Le Maldive non sono il paradiso che credi, ecco cosa devi sapere prima di partire

Luna Luciano

06/06/2024

Le Maldive sono molto di più di una semplice meta turistica, sono un Paese complesso, che deve fare i conti con l’estremismo islamico mentre decide di schierarsi con Gaza contro Israele.

Le Maldive non sono il paradiso che credi, ecco cosa devi sapere prima di partire

Nell’ottica privilegiata occidentale le Maldive sono un paradiso terrestre, una meta perfetta per le proprie vacanze.

Eppure, guardando oltre le isole private, il mare cristallino e i bungalow, si può scorgere un Paese complesso, che sta affrontando particolari dinamiche politiche e sociali.

Non a caso il Telegraph ha titolato un suo articolo “Il lato oscuro delle Maldive”, menzionando la decisione di Mohamed Muizzu, presidente delle Maldive, di vietare a chi possedesse un passaporto israeliano di entrare nel Paese.

Una decisione che ha fatto molto discutere e che ha puntato i fari dei riflettori sulle Maldive, alla ricerca di quei problemi che l’Occidente per molto tempo ha preferito non vedere. E se alcuni problemi esistono e non possono essere ignorati, è bene adoperare strumenti critici per porre le diverse problematiche sui rispettivi piani, senza “far di tutta l’erba un fascio”.

Vediamo, quindi, quali sono i gravi problemi che affliggono un Paese, da sempre bollato come “meta turistica” senza un minimo di cognizione di causa, e ragionare, invece, sulla decisione del presidente Muizzu.

Maldive, i problemi della famosa meta turistica: tensioni sociali ed estremismo religioso

Le Maldive sono il Paese più piccolo dell’Asia, un arcipelago di oltre 1.000 isole a sud della penisola indiana, abitato da circa 500 mila persone e relativamente povero, soprattutto se si pensa che il turismo rappresenta circa un terzo del suo Prodotto interno lordo.

Dietro alle assolate spiagge e il mare cristallino, però, si nasconde un paese non solo in difficoltà economica, ma anche teatro di tensioni sociali, non ultime le elezioni del 2023, che hanno visto la vittoria dell’opposizione con il presidente Muizzu, vicino alla Cina, contro il presidente uscente, Ibrahim Mohamed Solih, da sempre vicino all’India, la quale ha esercitato nelle decadi una forte influenza su un paese a maggioranza musulmana.

Muizzu, ad esempio, ha rovesciato il tipico slogan di Solih, “India first”, in “India out” (fuori l’India), mettendo in discussione la presenza di lunga data dell’esercito indiano nelle acque territoriali maldiviane, cercando di ridurre la dipendenza diretta delle Maldive dall’India.

A complicare la situazione però vi è quella che è stata criticata come una virata nazionalista del governo maldiviano dal giornalista britannico JJ Robinson, il quale ha messo in luce la politica locale repressiva sul consumo di alcolici, espressioni d’affetto e contatto fisico in luoghi pubblici e contro la comunità LGBTQIA+.

Infine, vi è il cosiddetto “elefante nella stanza”. A causa di dilaganti forme di estremismo islamico, cellule terroristiche reclutano in questo paese numerosi volontari, come spiegato da Viraj Solanki, ricercatore presso l’International Institute for Strategic Studies. L’articolo del Telegraph ha infatti riportato diversi spiacevoli episodi di turisti rimasti coinvolti in episodi violenti o di attentati, uscendo dalla “bolla” dei resort maldiviani, come nel 2021, quando un turista britannico è stato coinvolto in un’esplosione: un attentato all’ex presidente delle Maldive Mohamed Nasheed.

In ogni caso, quando si parla di terrorismo, bisogna sempre ben tener a mente che le cellule si infiltrano laddove il clima politico e sociale è instabile, dove la fanno da padroni malcontento e povertà. Non sono solo le Maldive obiettivo delle organizzazioni terroristiche, anzi il potenziale clima di guerra in Medio-Oriente non può che favorire una loro diffusione nella regione.

Maldive, vietato ingresso agli israeliani: “Fine della violenza a Gaza”

L’articolo del Telegraph cerca di illuminare quelle che sono zone d’ombra delle Maldive, da sempre considerate dall’Occidente come un “paradiso terrestre” in cui recarsi per vacanze extra-lusso da postare sui propri social.

Ciò che sorprende, però, è che gli aspetti problematici, da sempre esistenti nel Paese (basti ricordare il regime dittatoriale maldiviano dal 1978 al 2008) siano emersi solo dopo la forte posizione assunta dall’amministrazione Muizzu contro Israele. Un’azione che sul Telegraph è stata bollata come episodio “anti-semita” e non “anti-sionista”.

Eppure, la decisione di non accogliere turisti dal passaporto israeliano sembra essere, più che un episodio razzista, una delle risposte che il presidente ha dato contro il genocidio a Gaza. Nei giorni scorsi il presidente delle Maldive si è unito al duro coro di condanne contro l’attacco aereo israeliano sul campo profughi a Rafah, che ha causato la morte di almeno 45 palestinesi e ne ha feriti più di 200.

Ancora, il presidente delle Maldive ha annunciato la nomina di un inviato speciale, per valutare le “necessità dei palestinesi”, e l’organizzazione di una raccolta fondi per “assistere i nostri fratelli e sorelle in Palestina” in collaborazione con l’Onu per il soccorso dei profughi palestinesi (Unrwa).

Forse, guardando alle Maldive si dovrebbe riflettere sul fatto che si sta consumando un genocidio sotto gli occhi di un Occidente che non sembra voler prendere posizioni nette, con Paesi che continuano a coltivare i loro rapporti con Tel Aviv, nonostante le orrorifiche immagini provenienti da Rafah.

Da un Paese piccolo come le Maldive giungono quindi segnali più forti che dai grandi Paesi “democratici” che solo dopo mesi di pulizia etnica hanno deciso di chiedere il “cessate il fuoco”.

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