Meloni vuole il presidenzialismo, Renzi e Calenda sono pronti a una bicamerale per le riforme: centrodestra e terzo polo hanno i numeri per modificare la Costituzione?
Con le urne ancora “calde” Giorgia Meloni finora starebbe trovando soltanto porte aperte. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, di fronte all’exploit di Fratelli d’Italia, sembrerebbero aver superato ogni remora in merito alla leadership della loro alleata, mentre Carlo Calenda e Matteo Renzi si sono detti pronti a una bicamerale per le riforme.
Nella conferenza stampa post elezioni il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida, di fronte al successo del centrodestra e in particolare del suo partito, ha parlato di una Costituzione “bella ma che ha anche 70 anni”.
Nel programma elettorale del centrodestra uno dei punti chiave infatti è il presidenzialismo, un tema che sta parecchio a cuore a Giorgia Meloni tanto da averlo più volte tirato in ballo nel corso della campagna elettorale.
Più che il presidenzialismo, Renzi e Calenda invece preferirebbero una riforma sullo stile del “sindaco d’Italia” proposto dal tandem Azione-Italia Viva, ma il terzo polo in una eventuale bicamerale potrebbe dialogare con il centrodestra anche per la riforma della giustizia visto che le posizioni sono abbastanza simili.
In questo scenario una domanda sorge spontanea: il centrodestra e il terzo polo, riuscirebbero insieme a raggiungere una maggioranza dei due terzi in Parlamento tale da consentire delle modifiche della Costituzione senza il rischio di dover passare per un referendum confermativo?
Riforme: nasce l’asse Meloni-Renzi-Calenda?
Come si è entrati nell’argomento bicamerale, i due leader del terzo polo subito si sono mostrati disponibili. “Voteremo contro la fiducia - sono state le parole di Matteo Renzi - Ma se Meloni chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole”.
Simile anche il ragionamento di Carlo Calenda: “Se la Meloni farà una bicamerale è un dovere di tutti discutere. Se farà proposte è un dovere partecipare”. Per il numero uno di Azione infatti “una Camera sola, prima o poi, bisognerà farla; questo è un sistema che va superato”.
Numeri alla mano però non sarà facile per Giorgia Meloni, insieme al duo Azione-Italian Viva, mettere mano alla Costituzione evitando al tempo stesso le forche caudine del referendum confermativo (2016 docet).
I numeri alla Camera e al Senato
Avere una maggioranza dei due terzi vuol dire, dopo la sforbiciata del taglio dei parlamentari, poter contare sui voti di 266 deputati alla Camera e di 133 senatori a Palazzo Madama. Se invece una riforma costituzionale fosse licenziata con una maggioranza semplice, allora potrebbe essere richiesto da parte dei cittadini o dell’opposizione un referendum confermativo.
Alla Camera il centrodestra in totale può contare su 237 deputati e il terzo polo su 21. Insieme fanno 258 deputati, non sufficienti per arrivare alla soglia della maggioranza dei due terzi. Stesso discorso al Senato, dove il centrodestra ha 112 senatori e Azione-Italia Viva 9.
Giorgia Meloni di conseguenza non potrà mettere mano alla Costituzione senza andare incontro a un referendum anche con il sostegno di Carlo Calenda e Matteo Renzi: a decidere sul presidenzialismo o su altre riforme così potrebbero essere gli italiani, anche se prima il nuovo governo dovrà affrontare tematiche più urgenti come il caro-bollette e l’inflazione.
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