maggiore di 6 mesi;
  • se la seconda attività di lavoro è anch’essa dipendente e si svolge presso un altro ufficio della PA (tranne eccezioni per specifici comparti).

Non solo. In base alla legge il dipendente è comunque tenuto a comunicare alla PA in cui lavora, entro 15 giorni, l’eventuale successivo inizio o la variazione dell’attività di lavoro.

Concludendo, nel caso in cui vi sia un impedimento a svolgere il part time - pensiamo ad es. al citato caso del conflitto di interessi - la PA emetterà un formale diniego all’accoglimento della richiesta di part time, avanzata dal dipendente pubblico. E del no dovrà dare giustificazione nel provvedimento amministrativo adottato, ovvero l’ufficio dovrà dettagliare quali sono le ragioni che impediscono il passaggio al part time, consentendo così al lavoratore di difendersi - eventualmente impugnando l’atto che nega la riduzione di orario.

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