Michelle O’Neill: chi è la donna che vinto le elezioni in Irlanda del Nord e cosa può succedere adesso

Chiara Esposito

8 Maggio 2022 - 20:28

Il partito Sinn Féin supera il fronte unionista: le basi vincenti della strategia elettorale e la credibilità dell’ipotesi di una riunificazione nazionale.

Michelle O’Neill: chi è la donna che vinto le elezioni in Irlanda del Nord e cosa può succedere adesso

Sebbene si parli ancora di esiti parziali a causa del laborioso processo di conteggio delle schede, il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin può dire di aver vinto le elezioni - un risultato storico per l’Irlanda del Nord, da sempre a maggioranza unionista.

Le votazioni, che si sono tenute giovedì 5 maggio, sono volte a rinnovare l’Assemblea della Nazione ed è in questa dinamica che si sostanzia l’orizzonte più o meno probabile della formazione di un governo e delle scelte che Belfast si troverà a dover affrontare nei prossimi tempi.

La predominanza della figura di Michelle O’Neill sul fronte unionista testimonia infatti una chiara inversione di rotta nel sentimento politico del Paese che, a seguito dei disastrosi effetti di Brexit, si discosta dalla concezione di vicinanza al conservatorismo britannico da sempre radicata nell’ideologia popolare maggioritaria.

Ci sono però dei motivi ben precisi alla base di questa vittoria, tra cui spicca in maniera netta l’assetto comunicativo della campagna elettorale di O’Neill. Mettendo da parte alcune battaglie fondanti del partito, prima fra tutte quella della riunificazione delle due Irlande, ci si chiede se il progetto potrà ancora andare in porto. La risposta a questo interrogativo però va ricercata negli umori degli avversari e nell’assetto istituzionale della stessa Irlanda del Nord.

Sinn Féin e IRA: binomio spezzato?

Storicamente il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin, che in gaelico significa «noi stessi», ha tra i suoi obiettivi la riunificazione dell’Irlanda con l’Irlanda del Nord. Il partito fu infatti fondato nel 1905 su iniziativa del giornalista irlandese Arthur Griffith e, in quanto tale, veniva considerato il braccio parlamentare dell’Old IRA (l’Irish Republican Army, un’organizzazione militare nata dai Volontari Irlandesi). Il Sinn Féin combattè infatti per l’indipendenza dalla Gran Bretagna durante la cosiddetta “insurrezione di Pasqua” del 1916 ma appena 5 anni dopo fu sancita la divisione dell’isola, un evento che creò forti divisioni e spaccature nel suo nucleo fondativo.

Da allora, specialmente dopo gli anni ’70, l’impronta di mobilitazione ideologica è andata via via attenuandosi, arrivando oggi a costituire un’entità politica capace di attrarre un vasto elettorato. L’affluenza alle urne è stata 63,6 per cento, di poco inferiore a quella del 2017, e il Sinn Féin ha così ottenuto 27 seggi su 90 superando di due unità il principale partito unionista (l DUP) che negli ultimi decenni aveva invece dominato senza forti contestazioni la politica nordirlandese.

Bread and butter: la strategia politica di Michelle O’Neill

Quello attuale è un risultato preventivato da settimane dai sondaggi, ma non di meno capace di stupire gli osservatore internazionali. In pochi avrebbero scommesso con fervente certezza sull’incarico di premier per Michelle O’Neill. Lei, vicepremier agli unionisti, ha però conquistato il 29% delle preferenze attraverso una sapiente narrazione ideologica, guidata anzitutto da precise «politiche d’immagine».

Nel corso della campagna elettorale per queste elezioni, distanziandosi da quello che abbiamo definito come il corrispettivo armato dell’originario Sinn Féin, il nucleo politico ha scelto temi di bandiera di carattere popolare.

Questo aspetto, riassunto nell’espressione bread-and-butter (“pane e burro”), mostra in breve la scelta di mettere da parte la retorica dell’unificazione per puntare su questioni quali sanità, disoccupazione, aumento del costo della vita e questione abitativa. La vicinanza alla vita quotidiana delle persone ha premiato e, secondo gli analisti, il motivo è anche di carattere generazionale.

La formazione politica di Michelle O’Neill, 45 anni, non appartiene alle agitazioni interventiste. Il suo focus è stato intercettare i malumori di Belfast e della popolazione, un processo che ha condotto talmente bene da portare Sinn Féin a vincere le elezioni a soli cinque anni di distanza dall’avvio della sua conduzione partitica.

Ad aver colpito è stata anche la sua storia e il suo piglio; ragazza madre a 16 anni ha proseguito dritta per la sua strada proponendosi come una candidata sempre all’avanguardia nei temi e nello stile comunicativo. Per commentare la sua ascesa ha detto:

«La mia esperienza ha formato la donna che sono oggi».

Riunificazione Irlandese: perché è troppo presto per parlarne

Come detto quindi il tema della riunificazione dell’Irlanda del Nord non dovrebbe catalizzare l’agenda politica del prossimo governo, almeno non subito.

Nello stesso post su Twitter con cui O’Neill commenta la vittoria non si fa alcun accenno alla campagna.

I punti di rimarcare sono altri, infatti scrive:

«Mettere i soldi in tasca alle persone, investire nel sistema sanitario e costruire un futuro migliore per tutti».

C’è inoltre una variabile di peso che, ben oltre le eventuali ambizioni del partito, potrebbero ostacolare questo processo verso il referendum. Il sistema di governo dell’Irlanda del Nord vede necessariamente una diarchia vincolante tra il primo e il secondo candidato più votato. Su quest’ultimo gradino oggi si posiziona un esponente della DUP che, a suo tempo, aveva però negato in maniera categorica il desiderio di alleanza con Sinn Féin.

Le soluzioni praticabili a questo punto sono le seguenti: strappare a ogni costo un accordo negoziale tra le parti e procedere alla formazione di un esecutivo o tornare alle urne.

Non a caso il Guardian da detto che «per la formazione di un nuovo governo nordirlandese potrebbero volerci fino a sei mesi».

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