Beppe Grillo vorrebbe mettere a disposizione delle navi mercantili della Cina il porto di Taranto, considerato una attività sensibile dalla Nato: il governo al momento si oppone.
Il porto di Taranto potrebbe diventare presto l’ennesimo terreno di scontro a distanza tra Cina e Nato, i due grandi convitati di pietra della guerra in Ucraina che da oltre un anno sta destabilizzando lo scenario geopolitico internazionale.
Come noto la Cina attraverso il piano denominato nuova Via della seta si è posta l’obiettivo di intensificare l’interscambio economico con l’Occidente e in particolare con l’Europa , mettendo sul piatto massicci investimenti per migliorare porti, ferrovie e strade nel Vecchio Continente.
Nel 2019 l’allora governo Conte ha siglato con la Cina un memorandum di intesa aderendo alla Via della seta, una mossa che all’epoca è piaciuta molto poco a Washington; con l’avvento di Mario Draghi a Palazzo Chigi, l’Italia in qualche modo ha raffreddato i suoi rapporti con Pechino.
Adesso però come riportato da La Stampa, Beppe Grillo avrebbe chiesto ai deputati del Movimento 5 Stelle di “ aprire il porto di Taranto ai grandi mercantili cinesi ”, in quanto sarebbe “l’unico porto in quella zona ad avere un fondale più profondo di 20 metri” ideale per l’approdo delle imponenti navi battenti la bandiera del Dragone.
Il porto di Taranto, la Nato e la Cina
Per Beppe Grillo quella di aprire il porto di Taranto alla Cina sarebbe una occasione da non perdere, che potrebbe portare enormi benefici a tutta la zona; il padre del Movimento 5 Stelle del resto da tempo sembrerebbe avere un particolare feeling con Pechino.
La Nato però guarda con forte sospetto all’espansione della Cina del Mediterraneo, reputando in particolare il porto di Taranto una attività sensibile vista la vicinanza con la base alleata di Sigonella, la più grande e strategica tra quelle presenti nel Belpease.
Il timore della Nato è che la Cina, un po’ come avvenuto nel Pireo, alla fine possa arrivare a controllare l’intero porto di Taranto, anche se da noi tecnicamente non sarebbe possibile visto che i porti appartengono al demanio marittimo.
Il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi così si è detto contrario alla proposta avanzata da Beppe Grillo, con il governo come sottolinea Formiche.net che alla fine potrebbe applicare “la normativa Golden power anche nel caso di una piattaforma logistica connessa a una infrastruttura di rilievo nazionale qual è il porto di Taranto”.
In un contesto geopolitico come quello attuale, ecco allora che la forte diffidenza della Nato nei confronti della Cina possa stoppare ogni possibilità di offrire le nostre infrastrutture alle attività commerciali di Pechino.
La patata bollente così è tutta nelle mani del governo, che entro la fine dell’anno dovrà decidere se rinnovare o abbandonare il memorandum sulla Via della seta: nonostante il pressing di Beppe Grillo, il sentore è che alla fine Giorgia Meloni possa optare per un nostro passo indietro.
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