Ecco come tutelarsi dai debiti dopo la dichiarazione di successione secondo la legge.
Chi deve presentare la dichiarazione di successione, conscio dei rischi correlati all’inadempimento, è spesso preoccupato per i debiti. C’è chi teme i debiti del defunto e chi invece i propri, considerando che entrambi potrebbero comportare una diminuzione del patrimonio ereditario. In realtà, è possibile tutelarsi dai debiti anche dopo la dichiarazione di successione. Ecco quando e come fare.
Dopo la successione devo pagare i debiti del defunto?
La dichiarazione di successione non obbliga alcun soggetto al pagamento dei debiti del defunto, molto semplicemente perché non comporta l’accettazione dell’eredità. Trattandosi di un adempimento di natura fiscale a cui sono tenuti anche i semplici chiamati all’eredità, infatti, non si presume che costituisca un’accettazione tacita.
Indipendentemente dal soggetto che ha presentato la dichiarazione, quindi, non c’è un immediato obbligo rispetto ai debiti del defunto. L’unica accortezza che bisogna avere è quella di non accettare tacitamente l’eredità, tenendo conto che comportarsi come un erede significa acquisire questo status. Fanno eccezione le azioni che hanno il solo fine di preservare il patrimonio ereditario o quelle a scopo meramente informativo, che non risultano incompatibili con la volontà di rinunciare.
Cosa fare per non pagare i debiti ereditari
Rassicurarsi sul fatto che la dichiarazione di successione non configura l’accettazione dell’eredità non è sufficiente per mettersi al riparo dai debiti. Come anticipato, ci sono altri comportamenti che possono dar luogo all’accettazione tacita dell’eredità, a partire dalla mancata richiesta di inventario entro i termini. In particolare, chi è in possesso di beni appartenenti al patrimonio ereditario può richiedere l’accettazione con beneficio d’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione e non oltre.
Avviene così l’accettazione in maniera tacita, che pregiudica la possibilità di richiedere il beneficio d’inventario e di rinunciare: l’accettazione non è revocabile. In presenza di debiti ereditari non è quasi mai conveniente lasciar passare il tempo senza agire, rischiando di doversi difendere in giudizio per comportamenti fraintendibili oppure di essere costretti a dare una risposta entro termini più bredi da quelli concessi dalla legge.
Nel dettaglio, i chiamati all’eredità hanno 10 anni di tempo dall’apertura della successione (momento che nella stragrande maggioranza dei casi coincide con quello del decesso). Quando l’accettazione non avviene entro questo periodo si configura la rinuncia all’eredità, automaticamente irrevocabile a causa del tempo trascorso.
Di conseguenza, per mettersi al riparo dai debiti ereditari ed evitare al contempo dei grattacapi è utile scegliere il prima possibile se rinunciare all’eredità o accettare con beneficio d’inventario. Con quest’ultima modalità, il patrimonio dell’erede e la quota ereditaria restano separati affinché soltanto quest’ultima sia aggredibile dai creditori del defunto.
Di norma, è conveniente accettare con beneficio d’inventario quando i debiti presenti sono inferiori ai crediti, altrimenti è più utile rinunciare. La rinuncia tutela i chiamati all’eredità dall’azione dei creditori perché, pur essendo revocabile, si tratta di un atto formale, dunque la revoca non può avvenire in modo tacito.
Debiti dell’erede dopo la successione
Tutto cambia se i debiti da cui il chiamato all’eredità intende tutelarsi sono i propri e non quelli del defunto. Molti vogliono rinunciare all’eredità, talvolta con un accordo fraudolento tra coeredi, per evitare di dover pagare i creditori che potrebbero aggredire il patrimonio del defunto. Anche in questo caso la dichiarazione di successione non implica l’accettazione dell’eredità, ma è bene sapere che i creditori possono impugnare la rinuncia in sede di giudizio per soddisfare il debito.
In questo modo, oltretutto, il debitore non diventa erede, perciò non ha diritto nemmeno all’eventuale residuo della quota ereditaria a cui è stato sottratto il debito. I creditori del chiamato all’eredità possono inoltre richiedere la nomina di un curatore per la preservazione del patrimonio ereditario in vista della possibile accettazione.
In ogni caso, i creditori non possono agire in giudizio se il chiamato ha perso il diritto all’accettazione dell’eredità, ad esempio perché è trascorso il termine decennale (o quello inferiore stabilito dal giudice), non potendolo obbligare ad accettare.
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