Cosa succede al mercato del gas a livello mondiale, europeo e italiano? La rivoluzione scatenata dalla guerra è in corso, con scosse su prezzi, rotte, equilibri geopolitici: un’analisi in 4 grafici.
Il terremoto nel mercato del gas è ancora in corso.
I Governi europei stanno elaborando misure drastiche per ridurre la domanda di energia e sopravvivere all’inverno senza gas naturale dalla Russia. Sarà una grande sfida e nel Consiglio straordinario Ue sull’energia del 9 settembre non si è ancora arrivati a una decisione condivisa e concreta, soprattutto sul tanto discusso tetto al prezzo del gas russo. Tutto rimandato a ottobre.
Mosca ha già ridotto al minimo le esportazioni della materia prima verso l’Europa, come rappresaglia per le sanzioni internazionali sull’invasione dell’Ucraina e la recente mossa per fermare i flussi cruciali del gasdotto Nord Stream verso la Germania ha aumentato la pressione sul blocco.
Con i prezzi del gas schizzati alle stelle e lo stop alle forniture della Russia è tutto il mercato mondiale, in realtà, ad aver subito un drastico cambiamento. Una vera e propria rivoluzione del commercio e dei sistemi di acquisto e consumo di energia dei Paesi a livello globale è in corso. Un’analisi della situazione attuale in 4 grafici.
1. Chi guadagna e chi perde nel commercio del gas
Uno degli aspetti più impattanti della crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina è legato ovviamente al prezzo del gas, salito a livelli record. Questo ha cambiato il valore della bilancia commerciale in diversi Paesi, in base al peso delle importazioni o delle esportazioni della materia prima.
Come sottolinea un’analisi di Ispi, Stati fortemente dipendenti dall’acquisto di gas hanno subito un netto peggioramento della bilancia commerciale: “È il caso del Sudafrica e dell’India, la cui spesa per le importazioni è aumentata del 50% dall’inizio della guerra, rispetto allo stesso periodo del 2021.”
Di contro, le nazioni orientate all’export di questa materia prima ne hanno tratto vantaggio, con guadagni totali anche di oltre 1.000 miliardi di dollari in più dello scorso anno. Tra queste ci sono Arabia Saudita, Indonesia, Australia, Norvegia.
Il grafico (Ispi su elaborazione OECD) mostra come è cambiata la bilancia commerciale di alcuni Paesi (valore in %) dall’inizio della guerra rispetto a un anno fa. Il prezzo del gas così elevato ha cambiato diversi equilibri:
Per esempio, per il Regno saudita le esportazioni di gas hanno generato un valore doppio rispetto alla media di 5 anni. Australia, Indonesia e Norvegia hanno visto quadruplicare in valore le vendite su un anno.
2. La rivincita del Gnl
La riduzione delle importazioni di gas dalla Russia da parte dell’Europa è stata evidente da gennaio ad agosto: rispetto al periodo 2021 ha segnato un -73%.
Gnl (soprattutto Usa) e forniture da Algeria e Norvegia hanno avuto la meglio, spiccando nella corsa alla diversificazione. Il grafico Ispi su elaborazione ENTSOG è chiaro al riguardo:
Un avvertimento, però, c’è e lo evidenza l’analisi degli esperti Ispi: “in caso di un ulteriore taglio delle forniture da parte di Gazprom, difficilmente saremo in grado di trovare rimpiazzi. Questo perché le forniture da Norvegia e Algeria restano stabili, ma i due Paesi non possono aumentarle nel breve periodo. Mentre le forniture di GNL, oggi ai massimi di sempre, hanno praticamente “prosciugato” i mercati mondiali e non sembra esserci ulteriore spazio per soddisfare domanda europea aggiuntiva.”
3. I guadagni di Gazprom sul gas
Cambiano, ma non di molto, i guadagni della Russia dalla vendita del gas e questo proprio come conseguenza dell’aumento vertiginoso dei prezzi della materia prima.
Sebbene i volumi del combustibile russo importato dall’Ue si siano drasticamente ridotti con la guerra (attualmente rappresentano il 15% a fronte del 40% e più), le entrate di Gazprom continuano a viaggiare su livelli elevati.
Il grafico Ispi elaborato su dati ENTSOG e ICE è esplicito al riguardo:
Il tetto al prezzo del gas russo darebbe di certo un colpo alle entrate di Mosca, ma allo stesso tempo scatenerebbe nuovi equilibri di mercato non vantaggiosi per l’Europa. Se, infatti, Putin ferma le forniture come ritorsione e l’Ue è costretta a trovare il 15% di gas in altri mercati (il Gnl, per esempio), la maggiore domanda potrebbe fare impennare il prezzo del gas naturale liquefatto nel mondo.
4. Quale gas in Italia?
Osservando da vicino il nostro Paese, è chiaro quanto siano cambiati gli afflussi di gas negli ultimi mesi.
Per sostituire il più possibile le forniture russe, l’Italia si è affidata maggiormente ad Algeria (che ha così sottratto gas alla Spagna), Norvegia, Gnl e al gasdotto Tap (dalla frontiera greco-turca alla Puglia).
Il grafico Ispi su dati GIE-AGSI lo mostra:
Il nostro Paese sembra essere ben equipaggiato per l’inverno, ma attenzione alla possibilità di stop totale di forniture russe. In questo caso, allertano gli esperti, i flussi europei potrebbero diminuire verso l’Italia a vantaggio del bisogno di gas della Germania.
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