NFT e proprietà intellettuale: uso non autorizzato del marchio

Francesca Nunziati

17 Ottobre 2022 - 18:39

Esistono questioni rilevanti anche in materia di violazione di diritti di proprietà intellettuale nel metaverso che non sono assolutamente da sottovalutare. Vediamo insieme i vari aspetti.

NFT e proprietà intellettuale: uso non autorizzato del marchio

Prima di parlare di NFT dobbiamo capire cosa è un Token: il token è un certificato digitale registrato su blockchain che identifica in modo univoco e non replicabile la proprietà di un bene digitale.
Essenzialmente, si tratta di un asset digitale, basato su tecnologia blockchain e contenente delle regole (dette smart contract), che può essere utilizzato per rappresentare beni fungibili, ovvero beni che a livello di singola unità non hanno alcuna individualità, hanno un valore definito e sono intercambiabili; si pensi per esempio a una moneta da un euro, che può essere sostituita da un’altra moneta da un euro.

Un token può rappresentare molti tipi di beni fungibili, ad esempio azioni, petrolio, grano, criptovalute e molto altro, e in molti casi è esso stesso fungibile, ovvero può essere scambiato con un altro token dello stesso genere.
La proprietà intellettuale è l’insieme dei principi giuridici che tutelano le opere creative materiali e immateriali, in quanto opere d’ingegno e il Metaverso è il luogo virtuale in cui possono essere trasferite opere d’ingegno sotto forma di NFT. Vediamo come e con quali limiti.

L’NFT e la proprietà intellettuale

Cos’è un Non Fungible Token o NFT

Il Non Fungible Token (detto NFT) nasce essenzialmente al fine di rendere il principio del token applicabile ai beni non fungibili, ovvero dotati di unicità o caratterizzati dalla scarsa disponibilità di esemplari e non intercambiabili; l’NFT è infatti utilizzato soprattutto per “tokenizzare” contenuti digitali unici, compresi ad esempio opere d’arte digitale, registrazioni audio, video, immagini e “meme”.

L’unicità e la scarsità discendono dagli standard delle stesse piattaforme che generano gli NFT, le quali concedono la creazione di un numero limitato di NFT multipli (nel caso, ad esempio, della piattaforma Rarible) oppure solo di NFT a edizione singola (nel caso della piattaforma Super-Rare).

L’NFT è dunque un token che certifica la proprietà di un bene non fungibile; come il bene a cui fa riferimento, l’NFT di norma è non fungibile, ovvero non è scambiabile con un altro NFT.

L’NFT deve identificare, come minimo, il bene stesso (ad esempio l’opera d’arte digitale, di solito tramite un link) e il suo proprietario; ma può contenere anche uno smart contract che specifica i termini del trasferimento di proprietà prevedendo eventuali automatismi, come ad esempio il pagamento di una percentuale al venditore sull’incremento del prezzo di ogni ulteriore vendita dell’NFT (il cosiddetto diritto di seguito).

Ciò permette al creatore dell’NFT di monetizzare in modo automatico la crescita di valore di un NFT nel passaggio da un proprietario al successivo.
È da sottolineare che l’acquisto un NFT non comporta necessariamente l’acquisto della proprietà del bene digitale a cui esso si riferisce, né tanto meno di qualsivoglia diritto sul bene, compresi i diritti di proprietà intellettuale.

Ad esempio, l’acquirente dell’NFT del primo tweet di Jack Dorsey non ha acquisito la proprietà del tweet originale, né gli è consentito di riprodurre il tweet a scopi commerciali quale il merchandising.

Per le tipologie di NFT più diffuse (che non contengono l’opera stessa, ma la identificano ad esempio tramite un link, e che non prevedono il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale) l’acquisto può essere paragonabile a quello di una stampa o di una foto a tiratura limitata: l’NFT certifica la titolarità di una delle poche copie digitali disponibili di un originale.

L’arte è stata uno dei primi casi d’uso degli NFT: sappiamo della possibilità di fornire prove certe di autenticità grazie alla blockchain di opere d’arte che altrimenti subirebbero una riproduzione e distribuzione massiva e non autorizzata tramite Internet.

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Nella progettazione degli NFT viene incluso uno smart contract che viene eseguito quando determinati requisiti vengono soddisfatti. In questo modo viene tutelata la proprietà intellettuale e l’autenticità delle opere rappresentate attraverso gli NFT: questo accade quando l’autore o l’artista dell’opera conia un NFT collegato all’opera.

Grazie agli NFT, in sostanza, è possibile attribuire una certificazione di autenticità ed è possibile tracciare i successivi scambi.
Può tuttavia accadere che chi conia l’NFT non abbia le autorizzazioni dell’artista o dal creatore dell’opera. Cosa succede?

Le dispute legali

Due recenti dispute legali sono state originate negli Stati Uniti dalla vendita di NFT riferiti a beni tutelati da diritti di marchio: l’ultima in ordine cronologico è la causa iniziata dalla Nike contro la piattaforma di reselling StockX in seguito alla vendita non autorizzata di 500 NFT riferiti a calzature (sneaker) a marchio Nike. Dal momento che tali NFT comprendono collegamenti all’immagine e al nome dei prodotti a marchio Nike, l’azienda sostiene che gli NFT costituiscono, fra l’altro, violazione e diluizione del marchio, oltre a falsa indicazione di origine.

Inoltre gli NFT incriminati sono sì collegati a un paio di sneaker reali, in quanto danno diritto all’acquirente di esigere il prodotto fisico da StockX, ma possono comunque essere scambiati in quanto beni digitali se il diritto al ritiro del prodotto fisico non è stato esercitato. Dunque gli NFT di StockX sono assimilabili a una ricevuta digitale di proprietà di un paio di scarpe – e dunque sono parte di un normale processo di vendita – o sono prodotti a sé stanti che utilizzano illegittimamente un marchio altrui?

Il secondo caso ha visto la maison Hermès, titolare dei diritti di proprietà intellettuale sul rinomato modello di borsa Birkin, rivolgersi a un tribunale per impedire all’artista Mason Rothschild la commercializzazione di NFT connessi a immagini digitali riproducenti in modo riconoscibile, e senza il consenso di Hermès, la borsa Birkin rielaborata nel materiale (pelliccia sintetica), nel colore e nelle decorazioni.

Gli NFT erano stati venduti, con il nome MetaBirkin, a prezzi che si avvicinavano a quelli di una vera borsa Birkin. Hermès ha accusato l’artista di violazione di marchio. L’artista sostiene che le immagini da lui prodotte godono della tutela riservata alle opere d’arte dal primo emendamento della Costituzione statunitense.

Meta Birkin Meta Birkin Le Meta Birkin

È importante, inoltre, considerare che chi acquista un NFT acquista anche, oltre ai diritti d’autore, un certificato che gli consente di tenere traccia e provare la proprietà della copia digitale acquistata. Di una stessa opera potranno quindi essere venduti indefiniti NFT a diversi soggetti, i quali diventeranno proprietari di una singola copia dell’opera, mentre l’originale resterà di esclusiva proprietà dell’autore.

Questo comporterà un duplice vantaggio: per l’autore di sfruttare economicamente la propria opera in un numero infinito di volte, venendo remunerato dalla vendita del token a essa collegato, e per il compratore/collezionista d’arte di acquistare opere d’arte che prima gli erano precluse perché riservate, in originale, a gente ricca e a magnati della finanza.

Le legislazioni, a oggi, prevedono che nel caso della cessione del diritto di sfruttamento economico dell’NFT questo si può attuare se:

  • l’opera è nativa digitale,
  • l’artista che crea l’NFT, attraverso lo smart contract, preveda il trasferimento dei diritti di sfruttamento economico dell’opera stessa.

Per quanto riguarda il marchio, a oggi l’unico riferimento è la recente pronuncia sul caso Birkin, ma molte cause sono in corso.
La conclusione che possiamo trarre è che la creazione di un NFT non genera di per sé il diritto d’autore.

Il Wash trading su NFT

Un altro rischio al momento dell’acquisto di NFT è legato a una pratica illegale di manipolazione del prezzo: è il fenomeno del wash trading, un’operazione messa in atto da alcuni venditori per aumentare in modo fittizio il valore di un NFT.

In pratica il venditore vende a se stesso il bene digitale, trasferendolo su un altro wallet di proprietà: in questo modo il valore dell’NFT viene gonfiato illegalmente inducendo gli utenti interessati a credere che si tratti di un oggetto con potenzialità speculative. Per un mercato che, pur in calo, ha registrato transazioni per oltre 44 miliardi di dollari nel 2021 il pericolo è concreto. Secondo Chainalysis, durante il 2021 sono stati realizzati circa 8,9 milioni di dollari di profitto da attività di «wash trading» di NFT.

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