Repubblicani e Democratici hanno finalmente raggiunto un accordo per evitare il default degli Stati Uniti e salvare i mercati finanziari dal conseguente effetto a catena.
Ci si avvicina sempre di più al 5 giugno, la data fissata dal Tesoro degli Stati Uniti per il potenziale default. Il paese ha infatti un tetto del debito pari a circa 31.400 miliardi di dollari ed è necessario un intervento tempestivo per evitare che la nazione si ritrovi impossibilitata a pagare le sue obbligazioni, trascinando il resto dei mercati finanziari in una situazione decisamente ostica. Comunque, i mercati dovrebbero essere salvi: è stato raggiunto l’accordo per evitare il default, ma è necessario che venga ufficializzato il prima possibile per scampare la crisi.
L’accordo per evitare il default Usa e salvare i mercati
Kevin McCarthy, Repubblicano e speaker della Camera, ha parlato a telefono con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per quasi novanta minuti. I negoziati portati avanti da entrambe le delegazioni sono finalmente arrivati a portare i primi frutti: pare proprio che sia stato raggiunto un accordo sui principi, anche se c’è ancora “molto lavoro da fare”, come ha raccontato lo stesso McCarthy ai giornalisti.
Gli analisti avevano già previsto l’arrivo di un’intesa, dato che il segretario al Tesoro Janet Yellen ha esteso al 5 giugno la prima data del potenziale default. Così, il governo ha qualche giorno in più per concretizzare l’accordo rispetto all’originaria deadline del 1° giugno, anche se dovrà procedere con molta rapidità. In effetti, Yellen è stato sollecitato proprio dai Repubblicani a riconsiderare il termine in base ai dati più recenti. Il Tesoro statunitense ha infine concluso che è il 5 giugno la scadenza da non superare, in quanto oltre questa data “le risorse diventeranno insufficienti per soddisfare le obbligazioni del governo”.
Di conseguenza, il Consiglio deve assolutamente innalzare o almeno sospendere il tetto del debito ed evitare così che gli Stati Uniti si ritrovino impossibilitati a pagare i propri conti. Con un deficit di circa 31.400 miliardi di dollari, sarebbero a rischio dapprima i pagamenti dei dipendenti federali, dei militari e i benefit riservati ai pensionati, ma il default causerebbe un effetto a catena su tutti i mercati finanziari del mondo.
Repubblicani e Democratici alla ricerca di un compromesso per evitare il default
La Camera, che ha una stretta maggioranza Repubblicana, dovrebbe approvare l’accordo già mercoledì, per poi passare la decisione al Senato. Dopo l’assenso della Camera (in cui i conservatori hanno una maggioranza di 9 voti), dunque, l’intesa sarà sottoposta al Senato (guidato dai progressisti per 51-49) dove sono necessari almeno 60 voti per proseguire rapidamente.
Ecco perché i senatori e i rappresentanti della Camera dovranno procedere alla svelta ed evitare il blocco dei pagamenti e il crollo dei conti degli Stati Uniti. In effetti, evitare il default è nell’interesse di tutti i membri del governo, con l’unica eccezione per i Repubblicani di estrema destra, più vicini all’ex presidente Donald Trump. A incidere notevolmente sulla rapidità dell’approvazione è quindi il passaggio in Senato, considerando che la possibilità di realizzare un accordo arriva grazie a una concessione dei Democratici, che avevano finora rifiutato qualsiasi altra intesa.
L’accordo, una volta arrivato a compimento, dovrebbe consentire di mantenere la spesa del 2024 agli stessi livelli dell’anno fiscale precedente, alzando poi il livello dell’1% tra circa due anni. Non si conoscono ancora, tuttavia, i dettagli precisi dell’intesa che è frutto di un compromesso fra le posizioni delle parti. In particolare, i Repubblicani spingevano per i tagli alla spesa sociale, mentre i Democratici volevano introdurre nuove tasse per i super redditi.
Pare, comunque, che tra le concessioni del presidente Biden ci sia un taglio di 10 miliardi di dollari dal piano di rafforzamento dei controlli fiscali, che potrà così contare su un budget di “soltanto” 70 miliardi di dollari. Il presidente, infatti, si era impegnato al raggiungimento rapido di un’intesa, per evitare una crisi esponenziale che avrebbe compromesso circa 8 milioni di posti di lavoro.
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