Passi avanti nella soluzione dei problemi del Kosovo

Giovanni Bernardini

7 Febbraio 2023 - 08:13

Nello scenario internazionale, si affaccia un tentativo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo.

Passi avanti nella soluzione dei problemi del Kosovo

Non è un segreto che le ultime vicende di politica internazionale, a cominciare dall’aggressione russa all’Ucraina, abbiano messo a nudo differenze di vedute tra i governi dei principali paesi dell’Unione Europea. Una fortunata eccezione è rappresentata dalla situazione del Kosovo, rispetto alla quale gli ultimi mesi hanno visto lo sviluppo di una strategia condivisa, coerente e di lungo periodo all’interno dell’Unione; è significativo che anche gli Stati Uniti, sempre molto influenti nel piccolo paese balcanico per il loro originario e incondizionato appoggio alla sua indipendenza, abbiano abbandonato i distinguo dell’epoca Trump per allinearsi alle iniziative europee.

L’esempio più recente viene dal rilancio del progetto di un’Associazione dei comuni kosovari a maggioranza serba, dislocati nel nord del paese. L’idea è tutt’altro che nuova: già dieci anni fa fu inclusa negli accordi di Bruxelles, che costituirono il primo tentativo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo (2013). Il progetto fu però giudicato parzialmente incostituzionale dalla Corte Costituzionale kosovara nel 2015; soprattutto, esso seguì il destino dell’intero processo di dialogo, ostaggio del ritorno delle due parti a posizioni massimaliste fino alla recente escalation della “guerra delle targhe”, alle dimissioni in blocco di tutti i serbi dalle istituzioni kosovare, a scontri e barricate nei comuni a maggioranza serba, e al temporaneo dispiegamento di reparti militari serbi lungo il confine contestato. Anche grazie alla mediazione europea e atlantica, le tensioni si sono ridotte. Certamente hanno contribuito le recenti critiche riservate del Presidente serbo Vučić a Putin, rispetto al quale finora egli aveva mantenuto una posizione di subalternità; nonché il consolidamento del governo di Albin Kurti in Kosovo che, pur non rinunciando a una retorica nazionalista, rappresenta una sostanziale discontinuità rispetto alla generazione politica artefice dell’indipendenza e poi screditata da frequenti episodi di corruzione.

Per quanto apparentemente minore, la proposta dell’Associazione dei comuni a maggioranza serba potrebbe porre le basi per evoluzioni promettenti. Innanzitutto, essa priverebbe il regime di Belgrado un importante argomento di propaganda (la discriminazione dei serbi del Kosovo) e dimostrerebbe a quello di Pristina che la concessione di forme di autonomia non coincide necessariamente con un rilancio delle istanze indipendentiste. Inoltre, essa toglierebbe dal tavolo negoziale qualunque ipotesi di revisione dei confini, che ricondurrebbe l’intera area ex jugoslava a una polveriera. Infine, essa darebbe alla componente serba del Kosovo strumenti e garanzie per la salvaguardia della propria identità, a patto che essa collabori con le autorità di Pristina e che sappia esprimere una classe politica locale sinceramente impegnata nel miglioramento delle condizioni della popolazione, piuttosto che succube del governo di Belgrado. [...]

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