Matteo Renzi contro Marco Travaglio per la carta igienica: alla fine sarà il politico a dover pagare più di 70 mila euro. Ecco cosa è successo.
Matteo Renzi avvia una causa civile che gli si rivolge contro e ora dovrà pagare più di 70 mila euro per colpa della carta igienica. Nulla di divertente o provocatorio, l’oggetto del procedimento era davvero la carta igienica e in particolare il suo inserimento in un video pubblico. Ecco cosa è successo.
Perché Matteo Renzi dovrà pagare più di 70 mila euro e cosa c’entra la carta igienica
I fatti risalgono al 2019, quando il direttore de Il Fatto quotidiano, Marco Travaglio, aveva lasciato vedere durante un collegamento tv un rotolo di carta igienica nella libreria dietro di sé. Fin qui nulla di scandaloso, se non fosse che sul rotolo c’era impressa l’immagine di Matteo Renzi, che dal canto suo non la prese con sportività e decise di denunciare Travaglio.
Nell’atto di citazione in giudizio, Matteo Renzi avanzò quindi la richiesta di un cospicuo risarcimento per i danni “morali, esistenziali patrimoniali e non patrimoniali” causati dal giornalista e dall’uso di quel gadget con l’immagine del politico. Nel dettaglio, Renzi aveva preteso il pagamento di ben 500 mila euro, ma contro tutte le previsioni ora è lui a dover pagare il giornalista.
La causa civile si è prolungata per diverso tempo, finché il tribunale di Firenze ha stabilito con chiarezza che Travaglio non è colpevole di diffamazione. La giudice Susanna Zanda, che ha firmato la sentenza, ha spiegato molto chiaramente che Renzi è un personaggio politico e in quanto tale deve sopportare delle immagini satiriche con protagonisti la sua persona e il suo volto. Non è rilevante la presunta natura diffamatoria del rotolo di carta igienica, perché, come ricordato dalla giudice, soltanto in un regime totalitario è vietato criticare o mettere in ridicolo un personaggio politico. In sintesi, dato che Matteo Renzi è un politico italiano e l’Italia è uno stato democratico non può lamentarsi della satira.
La sentenza, contro cui comunque Renzi ha annunciato di presentare appello, non solo ha scagionato Travaglio dalle accuse ma gli ha corrisposto il diritto a un risarcimento. Secondo il parere del tribunale di Firenze, infatti, Renzi ha compiuto un abuso dello strumento processuale e dovrà corrispondere:
- 42 mila euro a Marco Travaglio a titolo di risarcimento;
- 30.641 euro per le spese legali, gli oneri accessori e l’Iva.
Per i non addetti ai lavori il risvolto di questa sentenza può apparire strambo, ma in realtà l’abuso del processo è fermamente contrastato dal nostro ordinamento.
Cos’è l’abuso del processo e cosa ha sbagliato Matteo Renzi
Il nostro ordinamento garantisce il diritto al giusto processo, sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Non solo, l’intero sistema giuridico nazionale considera due cardini fondamentali: la correttezza e la buona fede. Principi che, venendo a mancare, aggravano notevolmente la punizione per gli illeciti. All’apparenza non c’è quindi nulla di sbagliato nel comportamento di Matteo Renzi, che ha agito per via legale e in tutta onestà.
Tuttavia, la natura stessa dell’abuso processuale prevede che una delle parti abbia compiuto un atto processuale consentito dalla legge, altrimenti sarebbe illegale e non si costituirebbe l’abuso. Quest’ultimo, infatti, si verifica quando l’atto processuale, seppur legale, ha agito per fini diversi da quelli tutelati dalla legge. Di norma, si parla spesso di abuso del processo quando una delle parti allunga volontariamente il tempo processuale per trarne un vantaggio. Nel caso del debitore si tratta del ritardo della sentenza, mentre il creditore otterrebbe un aumento delle spese processuali a carico dell’inadempiente.
La responsabilità aggravata, poi, si ha quando la parte che ha abusato del processo ha agito o resistito con malafede o colpa grave. In questi casi è previsto il risarcimento danni, che dal 2009 il giudice può predisporre anche senza istanza della parte lesa. Perché la richiesta di Renzi è stata respinta ed è stato condannato al risarcimento quindi? Semplicemente perché il comportamento di Travaglio dal punto di vista legale attiene alla satira, un diritto tutelato dal nostro ordinamento per effetto dell’applicazione degli articoli 9, 21 e 33 della Costituzione. Si trattava, quindi, di una richiesta infondata e immotivata, nonostante dal punto di vista personale Renzi non abbia comprensibilmente gradito la cosa.
Questo non vuol dire che tramite la satira si possa diffamare i personaggi pubblici, semplicemente il limite deve essere rintracciato nella contestualità e nella funzionalità e in ogni caso non si possono ledere i diritti fondamentali delle altre persone. Circostanze che, secondo il tribunale di Firenze, non si sono presentate.
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