Cosa sta per accadere nei mercati? La risposta in 5 temi cruciali che possono scuotere le Borse la prossima settimana.
I mercati si avvicinano alla settimana dal 13 al 18 novembre con 5 temi in evidenza.
Gli investitori sono concentrati innanzitutto sulle parole dei banchieri centrali, alla scoperta di dettagli preziosi per capire quando finirà davvero la stretta al credito con il rialzo dei tassi. Nel frattempo, i riflettori non si sono mai spenti sulla Cina e sui suoi dati macroeconomici, utili per prevedere l’attesa ripresa della seconda potenza economica globale. In osservazione c’è anche la crisi del settore immobiliare che rischia di far vacillare il dragone.
Inoltre, i movimenti del dollaro, i giudizi sul rating italiano e i nuovi dati sull’inflazione in Regno Unito sono altri fattori chiave per l’andamento delle Borse. In sintesi, la prossima settimana dei mercati sarà caratterizzata da questi 5 temi cruciali.
1. Cosa farà la Fed?
Le ultime parole di Powell sulle prossime mosse della Fed hanno lasciato aperta l’opzione di altri rialzi dei tassi di interesse, poiché la lotta all’inflazione non è ancora giunta al termine. Le azioni sono scivolate in rosso e la convinzione che i tagli al costo del denaro fossero ormai prossimi si è indebolita.
I trader prevedono diminuzioni dei tassi della Fed di circa tre quarti di punto per il prossimo anno. Ora, loro attenzione sarà massima nei confronti dei dati sull’inflazione di martedì 14 novembre per confermare oppure smentire questa stima.
Secondo un sondaggio Reuters, l’indice dei prezzi al consumo di ottobre dovrebbe essere salito dello 0,1% su base mensile. L’indice dei prezzi al consumo di settembre è aumentato dello 0,4% sulla scia di un incremento a sorpresa dei costi di locazione, ma ha anche mostrato una moderazione nelle pressioni inflazionistiche di fondo.
Un raffreddamento più marcato potrebbe confermare l’ipotesi che ormai la Fed abbia raggiunto il livello massimo nel rialzo dei tassi. Il rapporto sull’occupazione di ottobre, che indicava un allentamento nei mercati del lavoro, aveva alimentato la speranza di questa possibilità.
Nel frattempo, però, gli Usa saranno di nuovo in bilico visto che si profila una chiusura del governo federale se i legislatori di Washington non saranno in grado di approvare una misura per finanziare almeno temporaneamente le operazioni prima della scadenza del 17 novembre.
Nuovi dibattiti potrebbero rinnovare le preoccupazioni sulla governance nella più grande economia del mondo.
2. Dollaro
Il dollaro forte appare improvvisamente più vulnerabile alle scommesse sul taglio dei tassi della Fed da parte del mercato.
Il rimbalzo innescato dalle parole di Powell secondo le quali non si è ancora arrivati al picco massimo dei rialzi, potrebbe non durare. Gli “orsi” del dollaro - che scommettono su un indebolimento del biglietto verde - sono diventati fiduciosi che i tagli dei tassi saranno probabili il prossimo anno.
L’ultimo sondaggio Reuters ha evidenziato che quasi due terzi degli analisti ritengono che il dollaro probabilmente verrà scambiato al ribasso entro la fine dell’anno.
Le posizioni lunghe in dollari stanno diminuendo. SocGen ritiene che il cambio dollaro/yen potrebbe scendere intorno a 145-150 dopo essere stato scambiato di recente fino a 151,74.
Le voci sul taglio dei tassi sono negative per il dollaro, ma un forte rallentamento dell’economia statunitense che danneggia il mondo potrebbe rapidamente alimentare la domanda per la valuta rifugio.
3. I rischi per il Regno Unito e per l’Eurozona
L’inflazione nel Regno Unito è stata più vischiosa rispetto alla maggior parte delle economie sviluppate.
Consumatori, Banca d’Inghilterra e il primo ministro Rishi Sunak si trovano quindi pressati da questo rialzo dei prezzi. L’impegno preso all’inizio del 2023 di dimezzare l’inflazione entro l’anno, che allora si attestava a oltre il 10%, sembra restare disatteso.
I dati CPI di ottobre, previsti mercoledì 15 novembre, saranno quindi importanti e mostreranno se Sunak sta iniziando ad avvicinarsi a tale obiettivo. Un calo rispetto al 6,7% di settembre è probabile, ma di quanto?
I dati potrebbero anche aiutare a giustificare, o sfidare, le recenti osservazioni del capo economista della BoE Huw Pill secondo cui la metà del 2024 potrebbe essere il momento per i tagli dei tassi. In calendario sono presenti anche gli ultimi dati sull’occupazione britannica, le vendite al dettaglio e l’indice dei prezzi alla produzione.
Riflettori accesi anche sull’Eurozona. I dati flash del Pil del terzo trimestre della zona euro pubblicati martedì 14 novembre saranno indicativi, visti i segnali di debolezza economica in Germania, la più grande economia del blocco, e descritta da alcuni quest’anno come il “malato d’Europa”.
4. Caos immobiliare ed economica in Cina
Reuters ha riferito che Pechino avrebbe chiesto all’assicuratore Ping An di prendere il controllo della società in crisi Country Garden, il più grande costruttore privato cinese.
Le azioni di Ping An sono scese ai minimi di un anno, nonostante le smentite della società. Le preoccupazioni sul settore continuano a pesare.
Le misure governative per sostenere l’economia, intanto, sono fallite ripetutamente quest’anno, il che non ha dissuaso la banca centrale cinese dal dichiarare che l’obiettivo di crescita del 5% può essere raggiunto.
I dati hanno indicato però una situazione diversa, con maggiori prove di rallentamento delle fabbriche e consumi tiepidi. I prezzi sono in calo e stanno portando la Cina verso la deflazione per la mancata forza della domanda interna. I mercati vedranno mercoledì se questa tendenza continuerà, con i dati sulle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale di ottobre.
5. Italia al test sul rating
L’Italia è in primo piano con il giudizio di Moody’s in arrivo.
L’agenzia di rating, che valuta l’Italia appena un gradino sopra la spazzatura con outlook negativo, rivedrà il titolo sovrano il 17 novembre.
Un declassamento di Moody’s rappresenta un grande rischio per una nazione già indebolita dal cronico aumento del debito e dall’incertezza sulla ripresa. Un giudizio negativo potrebbe far salire a 250 pb il divario di rendimento dei titoli a 10 anni rispetto alla Germania, attentamente monitorato.
Nel frattempo le azioni italiane vengono scambiate con uno sconto del 50% rispetto alle azioni mondiali, il divario più ampio dal 1988.
C’è un lato positivo. Bilanci più forti significano che le banche sono meno vulnerabili alle turbolenze obbligazionarie rispetto al passato e con parti del mercato azionario così profondamente scontate, alcuni vedono un’opportunità di acquisto che non può essere ignorata
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