La crisi degli emergenti è tornata

C. G.

4 Settembre 2018 - 08:52

La crisi dei mercati emergenti è tornata: Argentina e Turchia non smettono di preoccupare, mentre gli investitori stentano a fidarsi.

La crisi degli emergenti è tornata

La crisi dei mercati emergenti è tornata a mordere.

L’Argentina e la Turchia, in particolar modo, hanno attirato ripetutamente l’attenzione degli osservatori internazionali, che hanno guardato preoccupati al forte deprezzamento delle loro rispettive valute ed hanno iniziato a temere un vero e proprio effetto contagio (che potrebbe riguardare anche l’Italia).

Il peso messicano e la lira turca hanno rappresentato al meglio l’attuale crisi dei mercati emergenti ed hanno registrato perdite degne di nota nel corso delle ultime settimane. Nonostante i provvedimenti presi da Buenos Aires e da Ankara, gli investitori hanno fatto fatica a fidarsi e hanno preferito allontanarsi spesso scaricando le proprie posizioni sia sul fronte valutario che su quello azionario.

Mercati emergenti dal 2013 ad oggi

I mercati emergenti hanno iniziato a soffrire nel momento in cui la Federal Reserve ha dato avvio al programma di acquisto di asset nell’ormai lontano 2013. Il deprezzamento delle relative valute nazionali, l’inflazione, deficit di bilancio sempre più ampi e instabilità politiche varie hanno soltanto esacerbato una situazione già poco rosea.

Anche il crollo dei prezzi delle materie prime e i timori relativi ad un rallentamento economico cinese hanno pesato sui mercati emergenti che, tuttavia, sono riusciti nel corso del tempo a rialzare la testa. Gli investitori hanno iniziato a guardare con appetito agli EM, mentre i flussi in entrata e le esposizioni sono progressivamente aumentati.

Il ciclo economico però è proseguito, ed elementi come l’apprezzamento del dollaro, l’escalation della tensione internazionale riconducibile all’insediamento di Donald Trump, i timori di guerra commerciale, l’aumento dei tassi di interesse, hanno nuovamente finito per pesare sulle economie dei mercati emergenti. Da qui la nuova ondata di crisi che ha trovato poi terreno fertile soprattutto in Stati politicamente instabili quali la Turchia.

Cosa sta accadendo oggi?

Numerosi mercati emergenti hanno assistito inermi al crollo delle proprie valute, a livelli di inflazione da record e a tassi di disoccupazione imponenti. La crisi è tornata e, secondo alcuni analisti, sta mordendo ancor più ferocemente. La lira turca ha già bruciato il 40% del suo valore, mentre il peso argentino ha perso il 50% contro il dollaro.

Il debito delle citate economie (Cina inclusa) sta continuando a salire e, secondo i più recenti dati dell’Institute of International Finance, è schizzato dai $9 miliardi del 2002 ai $63 miliardi del 2017.

Parte degli investitori è già scappata, mentre altri si stanno chiedendo se non valga la pena mantenere la propria esposizione sul mercati emergenti dati gli alti rendimenti da essi derivanti. A molti, però, la situazione appare abbastanza critica. L’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, in particolar modo, sposterà probabilmente l’attenzione degli investitori sulle economie più sviluppate.

La crisi affossa il valutario

L’indice MSCI, utilizzato per tracciare l’andamento delle maggiori valute emergenti, è scivolato per il secondo consecutivo lasciando sul terreno più di 0,2 punti percentuali. Non è andata certamente meglio al comparto azionario che ha continuato a scambiare sulla via del ribasso.

“Le valute dei mercati emergenti soffriranno ancora se il caos in Turchia e in Argentina si intensificherà,”

ha previsto, Lukman Otunuga, research analyst di FXTM.

La rupia indonesiana si è indebolita per il sesto giorno consecutivo ed è scivolata sui minimi di 20 anni. Anche la lira turca ha perso terreno contro il dollaro ieri, ma è riuscita nelle ultime ore a recuperare quota allontanandosi dai minimi di metà agosto. Poco variata, infine, la situazione del peso argentino, che (dopo aver perso più del 50% contro USD) ha rappresentato la crisi dei mercati emergenti in tutta la sua portata distruttiva.

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