Gli invalidi al 100% hanno diritto alla pensione di inabilità che a sua volta può essere di tipo assistenziale o previdenziale; ecco una guida dedicata a quest’ultima.
Ai cittadini con invalidità al 100%, lo Stato riconosce una pensione di inabilità (o di invalidità).
Tuttavia ci sono due diverse tipologie di pensione di inabilità, ognuna delle quali viene corrisposta solo se vengono soddisfatte determinate condizioni: la pensione di invalidità civile a carattere assistenziale e quella - su cui ci concentreremo in questo articolo - di tipo previdenziale.
Mentre la pensione di inabilità civile - che ha un importo fisso stabilito annualmente dall’Inps - essendo a carattere assistenziale viene riconosciuta solamente a quei soggetti che oltre ad essere invalidi al 100% - e ad avere un’età compresa tra i 18 e i 66 anni e 7 mesi - si trovano in una situazione economica svantaggiosa, la pensione di invalidità previdenziale viene corrisposta solamente a quei lavoratori che soddisfano determinati requisiti legati alla propria posizione contributiva.
Qui vi parleremo della pensione di inabilità previdenziale, regolata dalla legge 222/1984, facendo chiarezza non solo su quali sono i requisiti necessari per rivendicarne il diritto ma anche sulle modalità per calcolarne l’importo.
Pensione di inabilità previdenziale: i requisiti
Per beneficiare della pensione di inabilità previdenziale bisogna avere un’invalidità riconosciuta del 100%; quindi, per averne diritto è necessario che sia stata accertata una totale inabilità lavorativa.
Trattandosi di una misura a carattere previdenziale, questa pensione di inabilità spetta solamente agli invalidi al 100% che risultano essere iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, ai fondi sostitutivi della stessa o anche alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Inoltre è necessario che questi siano invalidi per cause esterne al rapporto di servizio; in caso contrario, infatti, avrebbero diritto alla pensione privilegiata.
Spetta quindi tutti i lavoratori dipendenti (sia del settore privato che pubblico) che a quelli autonomi, nonché gli iscritti alla gestione separata Inps.
Come anticipato, però, per avere diritto alla pensione di inabilità previdenziale bisogna anche soddisfare un determinato requisito contributivo. Nel dettaglio, per il conseguimento di questo trattamento previdenziale bisogna avere almeno 5 anni di contributi, 3 dei quali devono essere stati maturati nei 5 anni precedenti alla data in cui si presenta la domanda per la pensione. I 5 anni richiesti possono essere anche risultanti dal cumulo gratuito dei contributi.
Calcolo dell’importo
Per il calcolo dell’importo della pensione di inabilità previdenziale si applicano le stesse regole previste per l’assegno di pensione ordinario.
L’importo, quindi, dipende dall’ammontare dei contributi effettivamente versati e dalla data a cui fanno riferimento.
Per esempio, per coloro che alla data del 1° gennaio 1996 avevano maturato 18 anni di contributi si applica il metodo retributivo fino al 2011 e quello contributivo per il periodo successivo.
Se invece alla suddetta data gli anni di contributi maturati erano meno di 18, il sistema retributivo si applica esclusivamente per la quota contributiva accreditata entro il 31 dicembre 1995, mentre per il periodo successivo si procede con il sistema contributivo.
Per chi invece non ha alcun contributo maturato al 1° gennaio 1996, si applica interamente il sistema contributivo. Per maggiori informazioni su come funzionano questi metodi di calcolo e su come i contributi si trasformano in pensione vi invitiamo a leggere:
- Calcolo pensione con sistema retributivo: aliquote di rendimento del 2018
- Calcolo pensione con sistema contributivo: i coefficienti di trasformazione per il 2018;
Prima di andare avanti ricordiamo che qualora l’importo della pensione di inabilità sia inferiore a 507,42€ - e il beneficiario soddisfi determinate condizioni legate al reddito - sull’assegno si applica l’integrazione al trattamento minimo; in poche parole l’assegno sarà integrato di una certa somma al fine di raggiungere l’importo della pensione minima (pari appunto a 507,42€)
Revoca della pensione di inabilità
Ci sono due casi in cui si smette di percepire la pensione di inabilità previdenziale.
Il primo è quello della revoca della pensione di invalidità; ciò potrebbe avvenire quando, in base a quanto stabilito dall’articolo 9 della legge 222/1984, l’Inps avvia un procedimento di revisione per verificare se il titolare del trattamento previdenziale soddisfa ancora i requisiti necessari.
La revisione può portare a tre diverse conclusioni:
- la pensione di inabilità viene confermata (il soggetto è ancora un invalido al 100%);
- la pensione di inabilità si trasforma in assegno ordinario di invalidità (se il soggetto ha un’invalidità inferiore al 100% ma superiore ai due terzi);
- la pensione di inabilità viene revocata (il soggetto, avendo un’invalidità inferiore ai due terzi non ha diritto ad alcuna pensione).
Il secondo caso è quello della trasformazione della pensione di invalidità previdenziale in pensione di vecchiaia; ciò però non avviene in automatico all’età di 66 anni e 7 mesi (67 anni nel 2019) dal momento che nel contempo l’interessato deve anche soddisfare il requisito contributivo richiesto, pari a 20 anni.
Ricordiamo infine che la pensione di inabilità previdenziale è del tutto incompatibile con l’attività lavorativa, sia essa di natura subordinata che autonoma. Stipendio o reddito da lavoro, quindi, non sono cumulabili con la pensione di inabilità.
Per questo motivo, qualora il pensionato decida di intraprendere un’attività lavorativa si presume che questo non sia un invalido al 100%; in questo caso, quindi, l’interessato può chiedere all’Inps di farsi revocare la pensione di inabilità e - qualora abbia comunque una capacità lavorativa inferiore ad un terzo - potrà richiedere il riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità.
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