Aumento dei tassi di interesse, spread e fine del quantitative easing: sono questi gli incubi per Meloni visto che l’Italia nel 2023 dovrà vendere 400 miliardi di titoli di Stato.
Giorgia Meloni negli ultimi giorni probabilmente avrà realizzato perché Mario Draghi, dimettendosi senza mai essere stato sfiduciato dalla sua maggioranza, la scorsa estate ha avuto così tanta fretta di lasciare Palazzo Chigi nonostante il difficile momento che per il Belpaese.
Le difficoltà incontrate per la stesura legge di Bilancio, che per due terzi delle spese è stata sostanzialmente scritta dal precedente governo, potrebbero essere infatti un nulla rispetto a quello che il 2023 ormai alle porte avrebbe in serbo per Giorgia Meloni.
Il nervosismo dei ministri Guido Crosetto e Matteo Salvini di fronte alla decisione della Bce di alzare nuovamente i tassi di interesse, anche se la mossa di Francoforte era ampiamente nell’aria, fa la spia di come il governo sia ben conscio che a breve potrebbe avere un problema da 400 miliardi di euro.
A tanto infatti ammonterebbe il fabbisogno dell’Italia per quanto riguarda l’emissione dei titoli di Stato nel 2023, con questi 400 miliardi che non saranno facili da piazzare dopo la sostanziale fine del quantitative easing che, per diversi anni, ha coperto le spalle ai Paesi dell’eurozona.
La crisi energetica, il rialzo dei tassi d’interesse, l’aumento dello spread e la fine del quantitative easing , rischiano di produrre una sorta di congiuntura astrale potenzialmente incandescente per Giorgia Meloni.
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Meloni e i 400 miliardi di titoli di Stato
Come è arrivato l’annuncio di Christine Lagarde dell’aumento dei tassi di interesse dello 0,5% da parte della Bce, subito lo spread tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi è aumentato di circa 20 punti base.
Un bel guaio per un Paese con il debito come il nostro e che nel 2023 dovrà piazzare complessivamente qualcosa come 400 miliardi di titoli di Stato, il tutto senza il paracadute del quantitative easing.
In teoria la Bce ha messo a punto quello che è stato rinominato come lo scudo antispread proprio per venire incontro ai Paesi che potrebbero andare in difficoltà, ma Christine Lagarde già ha avvertito Giorgia Meloni che lo strumento sarà a disposizione solo per chi “rispetta le regole Ue sui conti”,
Non a caso la prima manovra targata Meloni è stata molto più prudente rispetto alle attese, con le risorse in deficit tutte dedicate alle bollette e nessun azzardo in materia pensionistica e fiscale nonostante le promesse fatte durante la campagna elettorale.
L’Italia in sostanza ad aprile si ritroverà con le misure contro il caro bollette da rifinanziare, costano almeno 22 miliardi a trimestre, ma con la necessità di mostrarsi credibile agli investitori internazionali per non rimanere con buona parte dei 400 miliardi di titoli di Stato in mano, senza contare gli interessi più alti sul debito che dovremo riconoscere agli investitori.
Con il governo Meloni che in questo momento non sembrerebbe avere molti amici in Europa, in virtù anche dello scandalo Qatargate che vede al centro proprio europarlamentari e collaboratori nostrani, per l’Italia il 2023 potrebbe essere altrettanto difficile come gli ultimi travagliati anni.
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