Federico Fornaro, capogruppo alla Camera di Liberi e Uguali, spiega a Money.it che l’opzione del «campo largo» Pd-M5s-LeU è praticamente evaporata dopo la fine del governo Draghi.
«Il Movimento 5 Stelle fuori dal centrosinistra? Credo sia chiaro che qualcuno ha lavorato per il Paese e qualcuno ha lucrato in vista delle elezioni, noi ripartiamo dal rapporto con il Pd». Il giudizio di Federico Fornaro sul comportamento dei grillini nelle ultime ore è netto. Intercettato da Money.it, il capogruppo alla Camera di Liberi e Uguali spiega che l’ipotesi del cosiddetto «campo largo» Pd-M5s-LeU-centristi, dopo la caduta del governo Draghi è sostanzialmente finita, con i pentastellati che si sono posti praticamente fuori dall’alleanza con il centrosinistra. A meno di colpi di scena dell’ultim’ora, quindi, va riorganizzato un nuovo campo alternativo al centrodestra.
Onorevole, il «campo largo» con il M5s è finito? I grillini si sono posti fuori dal centrosinistra?
La giornata di ieri segna una cesura profonda: l’alleanza del centrosinistra con il M5s è obiettivamente sempre più difficile e lontana. Ritengo che questo sia chiaro anche nel sentimento dei nostri elettori. Credo sia evidente: c’è chi ha lavorato per cercare di costruire anteponendo ai propri interessi di parte quelli generali, evitando una crisi e chi invece ha lavorato certamente al contrario, cercando di lucrare in vista delle elezioni anticipate, a cui così siamo arrivati.
Perché secondo lei ieri quando Lega e Forza Italia si sono smarcate dal governo, i grillini hanno deciso comunque di non votare la fiducia? Non si poteva «addossare» la colpa alla destra?
Ce lo siamo chiesti in molti, secondo alcuni dei pentastellati la replica di Draghi non è stata ricevibile da parte del Movimento. Da qui la loro non partecipazione al voto.
LeU quindi non si muoverà per ricucire con Conte?
Evidentemente bisogna ripartire da qui e non è una questione di alchimie ed alleanze e basta. Il problema è costruire un’agenda e una proposta forte da sinistra di risposta alla crisi del Paese. C’è una domanda di protezione che arriva forte dai soggetti più deboli, dalla nostra società, dal mondo del lavoro e dalle piccole imprese, particolarmente esposte al rischio energetico.
Si parla di un’alleanza di centrosinistra spostata verso Renzi, Calenda e +Europa, tenendo dentro anche Verdi e Sinistra Italiana: è quella la direzione?
Credo sia presto per parlarne, non ci sono ancora queste condizioni. Dovrà essere valutato attentamente il da farsi perché c’è stata una forte enfatizzazione del centro. Ma il centro, come spesso è accaduto nella storia della politica italiana, è molto sovrastimato nel Palazzo rispetto a quello che realmente può rappresentare nel Paese alle elezioni.
Quindi proponete un tavolo di centrosinistra a partire dai temi sociali e poi si vede chi ci sta?
Bisognerà verificare la situazione: per noi si parte dal rapporto privilegiato con il Partito democratico e la caratterizzazione deve essere di una forte sinistra di governo.
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A proposito di temi sociali: sul salario minimo si può lavorare lo stesso a settembre con sindacati e associazioni di categoria, a partire dal rafforzamento della contrattazione collettiva?
C’è assolutamente spazio per muoversi anche con un governo dimissionario. Quella del salario minimo è un’esigenza forte e non possiamo più andare avanti così. La settima potenza mondiale deve avere percentuali decisamente inferiori, se non nulle, di lavoro povero. Ad oggi sono davvero troppo alte e l’intervento è urgente, anche viste l’inflazione e il caro-energia. Serve un segno forte di discontinuità.
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