La regolarizzazione dei migranti contenuta nel decreto Rilancio è un flop? Ecco cosa rivelano i dati relativi alla sanatoria.
Mentre i migranti tornano al centro della cronaca per via dei casi positivi al Covid-19 scoperti tra quelli sbarcati di recente in Italia, arrivano i dati sulla regolarizzazione.
La misura, contenuta nel decreto Rilancio e fortemente voluta dal ministro dell’Agricoltura e delle Politiche agricole Teresa Bellanova, non starebbe dando i risultati attesi. Secondo i report pubblicati dal Ministero dell’Interno, l’ultimo dei quali risale al 15 luglio, la sanatoria dei migranti si sta rivelando fallimentare, almeno per quanto riguarda gli immigrati che lavorano nel settore agricolo.
Stando ai dati, al momento sono state inviate 112.328 domande, nonostante si stimasse una cifra di almeno 200.000 lavoratori interessati al provvedimento, almeno secondo Bellanova. Ecco le cose da sapere.
Regolarizzazione migranti: chi ne ha approfittato di più
Come sta andando ad oggi la sanatoria dei migranti? I report ci dicono che la stragrande maggioranza delle richieste riguarda la regolarizzazione dei collaboratori domestici, con l’87% e un totale di 97.968, mentre solo il 13% è rappresentato dalle 14.360 domande da parte di lavoratori subordinati nell’agricoltura e pesca.
La regione in cui si è registrato il maggior numero delle istanze, rispetto alla prima categoria, è la Lombardia con un totale di 28.658. Mentre la Campania, con 4.033 moduli inviati, si aggiudica il primo posto per chi è impiegato nel settore agricolo.
Osservando invece la nazionalità dei collaboratori domestici, troviamo al primo posto 10.526 persone provenienti dall’Ucraina, al secondo 10.148 dal Bangladesh e al terzo posto dal Marocco, con una cifra pari a 8.917.
Per i lavoratori subordinati la quota più elevata è rappresentata dall’Albania con 2.937 persone, segue il Marocco con 2.627, mentre l’India conta un totale di 2.537.
Criticità della sanatoria e flop delle richieste
Date le previsioni e la commozione con cui Bellanova aveva presentato questo provvedimento, volto a contrastare il caporalato nella filiera alimentare, si potrebbe dire che siamo ben lontani dai risultati attesi, per non definirlo un vero e proprio flop.
La presidente di Italia Viva ha però ribattuto come “la norma andava fatta, perché ci sono pezzi di sfruttamento che sono intollerabili per un Paese civile”.
Tra le criticità che molti hanno evidenziato rispetto a tale norma, c’è chi osserva come aver considerato solo tre aree lavorative sia stato un grosso errore che ne ha limitato il raggio d’azione.
Al tempo stesso, senza un controllo radicato sul territorio, diventa molto difficile che un datore di lavoro rinunci a dei dipendenti dal costo molto basso e senza diritti di alcun tipo.
Data quindi la più che modesta quantità di richieste pervenute ad oggi, il governo ha deciso di prolungare il termine ultimo dal 15 luglio al 15 agosto.
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