Pensione a due tempi: è questa la soluzione per la riforma? Ecco come funziona, a chi si rivolge e quali sono le conseguenze per chi decide di anticipare il pensionamento.
La pensione a due tempi potrebbe essere una soluzione per la riforma.
Inizialmente proposta dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, questa è arrivata adesso sul tavolo del governo, il quale proprio in questi giorni sta ragionando su quella che potrebbe essere la soluzione da proporre ai sindacati.
Nel dettaglio, si tratta di una misura che consentirebbe il pensionamento anticipato a coloro che hanno la pensione calcolata con il sistema misto, ossia per chi ha un’anzianità contributiva antecedente al 1° gennaio del 1996.
A tal proposito, analizziamo nel dettaglio il progetto della pensione a due tempi facendo chiarezza su come funziona, a chi si rivolge e sulle conseguenze che avrebbe sull’assegno.
Chi rientra nel calcolo misto della pensione
Come prima cosa dobbiamo capire a chi si rivolge il progetto della cosiddetta pensione a due tempi. Come detto sopra, questo dovrebbe valere per coloro che rientrano nel calcolo misto della pensione, ossia per chi ha una parte di assegno calcolata con il retributivo e l’altra con il contributivo.
Il passaggio dal sistema retributivo al contributivo c’è stato il 1° gennaio 1996, mentre dal 1° gennaio 2012 - per effetto della riforma Fornero - questo è stato esteso a tutti i lavoratori. Per effetto di quanto deciso negli anni scorsi, dunque, oggi la pensione è così calcolata:
- per i contributi maturati entro la data del 31 dicembre 1995 si applica il sistema retributivo;
- per i contributi maturati successivamente sono in vigore invece le regole del contributivo;
- per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 hanno maturato almeno 18 anni di contributi, però, il retributivo si applica fino al 31 dicembre 2011 mentre il contributivo successivamente.
Rientrano nel calcolo misto della pensione, dunque, coloro che per una parte sono nel regime retributivo e nell’altra nel contributivo. Un sistema che permette facilmente di applicare il sistema della pensione a due tempi, il quale consentirebbe di anticipare l’accesso alla pensione ma con un piccolo sacrificio.
Come funziona la pensione a due tempi
Promossa dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, la pensione a due tempi potrebbe essere la soluzione alla richiesta dei sindacati riguardante una maggiore flessibilità del sistema pensionistico italiano.
Le parti sociali, infatti, chiedono di rivedere la rigidità imposta dalla riforma Fornero, consentendo ai lavoratori più strade per l’accesso alla pensione, anche prima dei 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia.
E qui nasce la proposta di Tridico, secondo il quale si potrebbe consentire l’accesso anticipato alla pensione ma solo ritardando la liquidazione della quota di pensione calcolata con il retributivo. Nel dettaglio, in una prima fase il pensionato avrebbe diritto solamente alla parte di pensione maturata nel contributivo, mentre solo successivamente, ossia dopo aver raggiunto i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, questo riceverà anche la quota calcolata con il retributivo.
Un processo che garantisce stabilità al sistema, in quanto è proprio la quota di pensione calcolata con il retributivo a gravare maggiormente sui conti pubblici.
Con l’introduzione del contributivo, infatti, è stato introdotto un sistema di calcolo che non solo tiene conto esclusivamente dei contributi versati dal lavoratore, ma che prevede anche una sorta di penalizzazione - attraverso l’applicazione di un coefficiente di calcolo meno favorevole - per chi decide di andare in pensione in anticipo.
Ritardando il pagamento della quota retributiva della pensione, dunque, si evita di mettere a rischio i conti pubblici, prevedendo così una misura di pensionamento anticipato sostenibile, requisito essenziale per far sì che la riforma delle pensioni possa essere accettata dal governo Draghi.
A che età si potrebbe smettere di lavorare con la pensione a due tempi
Il nodo da sciogliere resta proprio questo, in quanto l’età in cui si potrebbe consentire il collocamento in quiescenza anticipato con il ricorso alla pensione a due tempi non è stata ancora decisa.
Le ipotesi sul tavolo sono due: 63 o al massimo 64 anni, per un anticipo quindi di 3 o 4 anni. Nel frattempo però verrebbe richiesto anche di aver già soddisfatto il requisito contributivo minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia, pari dunque a 20 anni.
A quanto ammonta l’assegno con la pensione a due tempi
Qualora un lavoratore dovesse decidere di anticipare l’accesso alla pensione ricorrendo a tale opzione, questo dovrà mettere in conto di ricevere negli anni che lo separano dal raggiungimento della pensione di vecchiaia un assegno mutilato, in quanto comprensivo solamente della quota calcolata con il contributivo.
Una pensione a due tempi quindi, con una penalizzazione tanto più elevata quanto più rilevante è il periodo calcolato con il retributivo.
In questo caso, infatti, alla data del pensionamento anticipato - quindi 63 o 64 anni a seconda di quella che potrebbe essere la decisione del governo - si andrebbe a percepire la quota di pensione calcolata tenendo conto dei contributi versati dopo il 1° gennaio 1996, i quali verrebbero trasformati in pensione tramite l’applicazione di un coefficiente più basso rispetto a quello previsto per chi smette di lavorare a 67 anni.
La più conveniente quota retributiva, che invece tiene conto delle ultime retribuzioni e del numero di anni di lavoro, arriverebbe invece solo al compimento dei 67 anni, quando quindi si potrà contare su un assegno di pensione pieno.
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