La Bce si trova dinanzi a 2 grandi incognite, sulle quali si gioca il destino della ripresa europea: perché Lagarde e gli altri membri rischiano di far crollare l’Eurozona?
La Bce sotto i riflettori: sono almeno 2 i dilemmi per la Banca centrale europea che rischiano di far deragliare l’economia dell’Eurozona in una pesante recessione.
Come sottolineato da diversi analisti ed esperti, la decisione su quando interrompere la campagna di rialzi tassi e come leggere i dati sul mercato del lavoro sono i punti caldi delle prossime riunioni dell’Eurotower e le incognite per il futuro europeo.
Mentre tutte le banche centrali del mondo sono osservate speciali in questo complesso momento storico per le incertezze diffuse sia a livello politico che economico, la Bce è tra le più criticate vista la vulnerabilità europea a eventi geopolitici quali la guerra in Ucraina (e gli effetti su sicurezza energetica e inflazione).
Perché Lagarde e gli altri funzionari sono in difficoltà e come riusciranno a superare le 2 incognite che più pressano l’Europa.
Tassi alti, ma fino a quando? L’incognita Bce
La Banca centrale europea si trova ad affrontare un duro lavoro nel decidere quando interrompere l’aumento dei tassi di interesse, perché è difficile valutare l’impatto dell’inasprimento: questa la dichiarazione del capo economista dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Clare Lombardelli ha sottolineato a Bloomberg Television che i cambiamenti strutturali dall’ultimo ciclo di aumento dei costi di indebitamento, come una percentuale più elevata di prestiti a tasso fisso, stanno rendendo assai complesso valutare gli effetti sull’economia reale. E questo sta offuscando il quadro per i banchieri centrali.
“La trasmissione della politica monetaria è molto incerta. È abbastanza difficile giudicare l’impatto e quando si paleserà il punto massimo di tale impatto”, ha evidenziato.
La sfida è particolarmente grande nell’attuale congiuntura in Europa, perché anche se le misure principali dell’inflazione stanno scendendo, c’è ancora molta forza nelle pressioni sui prezzi fondamentali, che eliminano elementi volatili come l’energia.
Questo è un punto chiave della contesa per i responsabili politici, che hanno segnalato un aumento dei tassi per la fine di questo mese, senza un vero indizio su ciò che succederà dopo. “La maggior parte degli indicatori dei prezzi sottostanti ha iniziato a mostrare alcuni segni di indebolimento”, ha dichiarato la scorsa settimana il vicepresidente della BCE Luis de Guindos.
Il suo collega, Mario Centeno del Portogallo, ha detto domenica che “non sta scendendo così velocemente come l’inflazione principale, ma dobbiamo anche ricordare che durante la salita ha seguito esattamente la stessa traiettoria”. L’aggressivo presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, insiste tuttavia sul fatto che l’inflazione sottostante rimane una fonte di preoccupazione.
L’Europa sta affrontando una sfida davvero difficile sull’inflazione, ha affermato Lombardelli. “È impopolare una politica monetaria restrittiva, ma è necessario eliminare l’inflazione dal sistema perché fa davvero male ed è difficile da affrontare per le persone”.
Intanto, però, in una perversa reazione a catena, ad aumentare sono anche le rate dei mutui e dei prestiti, mentre l’industria europea arranca e la domanda di beni si avvia a diventare più debole.
Il nodo lavoro: il mercato è davvero così forte?
La seconda questione cruciale per la Bce è l’osservazione del mercato del lavoro, strettamente collegato con l’inflazione e quindi con le decisioni sui tassi. Anche in questo ambito, l’incertezza domina gli scenari.
La disoccupazione nella regione dell’Eurozona è ai minimi storici e le aziende stanno lottando per coprire i posti vacanti. Tuttavia, l’economia ha subito una lieve contrazione negli ultimi due trimestri.
Lo scollamento tra la forza del mercato del lavoro e la debolezza della crescita risiede in un calo della produttività dei lavoratori, che sta contribuendo a un tasso di inflazione del 5,5% che rimane decisamente troppo alto.
Christine Lagarde ha avvertito che, a meno che le aziende non siano disposte ad “assorbire” il costo del calo della produttività, la politica monetaria dovrà diventare ancora più restrittiva.
Ma alcuni economisti ritengono che ulteriori aumenti dei tassi potrebbero sopprimere posti di lavoro senza avere un grande impatto sui prezzi. Indubbiamente, la ripresa dei posti di lavoro nell’Eurozona è stata impressionante quasi quanto negli Stati Uniti.
I dati pubblicati la scorsa settimana hanno mostrato che la disoccupazione è rimasta al minimo storico del 6,5% a maggio, anche se l’economia è rimasta piatta. I sondaggi sulle imprese suggeriscono che la carenza di manodopera è ancora diffusa e le aziende sono desiderose di assumere, anche se il tasso di posti vacanti è leggermente diminuito rispetto ai massimi post-pandemia.
Tuttavia, anche se ci sono più posti di lavoro e una percentuale maggiore è a tempo pieno, le persone lavorano in media meno ore. La Bce sospetta che sia un corso un accaparramento del lavoro, in cui le aziende si aggrappano ai lavoratori anche se gli affari si riducono perché temono che non saranno in grado di assumere di nuovo facilmente quando l’economia si riprenderà.
In ogni caso, le aziende dovranno assumere più personale solo per mantenere costante la produzione. Ciò potrebbe a sua volta significare che i tassi di interesse devono aumentare e rimanere alti più a lungo, per tenere sotto controllo le pressioni salariali.
Senza contare che, secondo alcuni economisti, se i tassi vanno troppo in alto, la Bce rischia di distruggere inutilmente posti di lavoro di cui le economie più povere del blocco hanno un disperato bisogno. In molti mercati del lavoro dell’Europa meridionale l’occupazione non si è ancora completamente ripresa dalla crisi finanziaria del 2008.
Infine, per Nicolas Goetzmann, capo della ricerca presso l’asset manager Financière de la Cité con sede a Parigi, la forza del lavoro in Eurozona è un’illusione e nasconde molte differenze tra Paesi. Ha aggiunto che le aziende che accumulano manodopera potrebbero rapidamente ricorrere a tagli di posti di lavoro se la situazione economica peggiorasse. “È spaventoso che la Bce stia combattendo così duramente contro la domanda interna...per spaccare un mercato del lavoro che per la prima volta in 40 anni comincia ad andare un po’ meglio”.
Il dilemma Bce, quindi, è come valutare correttamente il mondo del lavoro e l’occupazione per non cadere in una trappola e indebolire troppo i fondamentali macro dell’Europa.
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