La crescita dei mercati emergenti nell’ultimo decennio è stata meno intensa rispetto a quella di dieci anni prima a causa di numerosi elementi. Secondo Andrew Keirle e Eric Moffett, gestori di T. Rowe Price, questi Paesi presentano ancora grandi opportunità nel lungo termine
Nell’ultimo decennio, i mercati emergenti sono riusciti ad avere rendimenti positivi per gli investitori, saia da un punto di vista azionario che obbligazionario. La crescita in essere è distante da quella avuta nei 10 anni prima, principalmente a causa della bolla delle materie prime, il rallentamento dell’economia cinese, la debolezza delle esportazioni mondiali, la forza del Dollaro Usa e la trade war. In questo quadro, la pressione sui costi e il rallentamento della domanda hanno pesato sugli utili societari.
A dispetto di ciò, in questi Paesi vi sono ancora opportunità di crescita che non si vedono in quelli sviluppati. Inoltre, i rendimenti dei titoli di Stato sono più elevati rispetto ad altri mercati, i quali veleggiano su livelli prossimi o inferiori allo zero. Sebbene l’ammontare di bond governativi a rendimento negativo sia sceso dai 17,037mila miliardi di dollari, questi restano ancora molto elevati, a 12,133mila miliardi.
Per Andrew Keirle, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Emerging Local Markets Bond ed Eric Moffett, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV - Asian Opportunities, di T. Rowe Price, la crescita degli emergenti nel lungo termine sarà favorita da diversi elementi, quali urbanizzazione, produttività e dinamica demografica interessante.
Azioni emergenti e materie prime sempre più decorrelate
Keirle e Moffett mettono in luce come tra gli anni ’90 e inizio 2000, l’andamento dei mercati emergenti ha beneficiato della crescita dei prezzi delle materie prime. In particolare, ne beneficiarono Brasile, Sudafrica e Russia, che pagarono però il dazio di diventare eccessivamente dipendenti dall’andamento delle commodities.
“Quando la Cina ha avviato il processo di transizione verso un’economia maggiormente basata sui consumi, il vento a favore rappresentato dall’aumento dei prezzi delle materie prime è venuto meno. É aumentato invece il peso dei segmenti di tecnologia, Internet e consumi”.
Le opportunità degli asset emergenti
Gli esperti evidenziano anche come i bond emergenti tendono a sovraperformare in quei periodi di avversione al rischio, presentando rendimenti elevati e più costanti. “Dal nostro punto di vista, neanche le correzioni significative che talvolta coinvolgono alcuni mercati emergenti rappresentano un rischio sistemico per l’asset class in senso ampio”. In questo senso, i gestori evidenziano come le improvvise correzioni potrebbero costituire interessanti occasioni d’acquisto per quegli asset finanziari più trascurati.
Mercati emergenti: quali prospettive?
Nel breve periodo, per i gestori è ragionevole attendersi un incremento della volatilità, dovuto principalmente ai timori sulla crescita globale e alla guerra commerciale.
Se la Cina dovesse frenare la sua crescita, i Paesi emergenti verrebbero fortemente penalizzati. Questa ipotesi però è piuttosto remota, perché il Governo di Pechino ha numerosi strumenti per stimolare l’economia.
Oltre a questo, la pressione esercitata dal Dollaro Usa dovrebbe diminuire grazie atteggiamento accomodante della Fed. Per le Banche centrali dei Paesi emergenti invece, la bassa inflazione conferisce i margini per effettuare dei tagli del costo del denaro.
“Le valutazioni a breve e lungo termine sono interessanti rispetto ai dati storici e ai mercati sviluppati, e anche gli utili societari dovrebbero cominciare a migliorare”, chiosano gli esperti.
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